Protettore dei ballerini, dei sordo-muti, degli animali. È patrono di molte città e paesi e numerose località portano il suo nome. San Vito è venerato in tutta Europa ma in special modo nell’Italia meridionale. Nel Cilento poi il suo culto trova larga diffusione a motivo degli elementi biografici che legano il Santo al territorio cilentano.
La vita di San Vito
San Vito nasce nel 286 a Mazara, antica città della Sicilia occidentale, dal padre Ila, pagano e di nobile stirpe, e da Bianca, virtuosa matrona cristiana. Pochi giorni dopo la nascita san Vito rimane orfano di madre ed il padre lo affida alle cure della nutrice Crescenzia, donna nobile e cristiana. Sin da piccolo gli viene destinato un precettore, Modesto, affinché venisse precocemente istruito. Crescenzia e Modesto educano il bambino alla fede cristiana ed i suoi progressi nelle virtù evangeliche li convincono ad assecondare il desiderio di San Vito di ricevere il battesimo.
Il padre venuto a conoscenza della fede abbracciata dal figlio, usa tutti i mezzi per distoglierlo e per riportarlo al culto degli dei, compresa la denuncia del figlio alle autorità imperiali.
San Vito viene condotto davanti al tribunale di Valeriano, governatore della Sicilia e braccio secolare del più feroce dei persecutori, l’imperatore Diocleziano.
Valeriano dapprima interroga il ragazzo con le buone maniere, poi passa alle minacce allo scopo di allontanarlo dalla fede cristiana e riportarlo al culto degli dei dell’impero e ordina che venisse flagellato con le verghe. Secondo la storia tramandata, nel momento in cui Valeriano tende il braccio per far eseguire l’ordine, questi viene fulmineamente colpito da paralisi e che riprende l’uso del braccio in seguito all’intercessione di San Vito.
Fortemente turbato, Valeriano riconsegna il ragazzo al padre, il quale non desiste dall’idea di distogliere il figlio dalla fede cristiana, anche ricorrendo alle torture.
San Vito decide allora di lasciare di nascosto la casa paterna, in compagnia di Crescenzia e di Modesto, e di imbarcarsi su una nave, ormeggiata in un lido vicino. Guidati dall’Angelo del Signore, in veste di nocchiero, raggiungono Capo Egitarso (oggi San Vito Lo Capo). San Vito, in compagnia dei suoi educatori, attraversa diversi luoghi della Sicilia, compiendo numerosi miracoli nel nome di Gesù, tra cui la risurrezione di un ragazzi sbranato e ucciso dai cani.
Con Modesto e Crescenzia, San Vito lascia la Sicilia e s’imbarca su una nave. Nutriti da un’aquila che porta loro acqua e cibo, i tre sbarcano alla foce del fiume Sele sulle coste del Cilento. Qui san Vito continua ad operare miracoli e a testimoniare la sua fede mediante miracoli e prodigi.
Ma la sua opera fa troppo rumore in un tempo di persecuzione e così viene rintracciato dai soldati che lo arrestano e lo conducono al cospetto di Diocleziano. L’imperatore lo aveva fatto arrestare per ottenere la guarigione del figlio, affetto da epilessia. L’intercessione di San Vito ottiene il miracolo ed il ragazzo guarisce.
Diocleziano per tutta risposta, come ricompensa, ordina di far torturare San Vito. Viene immerso in un calderone di pece bollente, ma il ragazzo esce illeso; allora viene gettato fra i leoni che invece di sbranarlo si ammansiscono ai suoi piedi; infine i torturatori appendono i tre cristiani Vito, Modesto e Crescenzia, ad un cavalletto, ma mentre le loro ossa vengono straziate, c’è un gran terremoto che frantuma le statue degli idoli. Un gruppo di angeli libera le tre vittime della furia persecutoria e le trasporta presso il fiume Sele, sulle cui sponde muoiono per sfinimento il 15 giugno del 303.
Il culto
San Vito è venerato anche come San Vito Martire o San Vito di Lucania. Il suo culto è diffuso in tutta Europa, ma soprattutto nell’Italia meridionale e nel Cilento.
