Ogni anno, si pone il problema di un efficiente servizio turistico di Aliscafi che colleghi Agropoli e Paestum alla costiera Cilentana, alla costiera Amalfitana e a Capri. Situazione mortificante per i cittadini e, soprattutto, per l’intero comparto turistico.
Nel Regno di Napoli, nel XIX secolo, i collegamenti via mare, anche turistici, diventarono una priorità. Re Ferdinando I di Borbone iniziò una profonda ristrutturazione e una moderna rinascita della Real Marina Napoletana, che portò il 24 giugno 1818 al varo della prima nave italiana a vapore, chiamata “Ferdinando I”.
La storia ci racconta che l’armatore francese Pierre Andriel, stimolato dai benefici concessi agli stranieri, decise di costruire nel Regno di Napoli delle navi a vapore da utilizzare per il trasporto della posta, delle merci e dei passeggeri. Il 17 gennaio 1817, l’Andriel ottenne da Re Ferdinando I, un’autorizzazione quindicinale per la costruzione e la navigazione di bastimenti a vapore nel Regno.
L’Andriel non era nuovo a tali esperimenti, nel marzo del 1816 partì da Londra con il bastimento a vapore “Elise”, toccando felicemente, dopo qualche giorno di navigazione, le sponde del fiume Senna di Parigi. Il 19 Aprile 1817, costituì a Napoli, la “Compagnia privilegiata per la introduzione della navigazione a vapore nel Regno delle Due Sicilie“. Aderirono numerosi azionisti, tra i quali Luigi de’ Medici di Ottajano, Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno, e Luigi Serristori, poligrafo, militare e uomo politico.
L’Andriel, raccolti i fondi necessari, fece costruire nel cantiere di Stanislao Filosa, situato al Ponte di Vigliena, per 5.780 ducati uno scafo, sul quale fu montato un motore inglese, mentre la propulsione era affidata a delle ruote a pale sistemate sulle fiancate. Era una navedi tipo misto, vale a dire a vela e a vapore, dotata di 16 cabine di prima classe. Fu varata il 24 giugno 1818 col nome di “Ferdinando I”.
Il 27 settembre 1818, alle ore 17.00, la nave partì da Napoli alla volta di Genova, con scali a Civitavecchia e Livorno. Un fatto curioso avvenne nel porto di Fiumicino, dove il piroscafo fu accolto da alcune barche arrivate in soccorso, perché i marinai, ingannati dal fumo e dal fatto che la nave non avesse le vele spiegate, supponevano ci fosse un incendio a bordo. La Marina Borbonica in quel periodo era la terza in Europa e nel 1848 arrivò a disporre di 22 navi a vapore.
Grazie alla lettera che ho ritrovato, inviata da Luigi Serristori al Direttore di un giornale napoletano, sappiamo che il 7 Aprile 1817, già fervevano i preparativi per la nascita di una Società di Navigazione:
“Ho il piacere di rimetterle secondando i desideri del sig. Cav. Andriel un prospetto relativo alle prime crociere, che la “Compagnia privilegiata” della “Navigazione accelerata” si propone di stabilire nel Regno delle Due Sicilie. La prego a volerlo inserire nel prossimo numero del suo Giornale che con tanta lode redige, affine che la di lui notorietà divenga anche per tal modo maggiore. Sono col più distinto ossequio.7 Aprile 1817, Luigi Serristori”.
Il mittente della lettera, Luigi Serristori (Firenze, n.1793 – ivi m.1857), studiò Matematica e Scienze a Pisa. Divulgò in Italia la scoperta della macchina a vapore con il saggio del 1816: “Sopra le macchine a vapore“. Nel 1840 fu eletto Governatore di Siena e promosse la costruzione della ferrovia Siena-Empoli. Nel 1845 divenne governatore di Pisa. Nel 1848, nel gabinetto Ridolfi, ricoprì la carica di Ministro degli Esteri e della Guerra. Si occupò molto di Economia Politica e fondò il Collegio Militare di Firenze.
