Guerra in Ucraina, intervista l prof. Bartolomeo Merola

Intervista al professore Bartolomeo Merola, insegnante di economia aziendale ed esperto di economia politica ed internazionale

Di Angelo Cortazzo

L’economia della nostra Nazione, in questo periodo, rischia di essere messa in ginocchio dal progetto bellico del presidente russo contro l’Ucraina. La crisi minaccia di colpire non solo l’economia della nostra Nazione ma quella di tutto il mondo.

In questo momento di grande incertezza sono tante le domande messe a tappeto tanto dalla gente comune quanto da esperti del settore. Siamo davvero in difficoltà? Con le scorte energetiche del nostro Paese per quanto tempo possiamo reggere? Le scorte alimentari per quanto tempo potranno durare? Lo Stato riuscirà a resistere a lungo agli effetti delle sanzioni imposte alla Russia? Il nostro Stato si potrà permettere di salvaguardare la popolazione italiana dagli effetti negativi prodotti dalla crisi ucraina? Potrà eventualmente aiutare anche la popolazione ucraina in questo difficile momento?

Abbiamo rivolto queste domande al professore Bartolomeo Merola, insegnante di economia aziendale ed esperto di economia politica ed internazionale.

Il presidente russo, Putin, ha dato inizio all’invasione dell’Ucraina, (un’invasione che doveva durare tre giorni), da oltre un mese e non se ne vede la fine. Questa aggressione è stata inaspettata e quasi tutti i Paesi del mondo hanno reagito con una grossa disapprovazione. L’immediata reazione è stata quella di isolare la Russia con pesanti sanzioni. Le conseguenze economiche seguite all’introduzione delle sanzioni sono state disastrose in primo luogo per la Russia ma anche per diversi Paesi occidentali. C’era un’alternativa a queste sanzioni?.

«La crisi che si sta verificando, per quanto sta accadendo tra la Russia e l’Ucraina potrebbe essere (e sicuramente lo è), la conseguenza di qualcosa che è accaduto prima. La crisi è economica ma anche sociale ed umana, ed è molto triste. Tutti noi avvertiamo la paura di poterci trovare davanti ad un conflitto bellico combattuto non con le armi tradizionali ma con armi altamente innovative, capaci di provocare una distruzione totale. Non è facile capire se la crisi economica di oggi sia la conseguenza della guerra oppure se la guerra sia la conseguenza della crisi economica.  Tuttavia partiamo da un dato certo, ossia che l’occidente, dagli anni ‘90, versa in una profonda crisi, sfociata in una forte recessione economica. Il crollo della “Lehman Brothers” (importante banca finanziaria statunitense) ci fa comprendere chiaramente il fatto che l’occidente aveva delle debolezze e delle contraddizioni in termini di risposte economiche. Pertanto quello che sta accadendo non credo lo possiamo sapere con certezza, perché non abbiamo a disposizione informazioni complete. Sappiamo però che costituisce qualcosa di tremendo. A mio avviso è necessario seguire la strada del compromesso; intraprendere azioni di mediazione; perseguire strategie diplomatiche che puntino ad ottenere una posizione di equilibrio, non solo tra le due Nazioni, ma anche in vista di un equilibro mondiale. Deve essere così perché, non dimentichiamo, nella guerra è coinvolta una delle maggiori potenze militari e questo deve portare a riflettere sulle eventuali conseguenze

Secondo lei c’è stata una valutazione errata da parte di Putin sui tempi dell’invasione?».

Che ci sia stata una valutazione errata da parte di Putin, circa i tempi dell’invasione, non ci è dato saperlo; ma possiamo immaginare, con un po’ di intelligenza, che Putin volesse chiudere una guerra in tre giorni. È chiaro che non si può chiudere una guerra in così poco tempo, quindi era errata proprio la convinzione di partenza.

Putin, nelle ultime dichiarazioni, ha promesso di risarcire i danni all’Ucraina. Secondo lei è una promessa reale oppure è uno slogan politico?

Parlare di “risarcimento dei danni”, significa anche stabilire una responsabilità del danno. Che la responsabilità del danno possa essere attribuita ad una parte o ad un’altra, è una cosa molto difficile da stabilire. È necessario sempre vedere che cosa succede dopo. Si può parlare di danni soltanto dopo la fine del conflitto

Quali potrebbero essere i danni economici degli stati membri dell’Unione Europea con la mancanza di forniture di beni di prima necessità provenienti dalla Russia, come grano, orzo, mais, nichel, metano, benzina, gasolio?

La risposta è molto difficile da formulare. Tuttavia ritengo che nel momento in cui vengono meno i fattori relativi alla produzione energetica ed i fattori basilari dell’alimentazione, se non vengono adeguatamente sostituiti si potrebbero creare problemi non indifferenti. La sostituzione stessa però potrebbe non essere indolore: bisogna vedere da chi acquistare e se la produzione dovesse essere limitata, non tutti potranno acquistare. Allora tutto questo si andrebbe a ripercuotere sui Paesi più deboli.

A suo avviso sono giustificate queste impennate dei prezzi, quando in realtà gli stessi beni sono stati già acquistati mesi fa con prezzi più bassi?

La legge del mercato non risponde a questi meccanismi, risponde alla logica della domanda e dell’offerta e delle attese dei prezzi del prodotto. Per cui secondo questa logica, sono giustificatissime

L’Italia ha pensato di rifornirsi di alcuni di questi beni dall’Africa in tempi più o meno lunghi, riusciremo nel frattempo a sostenere l’economia?

