25 agosto: solenni festeggiamenti a Pellare per San Bartolomeo Apostolo

San Bartolomeo, patrono di Pellare protettore dei macellai, dei calzolai, dei sarti, dei conciatori, dei rilegatori ma anche dei dermatologi

Di Concepita Sica

San Bartolomeo Apostolo, discepolo del Signore, è patrono di alcune diocesi italiane e di numerosissimi comuni della penisola, nonché della comunità di Pellare, nel cuore del Cilento. È invocato quale protettore dei macellai, dei calzolai, dei sarti, dei conciatori, dei rilegatori ma anche dei dermatologi ed è pregato per le malattie della pelle.

La storia di San Bartolomeo

San Bartolomeo è uno dei Dodici apostoli chiamati da Gesù alla sua sequela. Nei Vangeli sinottici viene chiamato Bartolomeo (dal greco “Bartholomaios” che traduce il nome ebraico “bar Tolmay”, un patronimico, che vuol dire “figlio di Tolmai”; nel Vangelo di Giovanni è indicato con il nome di Natanaele (nome ebraico che vuol dire “dono di Dio”).

Le notizie sull’Apostolo sono offerte proprio dei Vangeli, in particolare da Giovanni, che racconta la sua chiamata. Egli si trova seduto davanti alla sua casa, all’ombra di un fico, quando il suo amico Filippo lo informa, con tono traboccante di entusiasmo, di aver trovato il Messia, “colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti, Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nazareth” (Gv 1, 45).

San Bartolomeo, scettico e diffidente, offre all’amico una risposta carica non solo di incredulità ma anche di pregiudizio: “Da Nazaret può venire qualcosa di buono?” (Gv 1,46). Da questa risposta emerge il ritratto dell’uomo concreto e legato alla tradizione. Egli è un pescatore, originario di Cana di Galilea, che conosce bene quel villaggio montuoso a pochi chilometri dal suo, che non viene mai menzionato nell’Antico Testamento e che certamente non può essere la patria del Messia atteso da Israele. Però decide di mettere da parte la sua perplessità e si muove per andare ad incontrare quest’uomo di cui gli parla il suo amico Filippo.

Gesù nel vedere Bartolomeo-Natanaele andare verso di lui afferma: “Ecco davvero un israelita in cui non c’è falsità” (Gv 1, 47). È una dichiarazione molto singolare che esprime una straordinaria stima verso il futuro Apostolo, che rimane alquanto meravigliato e stupito di questa proclamazione di Gesù, così da esclamare “Come mi conosci?” (Gv 1,48).

Gesù gli offre subito la risposta: “Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto sotto l’albero di fichi” (Gv 1, 48). È in queste parole che l’apostolo coglie la messianicità di Gesù espressa in una lapidaria professione di fede: “Rabbi, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!” (Gv 1, 49).

Dopo questo episodio l’Apostolo torna nell’ombra, per poi riemergere dopo la Pentecoste tra coloro che “erano assidui nella preghiera” (At 1,13). Le informazioni successive su di lui vengono offerte principalmente dalla Tradizione che riferisce di un’intensa attività apostolica, con lunghi viaggi.

Alcune fonti parlano di un viaggio missionario in Libia, di uno in Arabia Saudita, in Mesopotamia, poi nelle Indie orientali, ed infine nella Armenia Maggiore. Durante i viaggi l’apostolo annuncia il Vangelo ed opera miracoli e guarigioni prodigiose.

In Armenia, San Bartolomeo converte le popolazioni di ben dodici città e porge l’annuncio evangelico anche al re Polimio e a sua moglie. La conversione del sovrano manda su tutte le furie i sacerdoti delle divinità locali. L’apostolo viene condannato a morte in seguito all’arresto operato da Astiagate, fratello del re, sobillato proprio dai sacerdoti pagani.

