Quella del marinaio di Futani, Francesco Chirico, è una storia che merita di essere ricordata.
Combatté durante la seconda guerra mondiale nella battaglia di Capo Matapan
La vicenda si colloca nel pieno della seconda guerra mondiale; lo scontro coinvolge una squadra navale della Regia Marina Militare Italiana; sotto il comando dell’ammiraglio di squadra Angelo Iachino, e la Mediterranean Fleet britannica, dell’ ammiraglio Nadrew Cunningham.
Sull’incrociatore pesante Fiume che, insieme alle tre navi gemelle Zara, Pola e Gorizia, faceva parte della classe Zara, sviluppata nel 1930; era in servizio proprio Francesco Chirico, uno dei protagonisti della battaglia di Capo Matapan, nelle acque a sud del Peloponneso; passata alla storia come la più grave disfatta della Marina Militare Italiana.
La notte fra il 28 e il 29 marzo, il Pola colpito dalla squadra britannica; a bordo dell’incrociatore, paralizzato e completamente al buio, la confusione era tale che, allo scorgere le indistinte sagome delle navi britanniche, il comandante, De Pisa, fa lanciare un razzo di segnalazione, convinto che queste siano le unità italiane inviate in soccorso.
Iachino comanda a Cattaneo di prestare soccorso all’ incrociatore colpito; la missione è svolta dagli incrociatori Fiume e Zara che abbandonano la rotta, tornando indietro verso il Pola immobilizzato. L’incauta manovra porta il Fiume e lo Zara dritti verso le corazzate inglesi.
Fiume, colpito, affonda capovolgendosi sulla sinistra. Il comandante, De Giorgis, in acqua, ferito al viso, aggrappato insieme a molti suoi marinai a una zattera.
Alle 7:00 del 29 marzo, Cunningham riunisce le sue navi a 50 miglia a sud-ovest di Capo Matapan, tornando a giorno fatto nel teatro della battaglia e prendendo a bordo oltre mille naufraghi. L’arrivo di ricognitori tedeschi, interpretato da Cunningham come preparatorio di un attacco aereo, lo induce a interrompere l’attività di salvataggio; con grande senso di lealtà, comunica alle autorità italiane la posizione dei naufraghi.
La nave ospedale Gradisca, inviata da Taranto, con i suoi appena 15 nodi di velocità giungerà soltanto il giorno 31 marzo; troverà ancora in vita 147 marinai e 13 ufficiali in tutto.
La battaglia causa un numero altissimo di morti: 2303 vittime, di cui 813 dell’incrociatore Fiume.
Lo storico Gianni Rocca riporta che “nelle acque rimasero a lungo rottami di ogni genere, tra cui una bottiglia, ermeticamente tappata da uno strato di cera. Fluttuerà per anni nel Mediterraneo fino a quando, un mattino dell’agosto 1952, venne rinvenuta sulla spiaggia di Villasimius, presso Cagliari.
Quando una mano curiosa la osservò, scoprì al suo interno un pezzo di tela; strappato da una copertura di mitragliera, con su scritto: «Regia Nave Fiume – Prego signori date mie notizie alla mia cara mamma mentre io muoio per la Patria. Marinaio Chirico Francesco da Futani, via Eremiti 1, Salerno. Grazie signori – Italia !».
Il messaggio viene recapitato alla madre del povero marinaio in una frazione di Futani, paese poco distante da Capo Palinuro. Il padre, che mai aveva disperato del ritorno del figlio, è già morto nel 1948.
Proprio al padre, in una lettera del 1939, il giovane, che mai aveva dimenticato la sua terra, aveva inviato i semi – ” dovvinoli” – di un melo, pregandolo di piantarli e averne cura. Da quei semi è nato un melo che, a 67 anni dalla nascita, protende ancora i suoi rami robusti verso il cielo, dietro la casa dove nacque Francesco.
Alla memoria del Marò Chirico Francesco è decretata una medaglia di bronzo al valor militare: «…prima di scomparire in mare con l’unità , confermava il suo alto spirito militare affidando ai flutti un messaggio di fede e di amor patrio che, dopo undici anni, veniva rinvenuto in costa italiana ».