Ho trovato un articolo pubblicato da “Il Mattino” del 31 Agosto 1956, scritto da Michele Rinella, appassionato ed attento cultore di Agropoli. In un un paese che ambiva a diventare una meta turistica importante, il tormentone dei mesi estivi era: “Zoccoli di legno, Tricchete – Tracchete a tutte le ore”. Sull’articolo pesa un poco il fare borghese del Rinella, ma la sua sciolta, pungente e penetrante penna, ci lascia un appassionato quadro della nostalgica Agropoli turistica degli anni ’50. Vi lascio all’articolo di Michele Rinella, buona lettura. Agropoli 31 Agosto 1956,sulla ribalta delle larghe strade del centro, sui marciapiedi in cemento durissimo o in pietra viva delle vie secondarie o dei vicoli, passano squadre d’inzoccolati indifferenti, quasi assenti, al turbinio spietato del tricchete-tracchete delle loro rumorose calzature. All’alba te li senti venire da lontano come nacchere in coro di una folle danza spagnola. Il timbro aumenta sempre di più, giunge sotto la tua finestra come una samba infernale. O ti otturi le orecchie o devi sfogarti con qualche imprecazione. Ma…chi sono a quell’ora? Ragazzine, scugnizzi, piccoli vagabondi, pescivendoli, giovanotti che vanno al mercato; sono gli insaziabili mattinieri del mare, contadinelli, etc. tutta una folla che si aggira intorno ai prodotti del mare e della terra. Marciano, corrono, si precipitano nell’ora mattutina verso le rispettive mete, con un fracasso da squadrone di cavalleria pesante. Loro alleati sono gli autocarri, i camions, i motoscooters, con i motori a pieno regime, il coro dei clacson e quel vociare imperativo, quasi rabbioso, dispettoso, insultante, di questa umanità che potrebbe essere più…umana.Dalle dieci alle undici è l’ora del corso…mascherato. Dai bar Sarnicola, Cianfrone, Rossi, Di Luccio, Carola, Longo, disseminati sui lati delle arterie di transito obbligatorio, ti puoi godere lo spettacolo. Si va al mare ed il Carnevale impera nelle forme più adamitiche e più grottesche. Mamme e figliuole, anziane e signorine, in gara di curiosi indumenti: dai copricapi, ai bolerini svolazzanti sulle spalle e sui seni, molto poco coperti; dalle gonne immense, per le quali ci sarà occorsa una carretta di tela, ai calzoncini attillatissimi o mutandine molto aderenti.(…) Gli Zoccoli di Agropoli sono un’altra cosa: duri, larghi, piatti, massicci, sostenuti da una striscia di cuoio, che permette il necessario giuoco per il più rumoroso tambureggiamento sulle strade. A un gruppo…inzoccolato che baldanzosamente avanza, scalpitando, con rumore di cento cavalli in corsa per via Piave, ho chiesto: Perché tanto rumore? Non siete capaci di dominare un po’ i vostri…zoccoli? Uno di essi mi rispose per tutti: ”Questo nostro zoccolare, enfaticamente, rumoroso, dà una, anzi mille note di giovinezza al paese; senza questo ritmo jazz Agropoli sarebbe monotono, morirebbe come certe occhiate languide sull’asfalto dell’anima.(…) Vuol sapere di più, sarebbe un segreto ma…non importa. Il nostro zoccolare ha tante voci quanti sono i sentimenti. Si applaude, si deride…parolacce, giudizi, dichiarazioni, sono lì nel movimento della punta e del tacco dei nostri zoccoli. Non parliamo, zoccoliamo”. Un applauso di zoccoli, chiuse l’arringa del giovanotto.(…) Pietà ragazzi per gli ammalati; per i bambini che dormono; le mamme stanche di una giornata di lavoro domestico che invocano il riposo come una grazia del cielo; per chi ha bisogno di quiete e silenzio per concentrarsi in lavori celebrali. (…) Il vocabolario degli zoccoli adoperatelo, se non proprio con saggezza, almeno con quella opportunità che è indice di civismo, oltre che di buon cuore.