Il problema principale è il “tempo”. Le aziende lavorano in funzione dei tempi e degli approvvigionamenti ed i tempi vengono calcolati anche per la determinazione delle scorte di sicurezza. Le scorte di sicurezza servono per assicurare la continuità dei fattori produttivi. Ora bisogna vedere i tempi che impiegheranno le materie prime per giungere nei sistemi di produzione; se questi tempi dovessero essere lunghi e le scorte di sicurezza non dovessero essere sufficienti ci potrebbe essere una crisi di produzione, con tutta una serie di conseguenze, tra cui anche la possibilità di licenziamento “protempore” dei soggetti addetti alle lavorazioni. Quindi la valutazione del “tempo” gioca un ruolo fondamentale.

In questi ultimi giorni si è parlato nuovamente dell’utilizzo dell’energia nucleare, che alcune nazioni, come la Francia, non hanno mai abbandonato, qual è la sua opinione in merito?

Fermo restante il massimo rispetto per l’opinione della gente, ma su questa questione il popolo italiano si è già espresso. L’Italia ha fatto un referendum alcuni anni fa e ha detto in modo inequivocabile di rinunciare alle centrali nucleari. Durante il dibattito intorno al referendum venne anche portata avanti la tesi dell’inutilità della rinuncia al nucleare dal momento che funzionando nei Paesi vicini, come la Francia, le centrali nucleari rappresentavano comunque un pericolo. Tuttavia sostengo che non bisogna mai andare contro la volontà del popolo. L’elettorato (colui che ha il potere di decidere ai sensi dell’articolo 1 della Costituzione italiana) ha detto NO al nucleare e quindi la faccenda è chiusa. Non credo si possano nuovamente attivare.

Oggi più che mai si pensa alle energie rinnovabili, secondo lei per la loro diffusione occorrono per forza gli incentivi dello Stato oppure c’è la possibilità che i cittadini possano provvedere per conto proprio, a proprie spese?.

La risposta sta nei modelli economici e sociali a cui si fa riferimento. La nostra esperienza di Stato è stata quella di conoscere la spinta da parte del sistema centrale dello Stato. Questa spinta, che può arrivare attraverso diversi meccanismi, a noi è arrivata con la nazionalizzazione di imprese (per esempio con l’Enel); è arrivata con la creazione di impresa pubbliche; è arrivata anche attraverso la politica fiscale. Noi abbiamo conosciuto diverse forme di interventi. Siccome il problema delle forniture di energia è un problema che riguarda la Nazione ed il futuro della Nazione, lo Stato non può non farsi carico di questo problema. Lo Stato è tenuto ad incoraggiare in qualche modo la realizzazione di questi impianti che possano garantire il futuro, la produzione, la ricchezza e l’equilibrio economico e sociale del Paese.  Parlando in termini giuridici: lo Stato s’impegna a rimuove gli ostacoli che impediscono l’esercizio della libertà degli italiani (secondo quanto espresso nell’articolo 3 della Costituzione) e nello stesso tempo (in base all’articolo 41 della Costituzione) mentre garantisce la libertà dell’iniziativa economica privata nel contempo interviene per contrastare quelle iniziative economiche che dovessero risultare dannose per l’utilità comune.

Nonostante le difficoltà che stiamo affrontando, a causa di queste misure economiche contro la Russia, saremo in grado di aiutare la popolazione ucraina nel modo giusto, ossia assicurando assistenza economica, sanitaria e logistico-militare?

Innanzitutto occorre dire che parlare di misure “contro la Russia” sia già di parte. Noi non dobbiamo adottare manovre “contro la Russia” o “contro Ucraina” o “contro altre nazioni” ma le misure devono essere sempre a favore di qualcosa. Essere a favore di qualcosa vuol dire essere né contro uno e né contro un altro.  L’unica forza sulla quale occorre fare leva deve essere la capacità di “saper mediare”. Il mondo deve assolutamente trovare l’equilibrio, altrimenti l’ONU rischia di perdere la sua essenza. Bisogna ricreare gli equilibri in quell’area geografica e garantire la neutralità di alcune aree, così come è avvenuto in altre parti del mondo.

Professore Merola, a questo punto, come pensa che questa situazione vada ad evolvere e quali potrebbero essere le conseguenze per i prossimi anni?

Per dare questa risposta bisognerebbe conoscere il contenuto della palla di vetro, ma soprattutto conoscere i veri interessi, che i soggetti visibili e quelli invisibili hanno o potrebbero avere in campo, perché le cose non nascono dal nulla, hanno sempre delle ragioni e non è facile immaginarle. Io mi auguro e spero che tutto si possa risolvere con la creazione di equilibri condivisi da tutti e che ciascuno faccia la propria parte anche per la ricostruzione di quell’area ora ridotta in macerie. È triste, è molto triste, vedere la gente che muore; così come è molto triste vedere l’assurdità di aggressioni come questa, quando invece nel mondo ci sono gli spazi per la prosperità tutti gli Stati. Bisogna aprire gli spazi della mente. Solo rispettando l’identità politica di ciascuno Stato si possono e si devono trovare delle soluzioni. LA GUERRA NON È MAI NECESSARIA

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