Criticità per i marchi del Parco, Codacons Vallo di Diano: se ne sospenda la concessione

La lettera del Codacons al Parco e al Ministero

Di Redazione Infocilento

Una lettera al Parco Nazionale del Cilento e al Ministero delle Politiche Agricole per chiedere chiarimenti e avanzare delle contestazioni sulla concessione dei Marchi del Parco. E’ l’iniziativa di Salvatore Gasparro, responsabile del settore agricoltura del Codacons Vallo di Diano. Ecco il testo della missiva:

 In data 26-11-2021, in una intervista rilasciata alla redazione di “Ciboprossimo”, il dott. Tommaso Pellegrino, si esprimeva così sul marchio del Parco:

“…noi non diamo patenti di qualità o certificazioni di qualità, questo non lo possiamo fare, possiamo solo riconoscere la territorialità. E’chiaro ed evidente che nel momento in cui facciamo un disciplinare in cui mettiamo al primo posto la territorialità, non è che facciamo l’indagine o le attività di polizia all’interno di ogni singola azienda.

E’ chiaro che l’azienda che ci certifica una produzione sul territorio dell’area del Parco, noi riconosciamo quello. Il marchio del Parco è riconoscere l’imprenditore che opera, che oggi fa azienda all’interno del nostro territorio…”.

Da queste dichiarazioni, unite ai reclami di alcune aziende autorizzate all’uso del marchio ma che ne hanno di fatto rinunciato all’uso, ha portato questo settore del Codacons Vallo di Diano ad una serie di analisi al fine di verificare se fossero tutelati sia i diritti dei consumatori sia la leale concorrenza tra le aziende.

Dopo le dichiarazioni del dott. Pellegrino si è passato alla verifica del disciplinare.

Nell’articolo 3-Principi generali, al punto 4. “Il Marchio del Parco può essere richiesto per prodotti e i servizi realizzati da operatori economici in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti:

– abbiano la propria sede nel territorio del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni e nelle aree contigue;

– abbiano unità locali produttive ricadenti nel territorio del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni e nelle aree contigue;

– realizzino produzioni utilizzando materie prime o beni provenienti dal territorio del

Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni e nelle aree contigue”.

In effetti, se basta un solo requisito per avere la concessione del marchio è sufficiente che la sede aziendale sia nel territorio che si può essere autorizzati all’uso del marchio collettivo, a prescindere dalla provenienza delle materie prime usate.

Sono, questi, aspetti che andrebbero evidenziati sulle etichette dei prodotti che riportano l’emblema del Parco, come pure andrebbe chiarito, per non disorientare i consumatori e non creare squilibri nella concorrenza, che non vi sono controlli sui prodotti dopo la concessione dell’emblema.

Subordinato al “Marchio del Parco” vi è il nuovo progetto, il marchio della “Rete del gusto della Dieta Mediterranea-PNCVDA”, dove nel suo disciplinare troviamo il collegamento ai prodotti a marchio.

All’ “ART. 4. REQUISITI MINIMI PER L’ISCRIZIONE

a) avere in menù un minimo di 20 prodotti a marchio PNCVDA, scelti tra quelli presenti nell’elenco ufficiale pubblicato sul sito dell’Ente;

Nei 20 prodotti devono essere presenti:

• 3 etichette di vini. Nel caso la struttura avesse in menù anche altre etichette di una o più aziende vitivinicole non a marchio PNCVDA, ma che producono sempre nell’area del PNCVDA vini a marchio DOP Cilento o IGP Paestum, vanno ugualmente segnalati;

• 2 etichette di olio Extra Vergine d’Oliva. Nel caso la struttura avesse in menù anche altre etichette di una o più aziende non a marchio PNCVDA, ma che producono sempre nell’area del PNCVDA olii a marchio DOP Cilento o che hanno ricevuto riconoscimenti in campo nazionale o internazionale, vanno segnalati;

b) avere almeno 1 presidio Slow Food;

c) avere, per i ristoranti, in menù almeno 2 piatti della tradizione locale, realizzati con prodotti a marchio Parco;

d) avere, per le pizzerie, in menù almeno una pizza ispirata alla tradizione cilentana e con prodotti a Marchio Parco;

e) avere, per le altre strutture diverse da quelle indicate nei punti “d” ed “e”, in menù almeno un panino o una pietanza realizzati con i prodotti a Marchio Parco”.

(Già nel punto d “una pizza di ispirazione “cilentana” non tiene conto che il Parco è composto anche da altri territori che sono Vallo di Diano ed Alburni e che non sono Cilento).

