Il pittore delle aree interne Fernando Alfonso Mangone racconta il cambiamento climatico

“Dal mito alla ritrattistica e quindi la natura, quella rigogliosa e spontanea dell'entroterra di Salerno dove il tempo sembra essersi fermato e la natura si incontra con la storia perpetuando un dialogo iniziato migliaia e migliaia di anni fa – aggiunge il curatore e critico d’arte, Luciano Carini”.

Di Comunicato Stampa

Un artista visionario, le cui opere sono un’emozione continua di vibrazioni di luci e di colori. Fernando Mangone, in arte Alfonso, nasce nel 1958 ad Altavilla Silentina, un paese da lui definito “dionisiaco”, tra forti odori, grida gioiose di bambini e animali che convivevano con gli uomini. Stregato dalla musica Rock e dai caldi colori dei pittori fiamminghi che ama studiare, intraprende da bambino, cinquant’anni or sono, il suo percorso di artista e da Napoli a Firenze, fino all’Olanda, acquista fama anche lavorando con grandi marchi. Si autoproclama “un randagio”, ribelle a qualsiasi tentativo di imbrigliarne la creatività, seppur animato da una delicatezza nell’approccio col prossimo che lo ha reso amico sincero con mezzo mondo.

Sono un disubbidiente, uno che stravolge le regole. Come si può insegnare l’arte, la follia?”, afferma il maestro, reticente alle interviste “perché non servono le parole, perché la pittura stessa parla. È testimonianza”.

I quattro elementi, l’acqua, la terra, il fuoco, l’aria vengono trasformati attraverso la passione che il Maestro Alfonso Mangone interpreta con i suoi colori psichedelici.

Un innamorato del Rinascimento che, ammirando i grandi del passato, trasfigura la loro lezione nel tripudio di colori che sono la gioia della vita, attraverso la sua esperienza sullo studio del mito e l’emozione del Rock. Le sue opere sono l’espressione di una persona semplice, umile, i colori solari e caldi trasmettono serenità.

“L’arte, un messaggio all’umanità per narrare la bellezza del creato”. Racconta così la sua arte, il pittore salernitano mentre apre ad un pubblico di esperti d’arte, curiosi e giornalisti, il suo museo privato sito nell’antica Tenuta Forcella a Buccino, dove ha realizzato in una performance live di vernice a colori fluorescenti e fosforescenti, a suon di musica disco, un murale dedicato ai cambiamenti climatici “Lo scioglimento dei ghiacciai e il triste destino dell’orso polare”.

La visita nella galleria d’arte allestita nel museo M.A.M. dal maestro Mangone, è un vero e proprio viaggio nella storia, nella musica, nello sport e nella cultura degli Stati di tutto il mondo, dove la pittura racconta storia e bellezza.

I suoi dipinti seguono la narrazione dei luoghi dove è stato e dove ha vissuto da nomade: Berlino, Rotterdam, Parigi, Londra, Amsterdam. E ancora Venezia, Milano, Roma, per poi tornare a casa, ad Altavilla Silentino, nel Parco del Cilento.

Mito e futurismo si incrociano. David Bowie dialoga con Michelangelo, mentre il Sommo Poeta Dante rivive in versioni molto più simili alla pop art. Gli archetipi del racconto mitologico, i grandi ritrovamenti dell’antica Volcei, il Tuffatore di Paestum che si trasforma in una “Tuffatrice”, i grandi incendi dei boschi che distruggono al vita, i miti della contemporaneità come Diego Armando Maradona. E ancora Caravaggio, Giotto, Leonardo, Andy Wharol, Masaccio in una celebrazione espressionistica astratta, in cui contemporary art, urban e street style si contaminano. A dominare lo sguardo, sempre, è il colore, che avvolge e trasuda dalle pareti del M.A.M.

“Tutto è arte. Anche lo spettatore diventa arte, fulcro della prospettiva. “Perché un museo tra gli Alburni? Perchè ho vissuto alla grande – spiega il maestro Mangone in un’intervista esclusiva per Il Mattino – La vita è piena di energia, è rock emozionale. Ora voglio mettere a sistema questa vita sregolata e farla diventare visiva, oltre la follia. È la mia grande scommessa rock’n’roll”.

E conclude: “Bellezza. Dobbiamo creare bellezza, positività, andare avanti. Il passato è passato. Io vado avanti”. 

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