Più volte vi ho raccontato dell’apostolato di Don Cesare Caradonna ad Agropoli. Oggi vi narrerò il suo straordinario apostolato trascorso come Discepolo di Don Giustino Russolillo, che è stato proclamato Santo da Papa Francesco, ieri Domenica 15 Maggio.
San Giustino Russolillo nacque a Pianura di Napoli il 18 gennaio 1891. Fu ordinato sacerdote il 20 settembre 1913 ed emise un solenne voto a Dio: “Fondare una congregazione religiosa che aiutasse gratuitamente quei ragazzi privi di mezzi finanziari a diventare sacerdoti”. Negli anni successivi, tra enormi sacrifici personali ed economici, San Giustino fondò le Congregazioni Religiose dei Vocazionisti e l’Istituto secolare delle Apostole Vocazioniste della Santificazione Universale. Alcune di esse furono aperte nel nostro Cilento: Sessa, Mercato, Laureana, Perdifumo, Licusati, Altavilla Silentina.
Chi ha avuto il piacere di conoscerlo raccontava: “Sembrava vivere senza corpo”;“Quando camminava sembrava staccato da terra”. Nella sua ultima predica tenuta a Laureana Cilento, poche ore prima di morire, indicò nell’umiltà, il principio che conduce alla santità e a Dio: “ Consiste nella perfezione delle opere ordinarie e piccole”.
Morì il 2 Agosto 1955, lasciandoci una grande eredità spirituale nella sua “Opera Omnia”. “Da vero mistico e contemplativo ci ha mostrato la via all’unione con Dio, attraverso la santificazione di ogni atto e di ogni momento”.
Don Cesare Caradonna nacque il 28 ottobre 1919, a Gorga, in Provincia di Roma. Non ancora dodicenne, conobbe Don Giustino Russolillo in occasione dell’apertura del Vocazionario di Gorga. Avvicinatosi per baciargli la mano, Don Giustino la ritrasse e gliela appoggiò sulla spalla e, con uno sguardo penetrante, gli disse: “Cesare non avere fretta. Indosserai l’abito talare quando verrai a Pianura”. Don Giustino aveva letto nel cuore di Cesare, il desiderio di diventare parroco.
Nel 1933, Cesare rincontrò Don Giustino a Roma, questa volta per l’Anno Santo Straordinario. In quella occasione Don Giustino, dopo aver pregato lungamente nella Basilica di San Pietro, incontrando Cesare, gli disse: “Fatti Santo”. Era un invito affettuoso e determinato, che Don Giustino porgeva a tutti i giovani che incontrava. Un invito che li faceva sentire importanti, ma li responsabilizzava a una vita di umiltà, rivolta verso il prossimo. Finalmente, nel 1936, a diciassette anni,Cesare partì alla volta di Pianura per completare gli studi e dar vita alla sua vocazione sacerdotale. Erano periodi di grande sofferenza economica, circa trecento giovani da sfamare nel Vocazionario di Pianura e Don Giustino, ogni giorno, si affidava alla Provvidenza per il loro sostentamento. Un giorno, i giovani scesi in refettorio per il pranzo, trovarono la tavolata vuota. Cesare, armatosi di coraggio, si fece portavoce della mancanza di cibo presso Don Giustino, che con calma gli rispose: “Cesare, prega la Divina Provvidenza perché anche quel poco che vi diamo, vi dia la sufficienza”. Cesare, perplesso per la risposta, ritornò in refettorio, dove trovò che la Provvidenza aveva riempito in abbondanza la tavolata.
