AGROPOLI. “A te l’incarico di andare in terra di Agropoli, traccerai su quella terra un segno di croce, l’attraverserai senza sandali e con la tua presenza le acque diventeranno vive e chi ne berrà non avrà più sete!” (San Valeriano Martire).
Questa sera, alle ore 19,30, presso la Chiesa del Sacro Cuore, sarà celebrata una messa in suffragio per l’amato Padre Giacomo Selvi. Sarà un modo per unirsi in preghiera e ricordare il bene che ha portato alla comunità Padre Giacomo.
“BEATO L’UOMO CHE RETTO PROCEDE”. Pochi uomini dopo la loro morte ci lasciano in eredità l’orma preziosa dei loro passi, impressa sull’arida terra di questo mondo, un’impronta che sfidi impavida la polvere del tempo e che contribuisca non solo a mantenerne vivo il ricordo, ma che rappresenti anche la continuità del suo cammino e delle opere avviate nel percorso disegnato verso l’avvenire.
Sono passati tanti anni dalla prematura scomparsa del nostro caro Padre Giacomo Selvi, eppure l’inesorabile trascorrere del tempo non solo non ne sbiadisce la memoria, ma sembra addirittura volerla accrescere e la sua orma, ogni giorno che passa, diventa sempre più profonda, più incisa più nitida. Dobbiamo ringraziare Dio, che nel suo grandioso disegno ha voluto che il compianto Padre svolgesse la sua preziosa opera in terra di Agropoli e come cittadini dobbiamo esserne orgogliosi e onorati.
Abbiamo avuto l’opportunità di vivere per qualche tempo insieme ad una personalità carismatica, che riuscì a trasformare una piccola comunità in una sola e grande famiglia, unita e protesa verso quelli che sono gli autentici e immortali valori cristiani e cattolici . Ad una persona umile quale fu il caro Padre Giacomo potrebbe essere superfluo innalzargli lodi pur avendole meritate, ma ci limitiamo soltanto a dirgli “grazie” per tutti i suoi sacrifici, le sue rinunce il suo irrefrenabile desiderio di donarsi al proprio prossimo, anteponendo le necessità altrui alle proprie esigenze di vita e per tutto quanto ci ha lasciato in eredità.
Spetta a noi oggi continuare il cammino nella direzione che Lui ci ha indicato, mettere in pratica i suoi insegnamenti, orientati al nostro avvicinarci a Dio. Il suo testamento spirituale è l’esempio estremo dell’infinita bontà di un uomo che seppur sofferente e consapevole della chiamata del Signore, si preoccupa di rivolgere un pensiero di speranza e di conforto a chi rimane, come un padre che prima di partire per un lungo viaggio saluta e raccomanda i suoi figli, sicuro che presto li riabbraccerà per non più separarsene.
Nell’estremo volere di Padre Giacomo, è la speranza che deve alimentare il nostro viaggio terreno, infondendo nel nostro animo quel coraggio necessario e indispensabile per superare le avversità di una vita che purtroppo ogni giorno che passa si fa sempre più dura e difficile. –“Se il chicco di grano caduto a terra non muore rimane solo; se muore porta molto frutto”- profetizzò Padre Giacomo poco tempo prima della sua morte. Auguriamoci che il suo sacrificio non sia stato vano, ma che sia messaggio di speranza e di salvezza per tutti, sperando di incontrarci in Cielo, immersi nella radiosa luce di Cristo quando Dio vorrà. (V. D’Andrea).
“CARO PADRE GIACOMO, nessuno di noi potrà dimenticare il tuo sorriso consolatore, la tua bontà, l’anima semplice e ingenua, come quella di un bambino. Il tuo apostolato, sappiamo, non è stato mai facile. Hai dovuto sopportare l’indifferenza più gelida e umiliante della stessa incomprensione. Deriso e umiliato hai portato con lacrime di gioia la tua croce. Hai sparso il buon seme, senza sosta, dappertutto: anche sulla roccia, sui macigni, sui durissimi scogli e sull’arido deserto dell’uomo smarrito nel nostro tempo di pietra. Con gioia vedi, finalmente, maturare i frutti di quei semi, bagnati dalle tue lacrime, benedette dal signore.
Per tutto quello che hai fatto e continuerai a fare per ciascuno di noi e per tutti quelli che, tramite noi, ti conosceranno, ti diciamo di tutto cuore: GRAZIE PADRE GIACOMO!” Germano Bonora.
