Simone, a cui Gesù cambia il nome in “Pietro” è un pescatore, originario di Betsaida, villaggio di pescatori situato a 3 km a nord del lago di Genesareth (o lago di Tiberiade o Mare di Galilea). I vangeli sinottici riferiscono la presenza di Gesù nella casa di Pietro a Cafarnao, città nella quale l’apostolo si trasferisce probabilmente dopo il matrimonio (scavi archeologici e presenza di graffiti del II secolo confermano il dato evangelico).
Pietro, figlio di Giona o Giovanni, e suo fratello Andrea, vengono chiamati da Gesù alla sua sequela. Nell’episodio della pesca miracolosa, Simone, che riceve da Gesù l’invito a prendere il largo ed a calare le reti per la pesca, inizialmente ostenta la sua incrollabile esperienza: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla” (Lc 5,5), poi, improvvisamente, si mette da parte per far spazio all’azione del Signore: “Ma sulla tua parola getterò le reti” (Lc 5,5). La quantità di pesce rimasto nella rete è tanta da dover chiedere aiuto agli altri pescatori. Gesù conferisce a Simon Pietro una sorta di investitura dal valore salvifico: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini” (Lc 5,10). Il Maestro lo chiama a tirare gli uomini fuori dal mare (che nell’antichità era il simbolo del male) e quindi a salvarli.
Gesù gli cambia il nome in “Pietro”. Mentre si trovano a Cesarea di Filippo, Gesù domanda ai discepoli di riferirgli le opinioni della gente sulla sua persona e Pietro, dopo aver fatto parlare tutti, esclama: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16). A quell’uomo che l’ha chiamato alla sua sequela, Simone confessa la fede nella sua identità messianica: “Tu sei il Cristo”. All’uomo che, ispirato dall’Alto, lo ha indicato come il Messia, Gesù proclama la sua nuova missione: “Tu sei Pietro” (Mt 16,18), ovvero gli conferisce il compito di essere la pietra (Kefa), la roccia su sui edifica la sua Chiesa.
Al pescatore di Betsaida Gesù consegna le chiavi del regno dei cieli con il compito di aprire e chiudere collegato ai due termini tecnici “legare” e “sciogliere”, ovvero condannare o assolvere (Mt 16,19).
Inoltre Pietro riceve da Gesù l’incarico di confermare nella fede i discepoli nel momento oscuro della sua passione (cf. Lc 22,32).
Ed è ancora a Pietro che Gesù, dopo la sua risurrezione chiede di svolgere il compito di pastore che dovrà guidare al pascolo il suo gregge e di nutrirlo (“pasci” in greco è espresso con due verbi che indicano l’azione di guidare e di dar da mangiare: cf. Gv 21,15-18).
Pietro è consapevole di questo suo ruolo singolare di cui Gesù lo rende destinatario, infatti nei vangeli lo si evince non solo dall’atteggiamento di Gesù verso Pietro ma anche dal comportamento di Pietro e degli altri apostoli che non contestano affatto questo ruolo preminente.
Nei quattro elenchi con i nomi dei Dodici apostoli, contenuti nel Nuovo Testamento, il nome di Pietro è sempre posto per primo, anzi l’evangelista Matteo lo dice esplicitamente “Primo (o protos), Simone, chiamato Pietro” (Mt 10,2-4), non per l’anzianità anagrafica o di servizio, ma per il suo ruolo.
Questo ruolo si fa ancora più evidente nel libro degli Atti degli Apostoli dove Pietro assume l’iniziativa della sostituzione di Giuda (At 1,15-26) e nel discorso il giorno di Pentecoste (At 2,14-36).
Pietro ha il dono di operare miracoli suscitando entusiasmo tra il popolo e preoccupazione nel Sinedrio. Viene interrogato, deriso, percosso, imprigionato e miracolosamente liberato.
Giunge a Roma, anche se non si conosce esattamente l’anno del suo arrivo, ed è il primo vescovo della città.
Egli subisce il martirio tra il 64 ed il 67 d.C. durante la persecuzione dei cristiani ordinata da Nerone.
Una leggenda abbastanza nota narra dell’incontro tra Gesù e Pietro mentre questi si appresta a lasciare Roma per sfuggire alla persecuzione neroniana. Alla domanda di Pietro “Domine, quo vadis?” (“Signore, dove vai?”), il Signore risponde di essere diretto a Roma per morirvi di nuovo (lungo la via Appia, presso le catacombe di San Callisto, c’è la chiesetta del “Domine qui vadis” che ricorda quest’evento). Pietro, allora, ritorna nell’Urbe dove viene imprigionato. Condannato alla morte di croce chiede di essere crocifisso con il capo all’ingiù non ritenendosi degno di morire allo stesso modo di Gesù.
San Paolo
Paolo di Tarso, il cui nome di nascita è Saulo, è chiamato l’apostolo delle genti, perché il principale artefice della diffusione dell’annuncio evangelico tra i pagani greci e romani.
È un ebreo ellenizzato che gode della cittadinanza romana. Non conosce personalmente Gesù, pur essendo un suo contemporaneo. Prova una profonda avversione perso il nascente cristianesimo al punto da ordire la persecuzione dei suoi seguaci.
