AGROPOLI. Da oggi in città esiste la Piazzetta Luisa Sanfelice. All’eroina della repubblica napoletana è stato dedicato uno spazio pubblico adiacente la porta d’accesso al borgo antico, uno splendido belvedere che affaccia sul porto e il Golfo di Salerno. Presenti alla cerimonia il sindaco Adamo Coppola, altri rappresentanti dell’amministrazione comunale e diversi cittadini. Dopo lo scoprimento della targa, il parroco don Carlo Pisani ha proceduto alla benedizione della piazzetta.
Qui è stata installata anche una panchina tricolore, in ricordo di quanti hanno combattuto per l’Italia Repubblicana. Una scelta non casuale considerato che proprio la Sanfelice, con l’Unità d’Italia e la rilettura degli eventi da parte di numerosi storici, venne eletta ad eroina della Repubblica Napoletana, per aver sventato una congiura ai danni della Repubblica Napoletana, un gesto che successivamente pagherà con la morte.
La panchina è stata dedicata a Vincenzo Carnicelli, classe 1840, il primo agropolese ad aver ricevuto una medaglia al valore militare in guerra dopo l’Unità d’Italia.
«Questo spazio pubblico da tempo necessitava di una denominazione. Abbiamo scelto di assegnargli il nome di Luisa Sanfelice poiché si tratta di un personaggio storico strettamente legato ad Agropoli: il nostro castello, infatti, per anni è stata la sua dimora prediletta – ha spiegato il sindaco Adamo Coppola – al contempo abbiamo voluto posizionare una panchina tricolore per ricordare gli eroi della nostra Repubblica, in particolare il nostro concittadino Vincenzo Carnicelli, un’iniziativa dall’alto valore simbolico considerato che ancora oggi c’è chi mette in discussione questa forma di governo». «Questo – ha concluso il primo cittadino – è soltanto uno degli interventi che stiamo programmando per abbellire le aree d’accesso al centro storico».
Questo il testo presente sulla targa di Piazza Sanfelice, da una ricerca storica di Ernesto Apicella
Maria Luisa Fortunata de Molina nota come Luisa (Luigia) Sanfelice, dei Duchi di Agropoli e Laureana (Napoli 28 Febbraio 1764 – Napoli 11 Settembre 1800) è stata una nobildonna del Regno di Napoli, coinvolta nelle vicende della Repubblica Napoletana. Era figlia di Don Pedro de Molina, spagnolo, ufficiale dell’Esercito Napoletano, e di Camilla Salinero, genovese. L’aver salvato da una congiura la Repubblica Napoletana, scatenò l’ira dei Borboni che promossero nei suoi confronti un’accanita campagna diffamatoria, che la resero agli occhi del mondo una traditrice e una peccatrice.
Dopo sessant’anni, con l’Unità d’Italia, la rilettura degli eventi da parte di numerosi storici, la riabilitarono, eleggendola eroina della Repubblica Napoletana.
Don Andrea Delli Monti Sanfelice, dei Duchi di Agropoli e di Laureana, nacque nel 1763. Luisa, diciassettenne, ed Andrea, diciottenne, si sposarono, con regia dispensa essendo consanguinei di terzo grado, nell’autunno del 1781. Dal matrimonio nacquero Giuseppina, Emmanuela e Gennaro. Benedetto Croce nel libro “Luisa Sanfelice e la congiura dei Baccher” dice di Luisa e di Andrea:“Due ragazzi: di poca testa l’uno e l’altra; lo sposo, specialmente, sciocco, fatuo, vanaglorioso, fannullone, spendereccio; con pochi mezzi, essendo egli cadetto con assegno non largo ed avendo Luisa, figliola di un militare, recato scarsa dote (seimila ducati). La loro vita volse a rapida rovina”.
Vista la gravità della situazione, Camilla Salinero, madre di Luisa, nei primi giorni di dicembre del 1787, chiese a Re Ferdinando IV di Borbone, una “sopraintendenza”, una sorta di curatela con amministrazione giudiziaria che si usava concedere alle famiglie nobili in difficoltà economiche. Il 6 dicembre 1787 il Re nominò “sopraintendente” il Marchese Tommaso De Rosa per il controllo dei beni, mentre “esiliò” Luisa ed Andrea nel feudo di Agropoli e Laureana. I tre piccoli figli furono rinchiusi in case di educazione.
Luisa, con la sua famiglia, già frequentava Agropoli, come si evince da una sua lettera inviata il 21 aprile 1787 a Don Giuseppe Petrucci, Cappellano del Re e della Regina:
“Stimatissimo signor Don Giuseppe, per l’ultima volta che sono ad incomodarvi, mentre mi ritrovo senza un grano per la qual cosa vi prego di favorirmi quelli carlini dieci a compimento dei ducati quaranta; qualsivoglia ringraziamento vi facessi, non sarebbe mai sufficiente alla pazienza e carità che avete avuta verso di me, in somministrarmi detto denaro; mentre se non fosse stato per voi saremmo rimasti molti e molti giorni digiuni ed io ed i poveri figli, e quel bravo Cavaliero di mio marito (…). Sarei a darvi una preghiera se prima del 29 potete avere un momento di tempo, favorire in casa mia, quanto almeno possa ringraziarvi di persona prima che parta, dovendo andare ancor io ad Agropoli (…).