Chi era Padre Giacomo Selvi
Padre Giacomo Selvi (al secolo Lino, nasce a S. Ambrogio di Valpolicella (VR) l’undici maggio 1938 dal padre Ambrogio, cavatore di marmo e la madre Amabile Giacomuzzi, casalinga. Viene battezzato il ventisei dello stesso mese presso la chiesa parrocchiale di S. Ambrogio.
Lo descrivono di gracile costituzione con la tendenza sempre ad ammalarsi. All’età di sette anni viene ricoverato d’urgenza all’ospedale di Bussolengo a causa di un’occlusione intestinale. Il primario dell’ospedale, considerate le gravissime condizioni deciderà di dimetterlo dopo quattro mesi di degenza, affinché fosse morto fra i suoi cari. Siamo ormai nel 1945,quando gli ultimi focolai dell’ultimo conflitto mondiale stanno per spegnersi.
Inaspettatamente contro ogni previsione le condizioni del bambino considerato senza alcuna speranza di guarigione migliorano: –“ Pur essendo alquanto magro diviene forte come una roccia, racconta il fratello Giacomo” –. La ritrovata salute invoglia Lino a frequentare nuovamente la parrocchia presso la quale aveva prestato servizio come chierichetto già dall’età di cinque anni al fianco di Don Ettore Toffoloni. L’otto novembre del 1947 riceve il Sacramento della Cresima.
Frattanto il fanciullo già aveva più volte manifestato l’intenzione di andare in convento ad un frate francescano che di tanto si recava a S. Ambrogio per predicare. Dinanzi alle insistenze di Lino e convinto delle sue serie intenzioni, il frate si decide di parlarne con i genitori che danno il loro consenso. Lino avrebbe preferito recarsi in Bolivia, dove sapeva fosse fiorente una missione francescana, ma la madre in questo caso si dimostra contraria.
Nel 1948 raggiunge il convento dei Francescani a Trento e presso la scuola elementare e media mantenuta dai frati a Campolomaso, frequenta la quarta fino a conseguire la licenza media. Quando torna a casa per le vacanze si divide fra la chiesa e i campi in cui si reca per pascolare un piccolo gregge di capre e pecore che il papà Ambrogio ha comperato. A Villazzano compie gli studi Ginnasiali, mentre a Rovereto compie quelli liceali. Il 16 settembre del 1962 fa la solenne professione religiosa e indossa il saio francescano, assumendo il nome del fratello Giacomo. Terminati gli studi Teologici a Trento, viene ordinato sacerdote il 27 giugno 1965. Più tardi si reca all’Antonianum di Roma, dove consegue la laurea in teologia “magna cum laude” Si diploma inoltre alla Gregoriana in eloquenza e diritto canonico.
Consegue infine il diploma di inglese presso l’Oxford Istitute di Londra. Ritornato in convento, gli viene affidato il segretariato della predicazione e l’insegnamento nella scuola per i futuri frati, mentre nel periodo estivo regge la parrocchia di Condirai sul Bondone, retta dai francescani. Successivamente predica a Lendinara e presso il Santuario degli Olivetani, dove conosce Don Ottavio Ildefonso Sicilia con il quale nel 1971 fonda la “Famiglia Associativa di Preghiera e Carità”. Con l’autorizzazione del Padre Provinciale si stabilisce in provincia di Verona, dove viene accolto calorosamente, mettendo in risalto la sua fede, l’amore per il prossimo e la forte passione per il suo ufficio.
Nel 1976, Padre Giacomo si stabilizza ad Agropoli. Arriva insieme a Don Ottavio Sicilia e alcuni componenti del gruppo di preghiera da fondato cinque anni prima. Trova ospitalità in un alloggio messo gentilmente a disposizione della famiglia Grippa. Poco tempo dopo il gruppo di preghiera riparte per il Nord e Padre Giacomo si ritrova a dirigere o meglio organizzare la comunità “della stazione” come veniva apostrofata la parrocchia del Sacro Cuore in quanto la chiesa era ed è ancor oggi ubicata in una struttura a ridosso dello scalo ferroviario un tempo di proprietà delle Ferrovie dello Stato, oggi intitolata a S. Valeriano. Ottenuto il consenso del vescovo della Diocesi Mons. Giuseppe Casale, per niente demoralizzato, Padre Giacomo si rimbocca le maniche e inizia a lavorare sodo: “ La Vergine ha voluto che io svolga qui la mia missione” avrebbe detto in più di un’occasione.