San Bartolomeo viene condannato prima ad essere flagellato, poi appeso in croce a testa in giù, col fuoco che lo soffocasse. Ma il Santo resiste a tali atrocità e così viene ordinato che venisse scorticato vivo. Poiché con le uniche parti rimaste illese, occhi e lingua, l’Apostolo continua ad annunciare il Vangelo, viene condannato alla decapitazione.

Il culto

Secondo una tradizione armena il corpo dell’Apostolo venne sepolto ad Albanoboli, città in cui subì il martirio. Nel 264 il vescovo sant’Agatone fece portare le reliquie a Lipari. Nel 410 le spoglie dell’Apostolo vengono portate Maypherkat, in Mesopotamia, città sulle rive del fiume Tigri, che a motivo del numero di reliquie fatto per venire lì dal vescovo Maruta viene chiamata anche Martiropoli. Nel 507 l’imperatore Anastasio I trasferì le reliquie del Santo a Dara, nella Mesopotamia settentrionale, dove costruì in suo onore una splendida chiesa. Nel 446 una parte di queste reliquie viene trasferita nuovamente a Lipari (oggi, infatti, San Bartolomeo è patrono della città e delle Isole Eolie).

Durante l’invasione saracena della Sicilia le cattedrali vengono saccheggiate e molte reliquie risultano disperse. Le ossa dell’apostolo vengono raccolte da un eremita, a cui il Santo era apparso in sogno, che le carica su un bastimento diretto a Salerno. Nel’838 il principe di Benevento, Sicardo, fa portare le reliquie dell’apostolo da Salerno a Benevento e qui rimangono in attenta custodia fino all’anno 1000, ovvero fino a quando l’imperatore Ottone III ne pretende la consegna che tuttavia non riesce a ottenere benché avesse preso d’assedio della città. Nonostante la mancata acquisizione delle reliquie l’imperatore fa edificare una basilica in onore di San Bartolomeo sull’isola Tiberina.

Nel 1238 il cranio dell’Apostolo viene portato a Francoforte sul Meno (in Germania), nel duomo che verrà poi intitolato al Santo. Sulle reliquie conservate a Benevento sono state effettuate nel corso del tempo ben quattro ricognizioni circostanziate e documentate (nel 1338, nel 1698, nel 1990 ed infine nel 2001), durante le quali sono state di volta in volta migliorate le condizioni di conservazione.

Nell’iconografia, a motivo del supplizio subito, San Bartolomeo viene raffigurato quasi sempre mentre viene scuoiato, con un coltello nella mano destra, mentre nella mano sinistra reca a volte la Bibbia e a volte la palma del martirio, o entrambe.

L’immagine di San Bartolomeo compare anche nel Giudizio Universale della Cappella Sistina. Michelangelo rappresenta il Santo con la propria pelle in mano e su cui compare una maschera di volto e sulla quale si dice che l’artista abbia voluto mettere il proprio autoritratto.

La festa

I fedeli di Pellare hanno un grande attaccamento verso il Santo patrono. La festa in suo onore da sempre è caratterizzata da innumerevoli iniziative spirituali e civili volte a porre in grande rilievo la devozione di tutti i pellaresi, vicini e lontani. Un momento fortemente suggestivo è la solenne e lunga processione che si snoda lungo le vie del paese.

Casa per casa, famiglia per famiglia, a tutti viene portata la visita e la benedizione di san Bartolomeo. Sull’ampio sacrato della moderna ed accogliente chiesa i fedeli attendono con trepidazione l’uscita dell’immagine del Santo con cui si dà inizio alla tanto attesa processione. Al suono delle campane e con le note della banda musicale il Santo è portato all’ingresso della chiesa. Calde e copiose lacrime di commozione solcano i visi dei fedeli che con accorate voci, cantando inni e preghiere, accompagnano il santo patrono lungo le vie dell’amato paese:

“Di gioia esulta o Pellare

Bartolomeo si lodi

In cielo e in terra odi

E ne ripeti il suon.

Eccoti ai piè gran santo

I figli benché rei

Padre se tu non sei

Chi ci difenderà?”.

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