Nel 1791, dopo circa quattro anni di permanenza tra Laureana ed Agropoli, il marchese De Rosa così scriveva al Re:“ (…) in niente corretti avendo i coniugi don Andrea e donna Maria Luisa Molina colla permanenza fatta prima in Laureana e poi in Agropoli, feudi della loro casa, continuato a menare la solita vita rilasciata e scandalosa all’eccesso (…)”. Era vero o dietro questo pesante giudizio si celavano degli interessi sui beni dei Sanfelice da parte del Marchese De Rosa, sopraintendente non molto affidabile, considerato che successivamente la Vicaria emise un mandato di cattura per debiti. Comunque il Re accolse le proposte del Marchese e il 4 luglio del 1791 inviò Andrea nel Monastero dei Padri Redentoristi di Ciorani e Luisa nel Conservatorio di Santa Sofia a Montecorvino Rovella.
Seguirono anni di disperazione per Luisa ed Andrea, che alternavano lunghe relegazioni in conventi e dimore, a brevi momenti di vita coniugale, fino alle note vicende del 1799 della Repubblica Napoletana.
All’epoca dei fatti la Sanfelice era contesa tra il giovane Baccher, esponente filoborbonico, che si accingeva con gli altri a congiurare contro la Repubblica Napoletana del 1799, ed il repubblicano Ferdinando Ferri.
Le circostanze furono fatali. Il Baccher consegnò a Luisa un biglietto, che le avrebbe garantito la salvezza quando sarebbero iniziati i tumulti dei controrivoluzionari. Ma Luisa ne parlò al corteggiatore repubblicano e la congiura contro la Repubblica fu sventata. Il “Monitore Napoletano” di Eleonora Pimentel Fonseca, nel numero del 13 aprile 1799, decantava il nobile gesto:
“Una nostra egregia cittadina Luisa Molina Sanfelice, svelò venerdì sera (5 aprile) al governo la cospirazione di pochi. (…) Essa, superiore alla sua gloria, ne invita premurosamente a far noto che ugualmente con lei è benemerito della Patria in questa scoperta Vincenzo Cuoco”. Scrive Benedetto Croce: “Mentre a Napoli il suo nome era circondato da tante sorti di lodi fiorite, c’era a Palermo Re Ferdinando che, nell’inviare al cardinale Ruffo la lista delle persone da fare arrestare e giudicare al suo ritorno, includeva una certa Luisa Molines Sanfelice (…)”.
Per Luisa Sanfelice il ritorno di Re Ferdinando fu una condanna a morte, una decapitazione brutale, barbara, inattesa, che scosse gli ambienti borbonici a Napoli e gli stessi lazzari. Una lenta agonia, in tutti i sensi. Iniziato il processo a Napoli, nel settembre del 1799, Luisa Sanfelice fu condannata e condotta l’11 settembre 1800 al patibolo in piazza Mercato. La storia di Luisa Sanfelice è stata raccontata in numerose opere. Di lei hanno scritto Alexandre Dumas, Benedetto Croce ed altri famosi autori. Per il cinema è stato realizzato un film sulla sua storia nel 1942, mentre la RAI le ha dedicato due miniserie televisive: nel 1966 e nel 2004 con Laetitia Casta e Adriano Giannini.
“La Luisa, circondata e sorretta dai fratelli dei Bianchi, salì sul palco. E si facevano gli estremi preparativi, e le infami mani del carnefice l’acconciavano sotto il taglio della scure, quando un soldato, di quelli che assistevano all’esecuzione, lasciò sfuggire accidentalmente un colpo di fucile. Il carnefice, spaurito e già sospettoso di qualche tumulto, a questo si turbò e lasciò cadere in fretta la scure sulle spalle della vittima: sicché poi, tra le grida d’indignazione del popolo, fu costretto a troncarle la testa con un coltello. Quelle povere membra, che avevano finito di soffrire, furono sepolte nella prossima chiesa di Santa Maria del Carmelo.”
Dove giacciono tutt’oggi, nei sacelli fangosi, con quelli di tanti altri eroi del 1799, ad onta del loro sacrificio per la libertà di un popolo, vergognoso oblio della nostra sacra memoria storica.
In questa pubblicazione ho inserito dei documenti che reputo interessanti per la nostra storia:
1) La lettera che la Sanfelice invia il 21 aprile 1787 a Don
Giuseppe Petrucci, dove, sia per la data, sia per alcuni passaggi
nel testo, ci fa pensare che Luisa già da molti anni frequentava,
con la sua famiglia, Agropoli e Laureana;
2) Il ritratto originale di Luisa Sanfelice pubblicato per la prima
volta nel 1867 dal giornale “La Settimana Illustrata”;
3) Il profilo storico tracciato dal famoso scrittore Alessandro
Dumas Padre, dove ritroviamo anche l’articolo del “Monitore
Napolitano” che annunciava la sventata cospirazione ai danni
della Repubblica Napoletana grazie a Luisa Sanfelice;
4) La pubblicazione anastatica del dramma storico del 1867
“Luisa Sanfelice” di Raffaele Colucci, che riscosse notevole
successo di pubblico nei teatri napoletani.
Ernesto Apicella