Secondo una tradizione le reliquie di San Vito vengono raccolte e sepolte da una principessa di nome Fiorenza. Mentre ella si trova in balia di una tempesta nel fiume Sele, chiede aiuto a Dio che le invia in soccorso San Vito. Il Santo la salva e la invita a dare degna sepoltura ai suoi resti e a quelli dei suoi compagni Modesto e Crescenzia. La principessa esaudisce questa sua richiesta seppellendo i corpi dei tre cristiani vicino al fiume Sele.
Quasi al centro della Pianura del Sele si trova la Chiesa di San Vito, che viene ricordata come la più antica del territorio. L’esistenza della Chiesa di San Vito trova conferma in un documento del 1042 in cui è annoverata tra i beni della Chiesa salernitana.
Una cappella dedicata a San Vito si trova anche a Felitto, a confine tra il territorio di Felitto e di Bellosguardo. Secondo alcuni questa cappella era stata edificata sul luogo del martirio di San Vito.
Sono oltre 150 le città italiane ed europee che vantano di possedere reliquie del giovane martire cristiano.
In particolare nella chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo a Pisciotta è custodita un’ampolla di vetro contenente il sangue di San Vito che ogni anno si scioglie in occasione della festa del 15 giugno. Tra le città che lo hanno eletto a protettore c’è anche Sapri.
Nelle immagini iconografiche San Vito è raffigurato in diversi modi che rimandano ad episodi della vita o del martirio. L’elemento comune a tutte le raffigurazioni è la giovane età del martire. Viene rappresentato come un giovane vestito con la toga praetexta (a ricordare le sue nobili origini romane) e con accanto un cane (richiamo al miracolo della risurrezione del ragazzo morso dai cani o al miracolo del grano); oppure con ai piedi un leone (per ricordare le fiere che al momento delle torture si ammansiscono ai suoi piedi).
Altre volte è raffigurato immerso in un calderone (per ricordare la tortura alla quale era stato condannato).
Nella maggior parte dei casi è raffigurato in piedi con in una mano una croce (segno della sua fede in Gesù e della forza della Croce per scacciare i demoni) e nell’altra la palma del martirio.
In alcune immagini viene anche rappresentato con in mano un mazzetto di grano in ricordo di un avvenimento legato alla vita dei campi.
Le tradizioni
Si racconta che un giorno san Vito sta passeggiando con Gesù per i campi di grano e ad un certo punto Gesù afferra una spiga e, con l’intenzione di punire la cattiveria degli uomini, inizia ad eliminare i chicchi di grano che prima erano diffusi lungo tutto lo stelo. San Vito esclama: “Gesù ricordati dei cani”. Gesù si ferma e così lascia maturare quel che rimane dei chicchi nella parte alta della pianta. Il grano è salvo per i cani e anche per gli uomini.
Anche a motivo di questa storia san Vito è raffigurato in compagnia di un cane o con in mano un mazzetto di spiche di grano.
I contadini di Capaccio, la mattina del 15 giugno, raccolgono dei mazzetti di spiche di grano e li portano in chiesa per la benedizione e poi una parte la mettono al centro della tavola durante il pranzo della festa ed un’altra parte viene lanciata nei campi col desiderio di ricevere la grazia di avere un campo ricco di grano.
Un’altra tradizione è quella dei “taralli di San Vito”, anche questa legata alla storia del grano. In occasione della festa del 15 giugno a Felitto e Bellosguardo vengono preparati i taralli e distribuiti lungo le soste effettuate dalla processione dei pellegrini che si recano alla cappella.
La preghiera
“Scendi dall’alto imperio nel campo della Chiesa,
san Vito, alla difesa di chi t’invocherà”
Durante la novena i fedeli invocano la potente protezione di San Vito. Con ardente fede, quasi in punta di piedi, invocano la sua potente e sicura intercessione:
“Amabilissimo giovane e glorioso Protettore san Vito,
gradite vi prego con l’amabilità del vostro genio,
la piccolezza dei nostri ossequi e con la grandezza dei vostri meriti,
date valore alle nostre suppliche”.