30 maggio 1994, San Marco di Castellabate. Sono all’incirca le 8 del mattino. Agostino Di Bartolomei esce dalla camera da letto, scende le scale della sua abitazione, apre un cassetto e ne estrae una delle sue due pistole. E’ una Smith & Wesson calibro 38: la carica, si sposta in veranda e là ancora in pigiama, preme il grilletto e spara. Un colpo dritto al cuore non gli lascerà scampo. Così 28 anni fa ci lasciava un grande campione dello sport.
La lettera lasciata alla moglie
I motivi del gesto furono affidati ad una lettera che la moglie, Marisa De Santis, trovò nella sua giacca:
“Adorata Marisa, mi hanno rifiutato il mutuo, perché la BNL non vuole rilasciare un benestare per far ciò, anche se Anastasi s’è detto disposto a pagare la sua parte. Mi sento chiuso in un buco, i fondi della Regione sono ancora fermi, per il credito sportivo il Comune non regolarizza le carte. Il mio grande errore è stato quello di cercare di essere un indipendente da tutto, di non aver saputo dire di no su nulla alla mia famiglia, di aver acquistato quel terreno a Franco-Giovanni invece di cercare di andare a lavorare a Roma. Non c’è una lira, passata dalle mie mani, che non sia stata usata per la nostra famiglia: palestra, mansarda, terreni; non c’è nessuna ombra nel mio rapporto con, nessun tradimento, ma solo situazioni male interpretate. Ti adoro, e adoro i nostri splendidi ragazzi, ma non vedo l’uscita dal tunnel.”
Chiarì, così, le ragioni del gesto che sconvolsero la piccola comunità cilentana e l’Italia intera.
La vita di Agostino Di Bartolomei
Di Bartolomei dopo il ritiro dal calcio giocato voleva costruire una cittadella dello sport aperta ai ragazzi ma mancavano i fondi e la burocrazia delle amministrazioni creava ulteriori ritardi. Poco tempo prima anche le banche gli avevano rifiutato un prestito. Ma questa non sembrava essere l’unica causa che portò l’ex capitano della Roma al suicidio.
A Di Bartolomei forse stava troppo stretta la località cilentana, qualcuno sostenne che sarebbe voluto rientrare nella Capitale dove era stato acclamato come un eroe. Ma vi è anche chi sostiene che la scelta dei capitolini di nominare poco tempo prima l’ex arbitro Agnolin come direttore generale della squadra anziché sia stato un ulteriore colpo.
Di Bartolomei scelse di farla finita proprio 10 anni dopo la sconfitta nella finale di Coppa dei Campioni della Roma di cui era capitano contro il Liverpool. Proprio la Roma, società nella quale aveva militato dodici anni (salvo una parentesi ad inizio carriera nel Vicenza), era la squadra a cui è stato legato indissolubilmente.
Nell’estate ’84 l’addio ai giallorossi e il trasferimento al Milan dove seguì il tecnico Niels Liedholm. Nell’87 il passaggio al Cersena dove rimase un anno e infine alla Salernitana che nel 1989/1990 guidò in Serie B dopo 23 anni di assenza.
Dopo la morte il comune di Castellabate gli dedicò una strada nella frazione San Marco. La Roma, invece, volle intitolargli un campo del centro sportivo di Trigoria. A lui è dedicata Tradimento e Perdono di Antonello Venditti.
Nel brano La leva calcistica del ’68 di Francesco De Gregori è presente anche un riferimento a lui. Diversi, infine, sono stati gli omaggi della cinematrografia.