Nelle prediche Don Giustino sottolineava l’importanza del Catechismo avvertendo: “Non si può essere veri sacerdoti se non si è catechisti. L’apostolato tra i ragazzi è un terreno molto fertile”. Don Giustino aveva intravisto in Cesare, l’inclinazione all’apostolato tra i ragazzi, per cui liberatosi nel Vocazionario di Pianura il ruolo di catechista, gli affidò l’ufficio. Cesare prese a cuore l’impegnativo incarico. Di buon mattino girava per le case di Pianura per raccogliere i ragazzi e portarli in chiesa per la messa, la comunione e il catechismo. Giornate intere dedicate a ragazzi e ragazze, con canti, passeggiate, giochi e catechismo.
Lo chiamavano “ ‘O prevete dei guagliuni ”. Cesare era un animatore instancabile. Comprò degli attrezzi da falegname per insegnare ai suoi giovani a realizzare dei lavoretti in legno, che sarebbero serviti per le “riffe”, utili a finanziare le attività del catechismo. Creò una Compagnia Teatrale che si esibiva nei paesi durate le feste. La “Schola Cantorum” e i Boy Scout. Organizzò numerose gite e campeggi di divertimento e di meditazione in vari Santuari campani.
L’entusiasmo, il fragore, i canti dei tanti giovani che seguivano Cesare, infastidivano i novizi, che se ne lamentarono presso Don Giustino, il quale gli intentò un processo. Don Giustino vestì i panni di Pubblico Ministero e con la sua arringa spronò gli accusatori di Cesare a parlare. Questi, dopo una breve titubanza, iniziarono ad accusare Cesare e i suoi catechisti di disturbare la quiete per gli studi e la meditazione spirituale. Don Giustino quasi annuiva alle parole degli accusatori e, non essendoci difensori al suo operato, Cesare scoppiò a piangere per la triste sentenza che lo attendeva. Ma, a quel punto, Don Giustino prese le sue difese, dichiarando: “ Giacché nessuno ha voluto difendere Cesare, lo difendo io”. E dopo aver sottolineato l’importanza del catechismo per l’apostolato del vocazionista, aggiunse: “Quando sento i canti di questi ragazzi, sento i cori degli angeli. Nel pomeriggio mi conciliano il sonno. Invece, se sento una sola parola bisbigliata da voi in tempo di silenzio, non riesco a dormire per nottate intere”. Don Giustino aveva difeso con veemenza il ruolo di Cesare, al quale disse: “Ti ringrazio per l’apostolato che stai svolgendo per questi ragazzi. E’ un lavoro che dovrei fare io, ma me ne manca il tempo”.
Al termine del terzo anno di Teologia, nel corso degli esami, Cesare fu colto da dolori lancinanti allo stomaco, che lo costrinsero ad abbandonare l’aula. Ricoverato presso l’Ospedale Cardarelli, dopo accurate analisi il medico curante gli disse: “L’esito della Radiografia dice che avete un’ulcera allo stomaco: dovete operarvi entro quattro giorni”. Cesare subito andò da Don Giustino per informarlo dell’accaduto:“Stai tranquillo” disse Don Giustino “ Non avere paura di morire. Morirai quando sarai vecchio e i tuoi capelli saranno tutti bianchi. La Messa la prenderai insieme ai tuoi compagni. Non dar retta alle radiografie. Non dovrai operarti”. Cesare ritornò all’Ospedale Cardarelli per ulteriori analisi, l’ulcera allo stomaco era scomparsa. Fu promosso agli esami e il 26 ottobre 1947 fu ordinato sacerdote nel Duomo di Napoli.
Terminato il quarto anno di Teologia, ritornò a Pianura dove riprese le mansioni di Catechista. Dopo un anno, Don Giustino gli affidò, con una “lettera di obbedienza”, la Parrocchia di Acquaviva delle Fonti, in Provincia di Bari. La notizia, seppur segreta, trapelò tra i giovani dell’Oratorio, che iniziarono a protestare e non avendo ricevuto risposte positive, bloccarono l’autobus dov’era salito Cesare. Ma questi, risoluto nell’ubbidire a Don Giustino, si avviò verso la Stazione Ferroviaria. Alcuni giovani gli nascosero i bagagli, ma Cesare, con la morte nel cuore, salì sul treno che lo condusse ad Acquaviva delle Fonti.
