CAPACCIO PAESTUM. Ha destato scalpore la notizia relativa dell’inchiesta della Procura di Salerno, diretta dal Procuratore capo Giuseppe Borrelli e dall’aggiunto Luigi Cannavale che ha portato all’arresto dell’imprenditori Roberto D’Angelo.
Quest’ultimo, stando alle accuse, avrebbe promesso cinquantamila euro per far cadere l’amministrazione di Capaccio Paestum, capeggiata dal sindaco Franco Palumbo, predecessore di Franco Alfieri. Altri 150mila sarebbero stati versati appena il piano diventava realtà.
Soldi per far cadere l’amministrazione di Franco Palumbo: i fatti
La promessa sarebbe stata fatta ad un consigliere comunale amico per indurlo a diventare «capopopolo» e convincere altri a contrastare l’azione politica del primo cittadino. Non solo. L’imprenditore avrebbe tentato un vero e proprio adescamento di consigliere comunali, promettendo loro il 10 per cento di un appalto, per diventare «dissidenti». Tutto sarebbe stato «concertato» durante una cena in un ristorante di Giungano nel 2017.
Tutto questo perché Franco Palumbo non si era prestato all’aggiudicazione di una gara da oltre sei milioni all’impresa di Roberto D’Angelo.
Quest’ultimo, accusato di istigazione alla corruzione e turbata libertà degli incanti è finito agli arresti domiciliari. In realtà gli indagati dell’inchiesta che ha portato alla luce una serie di atti corruttivi e di appalti truccati sono complessivamente otto ma il giudice per le indagini preliminari ha rigettato tutte le richieste di arresto, eccetto quella per D’Angelo.
La fine del governo Palumbo
Nel dicembre del 2018 l’amministrazione Palumbo cadde perché nove consiglieri si dimisero. Dalle denunce del primo cittadino sono partite le indagini. Palumbo morì nel marzo 2019 dopo aver combattuto contro una grave malattia.
La gara in questione, quella alla quale ambiva D’Angelo riguardava un progetto di miglioramento della rete stradale, in particolare di via Magna Grecia.
Le parole dell’ex sindaco
All’epoca il sindaco Palumbo denunciò tutto pubblicamente, dicendo: «chi ha tradito non arreca nessuna motivazione politica… la mia unica colpa è quella di aver alzato un muro tra me e coloro che inseguivano gli interessi personali…la mia colpa è quella di non essermi piegato a logiche che mai mi sono appartenute … non pensate però che questa criminalità sia molto diversa, ripeto, non pensate, e già dieci mesi fa feci una relazione molto appassionata alla procura spero che mi convochi presto per approfondire … perché queste persone hanno fatto pressione prima su di me poi sui consiglieri comunali offrendogli soldi … questo è quello che è successo in questa città e non ad un consigliere ma ad un mio consigliere perché chiedevano la mia testa».
Saranno chiamati a chiarire la loro posizione il presidente del Consiglio comunale Carmelo Pagano, gli ex consiglieri Fernando Maria Mucciolo, Alfonsina Montechiaro, Pasquale Accarino, Angelo Merola e Francesco Petraglia e un funzionario comunale