Museo nella galleria di Velia: le perplessità della senatrice Corrado

"Trasformare la galleria borbonica, richiederebbe, a prescindere dalla sensatezza o meno dell’idea, con un’alterazione sensibile del contesto"

Di Costabile Pio Russomando

Dopo il Codacons Cilento anche Margherita Corrado, senatrice del Gruppo Misto, esprime perplessità sull’ipotesi di un museo in una galleria dismessa. Accade a Velia. Il Parco Archeologico ha già ottenuto un finanziamento per 7,6 milioni di euro (accordato con riserva).

Il tunnel in questione – osserva la Senatrice – è legato al tracciato ferroviario ottocentesco (ma post-unitario) che lambisce l’antica città magnogreca in agro di Ascea ma è stato dismesso per la realizzazione della nuova strada ferrata, che corre parallela alla vecchia, e di una nuova galleria. Lungo ca. 250 metri e costruito con i tipici mattoni rossi cilentani dell’epoca, fu acquistata ed era in uso alla Soprintendenza per ricoverarvi i reperti archeologici provenienti dagli scavi di Elea-Velia e dal territorio afferente. L’accesso è esterno alla recinzione dell’area archeologica ma al momento, per ragioni di sicurezza, possono entrarvi solo gli addetti ai lavori, e non più di 5 per volta, seguendo le rigide prescrizioni dei Vigili del Fuoco. All’interno della galleria borbonica, infatti, il tasso di umidità è molto alto, anche a causa della scarsa circolazione dell’aria, resa ancora più difficoltosa dallo sbarramento dei due imbocchi, che rappresentano le uniche aperture”.

Considerazioni, queste, che portano l’on. Margherita Corrado a mostrare più di qualche perplessità per la proposta di un museo nella galleria di Velia: “Trasformare la galleria borbonica, che per età è anch’essa un bene storico, in uno spazio espositivo visitabile, richiederebbe, a prescindere dalla sensatezza o meno dell’idea – il traforo è largo pochi metri, privo di luce naturale e scarso di aria –, interventi molto invasivi sia sul manufatto sia sullo strato di roccia soprastante (spesso oltre 50 metri), con un’alterazione sensibile del contesto, interventi che, oltre a vanificare gli sforzi finanziari già sostenuti per adibirla a deposito, la assoggetterebbe ad una ulteriore forzatura funzionale.
Si vocifera con insistenza, inoltre, che per servirla e raccordarla all’acropoli il progetto preveda la costruzione di un ascensore , iniziativa impensabile solo qualche anno fa ma oggi sdoganata automaticamente, è il caso di dirlo, da quel diritto alla piena accessibilità che gode di risorse ingenti ma dovrebbe trovare il suo limite nel buon senso e nell’interesse superiore di salvaguardare l’integrità del paesaggio cilentano, specialmente all’interno di un Parco naturale e sito Unesco”.

Poi avanza ulteriori sospetti: “La ‘mitologia’ locale sembra avere già avuto il sopravvento: imminenti lavori di scavo, per un importo di 300.000 euro, si concentreranno proprio sul declivio tra l’imbocco del tunnel e la sommità dell’acropoli. Il dubbio che quelli in programma siano sondaggi preventivi alla realizzazione dell’ascensore panoramico e annessi è legittimo e le associazioni locali di cittadinanza attiva fanno benissimo a mettersi in allerta preventiva appena all’orizzonte si profila un nuovo pericolo per il PAEVE, poiché se l’aspirazione a dotarsi di un museo nazionale è legittima e condivisibile, né il denaro pubblico può essere sprecato, certe recenti esperienze infelici a Velia come a Paestum confermano che sempre prevenire è meglio che curare”, conclude la senatrice.

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