L’utilizzo del “Marchio del Parco”, di fatto marchio collettivo territoriale, è assimilabile all’utilizzo dei marchi collettivi regionali i quali però, a parere della Corte di Giustizia, contrastano con l’art. 28 CE. Com’è noto, la norma si prefigge l’eliminazione delle barriere alla libera circolazione delle merci, in modo da ottenere un mercato unico. L’utilizzo di marchi collettivi territoriali si pone, quindi, in conflitto con gli obiettivi comunitari di armonizzazione, favorendo, in ultima istanza, i prodotti locali. E la giurisprudenza della Corte di Giustizia sembrerebbe confermare l’incompatibilità dei marchi territoriali collettivi con il principio di libera circolazione delle merci a meno che non abbiano delle qualità intrinseche del prodotto legate al territorio.

Come ribadito nell’intervista e nel disciplinare, la qualità dei prodotti, come la provenienza geografica delle materie prime, non viene presa in considerazione al fine della concessione del marchio. A nostro avviso, oltre ad essere in contrasto con le norme sulla libera circolazione delle merci, un prodotto posto in commercio con il “Marchio del Parco”, potrebbe generare confusione nel consumatore che, volendo acquistare qualcosa di tipico o tradizionale, legato alle materie prime o alle tradizioni del Parco, sentendosi garantito da un marchio territoriale, acquista inconsapevolmente un prodotto, che seppur rispetta le norme sanitarie, nulla ha a che vedere con il Parco se non l’indirizzo della sede aziendale e nello stesso tempo penalizza le vendite di aziende concorrenti non titolare del marchio ma che magari utilizza materie prime locali.

Stesso discorso per il marchio della “Rete del gusto della Dieta Mediterranea-PNCVDA”.

La “Dieta Mediterranea”, riconosciuta dall’UNESCO come bene protetto e inserito nella lista dei patrimoni orali e immateriali dell’umanità nel 2010, è un meccanismo molto complesso, un regime alimentare che si fonda su alimenti il cui consumo è abituale in Paesi del bacino mediterraneo.

Un consumatore che recandosi in una struttura aderente a tale marchio si aspetta di alimentarsi in modo sano ed equilibrato secondo i canoni “dietetici” della Dieta Mediterranea, non è sufficiente, quanto riportato in questo secondo disciplinare, a tutelare il consumatore sulla correttezza delle offerte proposte.

Nella premessa del disciplinare per “La Rete del Gusto della Dieta Mediterranea PNCVDA” si riporta: “La rete del gusto punta a creare un legame tra produttori e strutture della ristorazione in modo da fornire al consumatore un panorama completo che lo guidi nella conoscenza, nella scelta, e nella degustazione dei prodotti di filiera corta realizzati nell’area Parco.

Si tratta di prodotti tipici e tradizionali di un territorio noto per il ricco patrimonio di biodiversità e culla della Dieta Mediterranea”.

Si parla di filiera corta

Senza conoscere o certificare o prendere in considerazione la provenienza delle materie prime non si può parlare di filiera corta, non si può parlare di filiera corta solo perché l’azienda di trasformazione o di confezionamento ha sede nel Parco.

Si parla di prodotti tipici o tradizionali ma sulla scorta di quali garanzie per il consumatore? Quali certificazioni o controlli da parte del Parco se nell’intervista viene ribadito che il Parco non può fare indagini o attività di polizia all’interno delle singole aziende?

L’utilizzo di questi due marchi crea una notevole confusione sia al consumatore, sia di interferenza nel commercio tra aziende a marchio e quelle non a marchio operanti nello stesso territorio.

Il Marchio del Parco sui prodotti può “illudere” il consumatore di acquistare un prodotto tipico o tradizionale realizzato nel Parco con materie prime del Parco pur non essendo quella la provenienza e potrebbe creare pregiudizio all’acquisto nei confronti di un prodotto identico, senza marchio ma che magari è ottenuto con materie prime locali.

Il Marchio della Rete del Gusto della Dieta Mediterranea-PNCVDA, concesso prevalentemente su base del numero dei prodotti a Marchio Parco utilizzati nelle preparazioni, di conseguenza e per le stesse ragioni, crea le stesse “false” aspettative nel consumatore e non garantisce neanche che i menù offerti sia stilati secondo i canoni e nei principi della Dieta Mediterranea. Allo stesso modo crea ostacolo alla libera circolazione delle merci anche dello stesso territorio vincolando i ristoratori al prevalente utilizzo di prodotti a marchio Parco.

Per quanto espresso sopra e fino a quando non si riesca a concedere l’utilizzo del Marchio del Parco eliminando tutte le criticità espresse, si chiede all’Ente Parco Nazionale Cilento Vallo di Diano ed Alburni, di sospendere e ritirare le concessioni dei due marchi.

Questa associazione è disponibile ad incontro con codesto Ente, con espressa riserva di ogni utile azione a tutela dei consumatori.

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