Il “Project Management”, diremmo oggi, inviato il7 Aprile 1817da Luigi Serristori al Direttore di un giornale napoletano, prevedeva quattro “Crociere“, gli itinerari, il nome delle navi, il servizio passeggeri e trasporto merci, nonché il rendiconto economico.
Le quattro Crociere erano:
1) Crociera del “S. Ferdinando” tra Napoli e Palermo (Accelerata);
2) Crociera del “S. Francesco” tra Napoli e Messina (Accelerata);
3) Crociera del “S. Leopoldo” tra Napoli e Marsiglia (Navigazione);
4) Crociera del “Calabrese” tra Napoli ed Pizzo (Accelerata).
Focalizzo l’attenzione sulla “Crociera Napoli – Pizzo“, giacché prevedeva la sosta ad Agropoli, con visita ai Templi di Paestum.
Scriveva il Serristori: “Questa crociera, essendo specialmente destinata al trasporto dei passeggieri nelle Calabrie, si è scelto per suo termine Pizzo, come il porto più opportuno a questo oggetto, ma d’altronde, lo stesso Pacchetto potrebbe occuparsi del cabotaggio di tutto il littorale intermediario, approdando nei diversi punti che per il loro traffico verrebbero in ciascuna stagione creduti più vantaggiosi (…).
Per questa Crociera erano previsti 60 viaggi all’anno, effettuati dalla nave a vapore “Calabrese” di 60 tonnellate, dotata di un motore di 12 cavalli.
(…) Ben sappiamo come l’introduzione dei bastimenti a vapore abbia in ogni contrada, che nè ha provato i benefici effetti, influito sull’attivita delle communicazioni e dei trasporti, affrancando la navigazione dagľinciampi che continuamente i venti e le calme le oppongono (…).
Quindi, secondo Luigi Serristori, l’utilità della nave a vapore “Calabrese” era dovuta alle numerose difficoltà di comunicazione con la Calabria, soprattutto in Inverno, che rendevano difficile gli spostamenti di persone e merci. Particolarmente, ne soffriva l’esportazione dei prodotti locali, che avrebbe ricavato un enorme beneficio, dalla regolarità del servizio trasporto effettuato dalla nave a vapore “Calabrese”. Nella sua lunga lettera, il Serristori proponeva anche dei pacchetti turistici da abbinare a questa rotta, per esempio:
“(…) Ischia nella stagione dei bagni; Salerno, all’epoca della fiera di Settembre; Agropoli, in vicinanza di Pesto, nell’inverno quando è maggiore ľaffluenza dei forestieri in Napoli (…)”.
Quindi Agropoli, secondo il Serristori, sarebbe stato uno degli scali turistici da abbinare alla visita dell’antica Paestum. Siamo in pieno “Grand Tour”, così era chiamato nel XIX secolo, il viaggio intrapreso dai giovani rampolli delle nobili famiglie europee, con visite alle principali città d’arte italiane, comprese Napoli, Pompei e Paestum. La nave a vapore era una valida alternativa ai lunghi e avventurosi spostamenti da Napoli a Paestum e viceversa. In quel periodo, la Piana del Sele era dotata di una scarsa e pessima viabilità, risultava pericolosa per la presenza dei feroci briganti e da evitare giacché infestata dalle zanzare anofele, portatrici della Malaria.
Quindi questa inedita testimonianza ci racconta che nel 1817, i tour verso i nostri lidi, effettuati con navi moderne e veloci a vapore, sarebbero stati per i turisti più efficaci e sicuri. Sono passati duecento anni e, purtroppo, ci ritroviamo ogni Estate a protestare e a elemosinare per avere qualche Aliscafo dalla Regione Campania e ahimè, a pensarci bene, si stava meglio con il Re “Lazzarone”.