Oggi 2 marzo, Mercoledì delle Ceneri. Fede e tradizioni nel Cilento

Oggi si celebra il Mercoledì delle Ceneri, ecco perchè si chiama così il periodo che precede la Pasqua

Di Concepita Sica

Con la celebrazione del Mercoledì delle Ceneri inizia la Quaresima, ossi il tempo forte che prepara la Pasqua del Signore; e che si conclude il Giovedì Santo; con la Messa in “Coena Domini”, a sua volta inizio del Triduo Pasquale.

Ecco perchè si chiama così

È chiamato “Mercoledì delle Ceneri” perché durante la celebrazione, esattamente dopo la Liturgia della Parola e Prima della Liturgia Eucaristica, il sacerdote impone sul capo dei fedeli un pizzico di cenere; accompagnando il gesto con le parole: “Convertitevi e credete al Vangelo” oppure “Ricordati che sei polvere ed in polvere ritornerai”.

Le ceneri imposte sul capo sono ottenute bruciando i rami benedetti nella Domenica delle Palme. Poiché i rami, una volta benedetti, diventano dei “sacramentali”, ovvero oggetti che orientano verso i sacramenti; si consiglia di non gettarli via: di conservarli in casa, di sotterrarli, di bruciarli o di riportarli in chiesa per ottenere la cenere per il rito che dà inizio alla Quaresima.

Il ramo di ulivo simboleggia la riconciliazione e la pace e pertanto esprime bene il significato della Riconciliazione con Dio; con i fratelli che si vive in questo tempo.

Le ceneri, poi, sono segno della debole e fragile condizione dell’uomo, ma sono anche il segno esterno usato per esprimere il pentimento per il proprio agire malvagio e la decisione di intraprendere un rinnovato cammino verso il Signore.

La celebrazione della Ceneri nasce a motivo della celebrazione pubblica della penitenza, costituiva il rito che dava inizio al cammino di penitenza dei fedeli che sarebbero stati assolti dai peccati la mattina del Giovedì Santo.

Quaresima – Quadragesima

Nella liturgia si parla di Quadragesima, cioè di un tempo di quaranta giorni. La Quaresima crea un legame con i quaranta giorni di Gesù nel deserto, tempo che precede l’inizio del suo ministero pubblico.

Nell’Antico Testamento sono quaranta i giorni del diluvio universale; sono quaranta i giorni trascorsi da Mosè sul Monte Sinai; sono ancora quaranta gli anni passati da Israele prima di entrare nella Terra Promessa; sono quaranta i giorni di cammino del profeta Elia per giungere al monte Oreb; sono infine quaranta i giorni che Dio concede a Ninive per convertirsi dopo la predicazione di Giona.

Nei Vangeli, oltre al tempo di Gesù nel deserto, ci sono i quaranta giorni dopo la Risurrezione, durante il quale Gesù istruisce i suoi discepoli prima della sua Ascensione al cielo e l’invio dello Spirito Santo.

È quindi un tempo di attesa, un tempo di consapevolezza che Dio è fedele alle sue promesse.

Nei primi secoli cristiani la Quaresima era il tempo in cui coloro che avevano udito ed accolto l’annuncio di Cristo iniziavano il loro cammino di fede per giungere a ricevere il Battesimo a Pasqua; questo spiega il carattere catechetico delle domeniche di Quaresima, durante le quali si è invitati a vivere un itinerario battesimale; quasi a ripercorrere il cammino dei catecumeni che si preparano a ricevere il Battesimo, in modo da recuperare gli impegni che scaturiscono da questo sacramento.

Digiuno, carità, preghiera

Le pratiche che caratterizzano il tempo di Quaresima sono il digiuno, le opere di carità e la preghiera.

“Sapato Sando,

vieni correnno,

ca’ le bbecchie

vano traenno”

In una nota filastrocca cilentana s’invoca l’arrivo subitaneo del Sabato Santo, in cui, prima della riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II, veniva annunciata la gloria della Risurrezione col suono festoso delle campane che indicava anche la fine del digiuno quaresimale e del Venerdì Santo.

Il tempo di Quaresima, in passato, era caratterizzato da una scrupolosa osservanza del digiuno che consisteva nel fare un solo pasto giornaliero completo ma non abbondante e l’astensione dalle carni solitamente in ogni venerdì di Quaresima e anche nel mercoledì. Questo spiega il carattere della filastrocca.

Mediante il digiuno vengono combattute le tentazioni e si esercita il dominio dello spirito sul corpo: vincere le passioni per elevare lo spirito.

Il digiuno è occasione di crescita spirituale in quanto “ci permette di sperimentare ciò che provano quanti mancano dello stretto necessario” (Papa Francesco).

La Quaresima è anche un tempo da dedicare alle opere di carità. Una privazione personale diventa ricchezza per l’altro: le proprie risorse, il proprio tempo, il proprio amore.

Inoltre la Quaresima è un tempo privilegiato per la preghiera, per intensificare il rapporto ed il dialogo con Dio.

Sant’Agostino sosteneva che il digiuno e le opere di carità fossero “le due ali della preghiera” capaci di offrire il giusto slancio per giungere fino a Dio.

Tradizioni quaresimali

Nel tempo di Quaresima le chiese si presentano in maniera più sobria del solito: pochi fiori per esprimere il carattere penitenziale del tempo liturgico che si vive.

Non si recita il “Gloria” e non si canta “l’Alleluia” per la stessa ragione.

Anche il colore viola dei paramenti sacri, utilizzati in questo tempo, sollecita ad un sincero cammino di conversione (attenuato nella quarta domenica di Quaresima, detta del “Laetare” per l’avvicinarsi della Pasqua, con l’uso del rosa).

La “penitenza” è un cambiamento di mentalità, un atteggiamento interiore di correzione, quello che nel Nuovo Testamento è detto metànoia, ossia cambiamento di testa, di mentalità, del modo di vedere le cose.

Nella mattinata del Mercoledì delle Ceneri è possibile vedere presso alcune abitazioni, sul portone d’ingresso, dei fantocci che riproducono le sembianze di una persona, denominati “Quaresima” (quaraesema), realizzati nei modi più disparati e  con in mano un’arancia o un limone nel quale vengono infilate sette penne di gallina, una per ogni settimana di Quaresima, che ricorda la pratica del digiuno e dell’astinenza.

Durante la giornata del Mercoledì delle Ceneri molte famiglie preparano dei contenitori con cui realizzare il grano germogliato che verrà portato all’Altare della Reposizione il Giovedì Santo.

In dei recipienti di fortuna viene messo un sottile strato di terra in cui vengono seminati alcuni semi di grano, orzo, lenticchie, ceci, “cecerchie”. Vengono tenuti in un luogo in penombra per tutti i quaranta giorni della Quaresima e innaffiati di frequente. In assenza quasi totale della luce le piantine germogliano prendendo un colore pallido-giallastro o pallido-verdastro. Rappresentano il simbolo dell’abbondanza e della rinascita con un evidente rimando al ciclo della vita e anche ad un episodio del Vangelo in cui Gesù impiega l’immagine del chicco di grano per parlare della sua passione-morte-Risurrezione: “In verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24).

Il tempo di Quaresima produca la morte dell’egoismo e faccia germogliare, in ogni uomo, semi di vita nuova dai cui sgorgano frutti di giustizia, di solidarietà e di amore.

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