Domani 11 novembre, si festeggia San Martino, vescovo di Tours nel IV secolo, uno dei santi più celebri fin dal Medioevo perché a lui sono connessi tanti detti, proverbi, riti, usanze e tradizioni gastronomiche in molti luoghi dell’Europa.
Il vescovo, un tempo soldato indefesso, ha dedicato la sua vita alla fede, aiutando il prossimo con tutti i mezzi in suo possesso. Tuttavia, la sua fama sembra dipendere non tanto dal tempo che ha trascorso su questa terra, quanto dal giorno in cui l’ha lasciata definitivamente.
L’11 novembre, infatti, coincideva con la fine delle celebrazioni del Capodanno dei Celti, il “Samuin”, che si svolgevano proprio nei primi dieci giorni del mese: il retaggio di questa festa pagana era ancora presente nell’ Alto Medioevo, e la Chiesa sovrappose il culto cristiano del santo più amato dell’epoca alle tradizioni celtiche. La festa di San Martino è diventata una delle più importanti feste dell’anno, una sorta di capodanno contadino nel corso del quale si mangiava e beveva in abbondanza. Bisogna tenere presente che, anticamente, il periodo di penitenza e digiuno che precede il Natale cominciava il 12 novembre e prendeva il nome di “Quaresima di san Martino”.
In Italia, fino al secolo scorso, l’11 novembre cominciavano le attività dei tribunali, delle scuole e dei parlamenti; si tenevano le elezioni e in alcune zone scadevano i contratti agricoli e di affitto. Ancora oggi, in molti luoghi, si dice “far San Martino” all’atto di traslocare o sgomberare, perché era proprio in questo periodo che si cambiava tradizionalmente casa: praticamente, tutti i cambiamenti si facevano per San Martino. Era tradizione, in questa data, anche l’uccisione del maiale, e lo è ancora oggi in alcuni luoghi della Spagna: un proverbio illuminante rammenta “A todos nos llega el San Martìn”, e cioè “A tutti ci arriva il San Martino”, nel senso che prima o poi tutti dobbiamo morire.
Anche per i bambini era festa grande: il santo, come fa, oggi, la Befana, portava regalini scendendo dalla cappa del camino e, se i piccoli avevano fatto capricci, depositava una frusta ammonitrice, detta, in Francia, “Martin baton” o “martinet”.
A dare grande impulso al momento di festa, l’11 novembre, era anche la conclusione delle attività agricole legate all’inizio dell’autunno, e proprio questa consuetudine ha determinato la nascita di una tradizione curiosa: pare, infatti, che Martino sia il patrono dei cornuti. Esistono diverse ipotesi alla base di questa paradossale diceria: secondo alcuni, la fine delle attività agricole avrebbe dato spazio alla cura del bestiame – ovini e bovini, dotati di corna – e proprio a loro sarebbe dedicata questa giornata; secondo altri, il vino novello tipico del periodo renderebbe gli uomini più inclini alle scappatelle. Esiste, poi, una teoria mistica, fondata sulla simbologia: 11/ 11, infatti, richiamerebbe l’immagine delle dita di una mano, indice e mignolo. Spiegare le implicazioni, in questo caso, è superfluo.
Una buona parte della tradizione europea considerala festa di San Martino come momento positivo, di buon auspicio: anticamente, i contratti fra i contadini per la cessione o l’acquisto delle terre venivano firmati proprio a San Martino, per la durata di un anno, e l’11 novembre era una data perfetta: non c’era troppo freddo come in inverno e si aveva tempo di provvedere a tutto il raccolto. Non a caso, infatti, si parla di “Estate di San Martino“, di un periodo, cioè, piuttosto mite, che tradizionalmente accompagna l’apertura delle botti per il primo assaggio del vino nuovo, perché, si sa, “A San Martino, ogni mosto è vino”.
Un’altra tradizione legata a questa festa è la preparazione dell’oca: si racconta, infatti, che Martino non volesse rinunciare alla vita monacale per diventare vescovo di Tours, e che si avesse deciso di nascondersi nelle campagne, ma venne scoperto per le strida di un gruppo di oche.
Intorno alla figura del Santo, dunque, non mancano leggende, curiosità e, soprattutto, proverbi: “Ce sta lu sante Martino”, dicono ad esempio in Abruzzo quando in una casa non mancano le provviste; in Romagna, invece, affermano che “Par Sa’ Marten u s’imbariega grend e znèn”, cioè “per San Martino s’ubriaca il grande e il piccino”, oppure : “Per San Martino si spilla il botticino”; e ancora, “Per San Martino cadon le foglie e si spilla il vino”; in Veneto, per avere fortuna, “Chi no magna l’oca a San Martin nol fa el beco de un quatrin!”. Sulla scia dell’ironica figura di Martino in qualità di ironico protettore dei cornuti, in Romagna si usa dire “Per San Marten volta e zira, tot i bech i va a la fira”, ossia, “per san Martino volta e gira, tutti i becchi vanno alla fiera”, mentre i romani affermano che : “Chi cià moje, ti’ pe’ casa San Martino”!
Il culto di San Martino è presente nel Cilento con l’intitolazione di alcune parrocchie come a Cannicchio (Pollica) o alla frazione di Laureana Cilento che ne porta anche il nome: San Martino. Oltre i confini storici, invece, è protettore a Massascusa (Ceraso), contitolare con San Felice.