Capaccio, sequestrati beni per 16 milioni a Roberto Squecco

Dopo gli accertamenti degli inquirenti scatta il maxi sequestro ai danni dell'imprenditore Roberto Squecco. Per lui anche obbligo di soggiorno

Di Redazione Infocilento

CAPACCIO PAETUM. Il Tribunale di Salerno ha disposto, su  richiesta della Procura della Repubblica di Salerno, Direzione Distrettuale Antimafia, la confisca di beni e assetti societari per un valore di circa 16 milioni di euro, nei confronti dell’imprenditore Roberto Squecco.

Il provvedimento ai danni di Roberto Squecco

Il provvedimento è stato eseguito, nei giorni scorsi, dalla Divisione Anticrimine della Questura di Salerno e dal Servizio Centrale Anticrimine della Polizia di Stato.

Nei confronti dell’imprenditore, già condannato anche per reati commessi per favorire il clan “Marandino” nello scorso mese di gennaio è stata eseguita un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Ai suoi danni l’accusa intestazione fittizia di beni, peculato, interruzione di pubblico servizio, favoreggiamento personale, emissione di fatture per operazioni inesistenti, invasione di terreni ed edifici, riciclaggio, turbata libertà degli incanti, abuso d’ufficio ed altro, unitamente ad altri 10 indagati.

Contestualmente all’esecuzione dei provvedimenti cautelari personali, era stato eseguito nei confronti di Squecco Roberto un decreto di sequestro degli stessi di beni poi sottoposti a confisca.

Ciò secondo una strategia di contrasto propria della Procura della Repubblica di Salerno e condivisa a livello nazionale, dalla Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato. Essa prevede un modello operativo innovativo, caratterizzato dallo svolgimento in parallelo delle indagini penali e di prevenzione antimafia. In tale ottica la richiesta di sequestro in prevenzione è stata richiesta congiuntamente dal Procuratore della Repubblica di Salerno e dal Questore di Salerno.

L’esecuzione del provvedimento di confisca, estesa anche ad alcuni cespiti situati in Romania, ha comportato, per la prima volta nel nostro Paese, l’attivazione della procedura introdotta dal nuovo Regolamento (Ue). Essa è finalizzata al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca.

Le accuse

Il Tribunale di Salerno ha riconosciuto nei confronti di Roberto Squecco manifestazioni di pericolosità sociale. Una pericolosità “qualificata” in quanto indiziato di appartenere al clan “Marandino” e del delitto di trasferimento fraudolento di valori, ma anche “generica”. Roberto Squecco è ritenuto “un soggetto che vive abitualmente con i proventi di attività delittuose”. L’attività investigativa ha evidenziato, altresì, “che lo Squecco è da considerare soggetto socialmente pericoloso sin dalla seconda metà degli anni ’90”.

Risalgono a quel periodo, infatti, le denunce per truffa, ricettazione, violazione delle norme tributarie, traffico di carte clonate. Ma anche le operazioni di distrazione di beni e capitali poste in essere in danno dei creditori delle società amministrate, formalmente o di fatto e poi dichiarate fallite.

Il “capitale illecito”

Condotte quest’ultime per le quali Roberto Squecco ha accumulato un ingente capitale illecito, di oltre 3 milioni di euro. Questo successivamente è stato reinvestito in diversi settori imprenditoriali.

Il provvedimento, inoltre, ha evidenziato, che negli anni 2012-2014, l’imprenditore salernitano ha manifestato anche una pericolosità sociale di tipo qualificato, derivante dall’appartenenza al clan camorristico “Marandino”. Infatti, nel 2014, egli è stato tratto in arresto per partecipazione ad associazione di stampo camorristico facente capo a Maradino Giovanni e tentata estorsione aggravata, e successivamente condannato per tali fatti.

Il Tribunale, si è poi soffermato sulle risultanze delle più recenti indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Salerno e svolte dalla Squadra Mobile di Salerno, che hanno determinato l’esecuzione delle misure cautelari personali.

Viene rimarcato, inoltre, come Roberto Squecco, nonostante i numerosi e incisivi provvedimenti giudiziari ed amministrativi, quali provvedimenti di interdittiva antimafia riguardanti la sua persona e le sue attività economiche, non abbia mutato la propria condotta, reiterando i medesimi illeciti.

Le attività di Roberto Squecco

In tale contesto lo Squecco, anche grazie al reinvestimento dei proventi di reati tributari, ha, di fatto, continuato a mantenere il monopolio nei servizi delle onoranze funebri e del pubblico soccorso nei Comuni di Agropoli, Acerno, Capaccio, attraverso la creazione di nuove associazioni e società intestate a prestanome ovvero infiltrando imprese di terzi già attive, in modo da sfruttare, in maniera occulta, mezzi e licenze altri, conseguendo, peraltro, un notevole arricchimento.

Sotto tale, ultimo profitto, viene stigmatizzato, altresì, il complesso sistema di fatturazioni per operazioni inesistenti realizzato dall’imprenditore, attraverso società cartiere operanti nel settore sanitario, che ha fruttato, solo nel periodo 2017/2019, introiti per circa 1 milione di euro. Anche questi “successivamente riciclati nelle casse delle società riferibili allo Squecco e distratti per finalità personali per creare provviste di denaro contante”.

Gli investimenti

Gli approfondimenti economico-finanziari hanno documentato come Squecco abbia reinvestito le somme illecitamente acquisite con le sue attività e risalenti bancarotte fraudolente, compiendo diverse operazioni commerciali, tra le quali spiccano per la particolare rilevanza: in primo luogo, l’acquisto, attraverso la Pianeta Paestum S.r.l, di 12 terreni ubicati in Capaccio, dell’estensione di circa 18 ettari, per l’importo dichiarato di 1.600.000.000 delle vecchie lire, il cui attuale valore, sulla base della relativa destinazione urbanistica e delle potenzialità di sfruttamento che li contraddistinguono, è stimabile in circa 15 milioni di euro.

Tra le varie progettualità che hanno interessato i terreni, nonché altri appezzamenti limitrofi, vi era quella di realizzare un parco divertimenti tematico, con l’intervento delle amministrazioni Comunali di Capaccio e Agropoli; in secondo luogo, la costituzione di due compagini societarie in Romania, attive nella produzione e vendita di prodotti caseari, registrate fra il 2002 ed il 2009, titolari di immobili in quel Paese.

I provvedimenti del Tribunale

Pertanto, alla luce degli elementi esposti, nonché degli accertamenti esperiti attraverso una specifica richiesta di Commissione Rogatoria alle competenti Autorità Romene, il Tribunale ha disposto la confisca di una società con sede in Italia, 2 associazioni di soccorso, 26 automezzi, 7 conti correnti bancari, 12 terreni siti in Capaccio Paestum, 1 terreno sito a Zimbor – Romania, per un valore complessivo stimato di circa 16 milioni euro, applicando, altresì, la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno per la durata di tre anni,

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