Con il tempo sotto la sua ombra la parrocchia raggiunge un vivo e forte vigore. In chiesa si registra un numero sempre maggiore i fedeli, e i cittadini guardano con ammirazione il frate sempre in giro per il paese con la sua inseparabile bicicletta anche nelle pessime condizioni atmosferiche. Con il tempo Padre Giacomo diventa il sacerdote più popolare della zona: spesso è chiamato infatti a celebrare a Ogliastro, Prignano, Eredita, e in altri paesini del Cilento al limitare del Comune di Agropoli. Ovunque riceve la più calorosa accoglienza. In occasione del disastroso sisma del 1980, organizza presso la chiesa un grande centro di raccolta e distribuzione di viveri e generi di prima necessità per le popolazioni colpite. Insegna religione presso il Liceo Scientifico Di Agropoli.
Organizza spesso pellegrinaggi a Lourdes, Medjugojrie, (1984/85 Oliveto Citra, dove la Vergine sarebbe apparsa e C.S. Lorenzo, (dal 1974/75) meta di tanti pellegrini per visitare”Il quadro della Madonna che piange” . A Medjugorje nel momento di un’apparizione della Madonna riceve il dono della “Locutio Interna”. Da qualche anno aveva inoltre intrapreso l’opera più ardita e significativa della sua esperienza in terra di Agropoli e forse della sua stessa vita: la costruzione di una nuova chiesa. Pur essendo povero e senza una lira, non esita ad iniziare un’opera di centinaia e centinaia di milioni.
Appellandosi solo ed esclusivamente alla fede in Dio i lavori hanno inizio e mattone dopo mattone Padre Giacomo ne assiste compiaciuto il proseguimento. Solo un rammarico lo turba: la consapevolezza di non vedere l’opera ultimata. Difatti una sera di molti anni prima confida ad alcuni parrocchiani che mentre una notte pregava davanti al Tabernacolo, il Signore gli fece intendere che la sua carriera sacerdotale sarebbe durata poco più di vent’anni. Ed ancora rivolgendosi ad un fedele: “ Io non la vedrò finita perchè me ne andrò e al mio posto arriverà una comunità…”. Infatti durante la notte del 27 di settembre del 1987 viene trasportato d’urgenza presso la Casa di Cura Malzoni dove all’una e un quarto muore: causa del decesso un edema polmonare.
Il mattino successivo un popolo in lacrime e ancora incredulo si dirige presso la Chiesa del Sacro Cuore, (oggi San Valeriano), dove viene allestita la camera ardente. Raramente si vede una moltitudine di persone ai funerali di un sacerdote, la dimostrazione eloquente che il frate è effettivamente entrato nel cuore della gente che ancora oggi a distanza di 34 anni lo ricorda con rispetto e ammirazione per quanto ha fatto.
Rimane oggi la nuova Chiesa del Sacro Cuore consacrata ai fedeli il 1993, sei anni dopo la sua morte. La sua struttura per suo espresso volere è estremamente semplice: la conformazione architettonica è ispirata alle capanne ebraiche del popolo di Mosè che venivano montate provvisoriamente durante le soste nel deserto. Inequivocabile dunque è il significato religioso: un grande riparo per noi umili pellegrini di questo mondo, in continuo cammino verso l’avvenire, nell’attesa di raggiungere finalmente la Terra Promessa in Cielo.
TESTAMENTO SPIRITUALE DI PADRE GIACOMO SELVI, ASSISI 22 NOVEMBRE 1980 ORE 24,15 DALLA TOMBA DI SAN FRANCESCO. PAROLE DA LEGGERE AL MIO FUNERALE DOPO IL CANTO: “IO CREDO RISORGERO’”.
“Carissimi, quante volte ho benedetto il viaggio dei vostri cari defunti dicendovi in mille forme lo stesso pensiero: piangete perché è umano ma guardate a Cristo , che è risurrezione e vita! Ve lo ricordo ora salutandovi con tanto affetto. Vi ringrazio perché mi avete sopportato, vi chiedo perdono se le mie durezze vi hanno offeso, ma vi ho amato e per questo benedico ogni anima. Che Dio vi benedica, che la Madonna vi sia vicina, siate membra vive. Un addio, una benedizione, un augurio di incontrarci in Cielo”. Padre Giacomo Selvi.