Il 12 Novembre 1949, in una fredda e piovosa giornata autunnale, Don Cesare Caradonna giunse ad Acquaviva delle Fonti per dar vita all’Orfanotrofio, da istituirsi in un palazzotto chiamato il “Convitto”, un ex convento francescano. La struttura era fatiscente e, la sera, Don Cesare fu costretto a riparare il letto della sua stanzetta sotto un ombrello, giacché la pioggia penetrava dal tetto. Il “Convitto” era molto grande, ma ogni stanza mancava di qualcosa, dalle porte alle finestre. L’inizio non fu dei migliori, ma la Provvidenza aiutò l’eroico prete e l’Orfanotrofio iniziò a riempirsi di tanti bambini e ragazzi strappati dalla strada, che trovarono un comodo riparo, un letto pulito e un piatto di minestra calda ogni giorno. Don Cesare lavorava giorno e notte per dare decoro e dignità all’Orfanotrofio, provvedendo a tutte le necessità. Riuscendo finanche a far realizzare delle divise per i collegiali, con giacche e pantaloni neri e berretto con visiera.
Il 7 Gennaio 1950, dopo i lavori di recupero e di allestimento, che Don Cesare aveva dovuto affrontare con il parziale aiuto delle Suore e dei fedeli, con una festosa e partecipata cerimonia, fu aperta al culto la Chiesa dell’ex convento francescano e consacrata come sede della Parrocchia di San Francesco d’Assisi.
In quegli anni Don Cesare, titolare della Parrocchia, doveva badare alla Chiesa e all’Orfanotrofio. Per risparmiare si era improvvisato muratore, elettricista, pittore, insomma tuttofare. Per cui, amareggiato da quella frustrante situazione, partì per Pianura per incontrare Don Giustino e raccontargli il suo stato di avvilimento.Vistolo arrivare con passo deciso e veloce, Don Giustino che ben conosceva Don Cesare, lo anticipò chiamando il suo assistente e ordinandogli: “Papele procura subito una bella tazza di caffé a Cesare…ma che sia molto zuccherata”. E rivolgendosi a Don Cesare: “So che stai facendo molto bene e so pure che porti la croce sulle spalle. Se sapessi quante ne porto io! Coraggio! Cosa mi devi dire? Che desideri?”. “La vostra Benedizione” rispose Don Cesare. Altro che caffé zuccherato, il discorso di Don Giustino era stato una vera camomilla per Don Cesare.
Quella fu una delle ultime volte che Don Cesare si incontrò con Don Giustino, che morirà a Pianura il 2 agosto 1955.
Dopo essere stato Parroco di Acquaviva delle Fonti, Don Cesare fu inviato nella Parrocchia di Paestum. Ritornò a Pianura, per essere uno dei primi parroci succedutisi a Don Giustino nella guida della Parrocchia. Dal 1961, iniziò il suo lungo e proficuo apostolato nella Parrocchia dei Santi Patroni Pietro e Paolo di Agropoli, dove portò l’entusiasmo, la fede e l’umiltà dei Vocazionisti di San Giustino Russolillo. Terminerà il suo apostolato ad Agropoli nel 1996, anno del suo pensionamento. Don Cesare morirà il 5 ottobre 2006 ad Albano Laziale, aveva 87 anni, e come predetto da San Giustino Russolillo: “Morirai quando sarai vecchio e i tuoi capelli saranno tutti bianchi”.
Ieri c’è stata, in Piazza San Pietro a Roma, la proclamazione di Don Giustino Russolillo a Santo. Mi piace pensare che tra i fedeli presenti ci fosse anche Don Cesare Caradonna, uno dei suoi discepoli preferiti.
(Per approfondire la presenza di Don Cesare Caradonna ad Agropoli, clicca qui).