A San Marco di Castellabate incontro Gad Lerner, l’ultimo maestro del giornalismo d’inchiesta, per rispondere alla domanda: a chi importa e come si contrasta la crisi dell’informazione?
Comincio il mio incontro con il Direttore Lerner, che subito mi dice: -Non chiamarmi Direttore, nella mia carriera quando mi è capitato di dirigere, non mi sono mai trovato a mio agio-. Allora subito pongo una domanda: Chi è Gad Lerner?
Ma diciamo che sono soltanto un giornalista, uno che ha fatto della sua passione politica e civile un mestiere. Un lavoro che ha assorbito la mia vita. Sempre in giro, con il taccuino e una penna pronta per descrivere il mondo ; i posti dove sono stato, i posti che poi ho rivisto dopo tempo, quei posti dove poi ho avvertito i cambiamenti. La curiosità mischiata agli ideali sempre eterni mi hanno aperto nuove frontiere. Sempre sul marciapiede.
Cominciamo dal principio? Il primo articolo sul giornale LOTTA CONTINUA, si intitolava: I funerali del compagno Walter e risale al 20 dicembre 1976.Walter Alasia, militante delle Brigate Rosse, era stato un mio compagno, ma alla fine aveva fatto una scelta dissennata, la scelta della lotta armata. Aveva ucciso due uomini dello Stato, a sua volta era stato colpito a morte. Ho vissuto tanti giorni con un grosso turbamento interiore. Nei miei anni giovanili, non mi ha mai sfiorato l’idea di giustificare le azioni di lotta armata. Ancora oggi se vengo etichettato come “ex” di lotta continua non mi dispiace affatto essere etichettato come tale.
In tutta questa storia c’è il primo articolo di giornale? Mi piace pensare di provenire da quel mondo di mezzo, tra borghesia e potere operaio. Proprio qui il giornalismo mi ha offerto uno sguardo sul mondo allo stesso tempo critico e partecipe. Walter Alasia era un mio compagno, ma non per questo devo condividerne il percorso.
Stare nel mezzo è il suo modello giornalistico? Si. la forte passione politica si unisce alla scrittura, alla voglia di raccontare. Poi ci sono gli incontri che ti cambiano la vita. I primi due : Giorgio Bocca e Walter Tobagi. A Giorgio debbo l’ingresso all’Espresso, da Walter ho imparato la grande autonomia di pensiero nonostante fosse vicino al Partito socialista di Craxi e Martelli.
Veniamo ad anni più recenti. Lei è sempre un giornalista da marciapiede? Per me giornalista da marciapiede è il più bel complimento che mi si possa fare. Il marciapiede è: amore per il viaggio, bisogno di prossimità con le persone, piacere nello stare nel mezzo come dicevo prima. La differenza però è palpabile nei giovani, oggi il giornalista da marciapiede viene un po’ denigrato e deriso. Il mondo dell’informazione è popolato da giornalisti precari sottopagati, le professioni intellettuali hanno subito un vero e proprio processo di proletarizzazione retributiva e normativa.
Come fanno ad affermarsi nuovi talenti in questa situazione? Questo è un problema. I giovani giornalisti hanno fatto buoni studi, dispongono di preparazione culturale superiore ai vecchi, hanno dimestichezza con la multimedialità e la comunicazione ma non sono messi nelle condizioni di fare esperienza sul campo. In poche parole i corrispondenti costano troppo. Gente come: Bernardo Valli , Paolo Frajese, Tiziano Terzani o Ettore Mo ,stanti le attuali condizioni economiche delle redazioni giornalistiche, non sarebbe stato possibile farli crescere professionalmente e umanamente.
Come si contrasta la crisi dell’informazione? Il giornalismo si trova nel bel mezzo di una crisi planetaria: le notizie sono diventate un mero prodotto di consumo, utile solo se riescono a generare click, trattare l’informazione come qualcosa che è dovutae fruibile gratuitamente porta, inevitabilmente, al baratro dell’informazione.
Resto convinto che tutto cominci dal giornalismo di base, dalla capacità di raccontare il proprio quartiere mantenendo lo sguardo sul mondo, creare un proprio blog potrebbe essere la soluzione. Alla fine dico a chi vuole fare questo mestiere: tornate al giornalismo da marciapiede.