San Paolo nasce a Tarso, in Cilicia, attuale Turchia, intorno al 4 d.C. da una ricca famiglia ebrea, della tribù di Beniamino. Egli godeva della cittadinanza romana, un privilegio che comportava notevoli vantaggi economici, politici, fiscali e giuridici. Come tutti gli ebrei conosce l’ebraico; conosce il greco, in cui scrive le lettere; e, in quanto cittadino romano, conosce anche il latino. Egli dimostra di possedere una buona formazione greco-ellenista (come si evince da alcuni passaggi delle sue lettere) ed una solida preparazione scritturistica, provenendo dalla nota scuola del rabbino Gamaliele.
Il suo esordio nel Nuovo Testamento avviene in occasione della lapidazione di Santo Stefano, il primo martire cristiano (nel 35) alla quale non partecipa direttamente ma figura come “custode dei mantelli” dei lapidatari (cf. At 7,58; 8,1; 22,20). Egli ricopre un ruolo di rilievo presso le alte sfere religiose ebraiche, relativamente alla persecuzione dei cristiani, come testimoniano numerosi passi degli Atti degli Apostoli e delle lettere. Poi sulla via di Damasco avviene l’evento prodigioso e sconvolgente: la sua conversione. Da fariseo zelante egli si fa autorizzare per recarsi a Damasco a trarre in arresto i cristiani presenti in quella città, ma ad un tratto viene abbagliato da una grande luce ed ode una voce che gli dice: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”. Egòi domanda: “Chi sei Signore?”. E la voce: “Io sono Gesù, che tu perseguiti” (At 9,1-9).
Saulo perde la vista e viene portato per mano a Damasco. Qui rimane per tre giorni senza mangiare e senza bere finché riceve un ulteriore segno. In un sogno il Signore appare simultaneamente a Saulo e ad un uomo di nome Anania che ha il compito di liberare Paolo dalla cecità fisica e spirituale. Una volta guarito Paolo inizia la sua instancabile opera di apostolato con la fondazione di diverse comunità e il compimento di molti viaggi. Viene accusato di aver profanato il Tempio introducendovi un pagano e viene arrestato. Egli chiede di essere giudicato da un tribunale romano e così viene condotto a Roma, ma il processo non si svolge perché i suoi accusatori non arrivano. Viene così liberato ma successivamente viene condannato a morte in quanto cristiano per decapitazione (la crocifissione non era prevista per i cittadini romani). La sua esecuzione avviene in una località chiamata “Palude Salvia” che oggi ospita la Chiesa delle tre fontane. La tradizione tramandata narra che, dopo la decapitazione, la testa dell’apostolo abbia rimbalzato tre volte per terra prima di fermarsi e che ad ogni balzo sia scaturita una sorgente d’acqua: una calda, una tiepida ed una fredda e che nel tempo abbiano conservato queste caratteristiche.
I cristiani prensono il suo corpo e lo seppelliscono sulla via Ostiense, dove in seguito viene edificata la Basilica di San Paolo fuori le mura.
Il culto
La più antica testimonianza circa la sepoltura a Roma dei due Apostoli si trova in un passaggio dell’opera dello storico cristiano, Eusebio di Cesarea, che riporta la testimonianza del presbitero Gaio, del II secolo.
Insieme a san Giovanni Battista sono i santi più ricordati e celebrati con grande solennità.
A san Pietro sono attribuiti numerosi patronati: è patrono dei fornai, dei navigatori, dei costruttori di ponti, dei pescatori, dei mietitori, dei calzolai, dei costruttori delle reti da pesca e delle navi; inoltre è patrono della longevità e del papato. È patrono di moltissime città italiane ed europee.
A san Paolo viene attribuito il patronato dei cordai, dei cestai, dei giornalisti, dei missionari, dei vescovi. È patrono di due stati: Grecia e Malta. Inoltre ha il patrocinio di due città importanti: Roma e San Paolo.
Nell’iconografia san Pietro è sempre raffigurato con in mano le chiavi e con una croce posta sulle spalle a ricordo del suo martirio. San Paolo è rappresentato con il rotolo o in libro in mano e spesso compare la spada che è simbolo sia del suo passato di persecutore che del suo martirio.
Diverse comunità cilentane sono poste sotto il patrocinio degli Apostoli Pietro e Paolo, oltre alle tante chiese a loro intitolate.
Così i fedeli invocano la protezione del principe degli apostoli:
“Della Chiesa, o gran petra, o colonna,
che per urti non piega, non cede,
deh, ci assisti non abbia la fede
dell’errore mai scossa a temer”.
Ugualmente durante il tempo della novena i fedeli innalzano ferventi la voce per chiedere grazie ed intercessione:
“Ogni fedele canta
La gloria dei patroni
San Pietro ha tutti i doni
La fede e santità.
La Chiesa esulta oggi
Lodando la pazienza
di Paolo la sapienza
lo zelo e carità.
O cari protettor
Gli agropolesi in coro
Vi giurano eterno amor” (2x).
In preparazione del 40 anniversario dell’elevazione di San Costabile a compatrono della Diocesi di Vallo della Lucania, che si celebrerà il prossimo anno, viene organizzata una sorta di “peregrinatio” dell’immagine del Santo portata nei luoghi più significativi della sua vita. Così in occasione dei festeggiamenti in onore dei santi Pietro e Paolo la statua di san Costabile viene ospitata ad Agropoli.
Pietro e Paolo si celebrano (talvolta singolarmente) anche in altre località del territorio, come a San Pietro al Tanagro, Torraca e Cuccaro Vetere. Esistono chiese dedicate a questi santi anche a Montesano Scalo, Stio, Monteforte Cilento, San Pietro di Perdifumo, Capaccio Capoluogo.
Buona festa a tutti ed auguri di buon onomastico a quanti portano il nome degli apostoli Pietro e Paolo.