Traffico di droga nel Cilento: confermate condanne per il clan Rossi

Spaccio di droga nel Cilento, arrivano le decisioni della Corte di Cassazione per la banda che aveva al vertice Umberto Rossi

Di Carmela Santi

Spaccio di droga nel Cilento. Confermate in terzo grado le condanne ai componenti del clan Rossi. La Cassazione ha respinto i ricorsi presentati dopo le condanne in appello e per 16 spacciatori si sono aperte le porte del carcere di Fuorni. Dovranno scontare tutte le condanne definitive, passate in giudicato, che vanno dai 2 ai 15 anni di reclusione.

La banda che operava principalmente a Capaccio Paestum era ramificata anche ad Agropoli, Castellabate e in vari comuni del Cilento. L’organizzazione fu sgominata dai carabinieri di Agropoli in due distinte operazioni, denominate New family 1-2, messe a segno nel 2016 e 2017, dirette dell’allora capitano Francesco Manna.

A capo della banda c’era il 73enne Umberto Rossi (14 anni e 8 mesi) e suo figlio 35enne Giancarlo Rossi (15 anni e 4 mesi), originari di Acerra e già detenuti. Insieme a loro la Cassazione ha confermato le condanne per il 38enne Salvatore Maresca (14 anni e 9 mesi), il 32enne Roberto Maresca (4 anni per il quale decadde l’accusa di associazione), del 27enne Gianluigi Strianese (4 anni e 8 mesi), del 37enne Francesco Rossi (5 anni e 4 mesi), del 32enne Marco Di Mieri (9 anni e 4 mesi), del 35enne Raffaele Russo (6 anni e 8 mesi), del 29enne Marco Grimaldi (11 anni), del 45enne Mario Menichini (6 anni), del 45enne Carmine Marrazza (6 anni e 8 mesi), del 31enne Costantino Leo (6 anni e 8 mesi), del 27enne Antonio Buonora (8 anni), del 40enne Saleh Errechaiech (2 anni e 6 mesi) e del 38enne Lucido Valentino Venturiello (6 anni).

Nei ricorsi presentati e respinti, i legali difensori hanno cercato di sminuire i rapporti di ogni imputato con i vertici del sodalizio criminale, rifuggendo dal vincolo associativo dopo le durissime pene comminate in primo grado e di poco ridotte in appello: a incastrarli, però, le confessioni di un pentito della banda, una vasta mole di intercettazioni, la significativa quantità di droga sequestrata nel corso delle indagini e la partecipazione attiva al sostentamento del detenuto, Giancarlo Rossi, mediante versamento di una quota fissata per il mantenimento.

Il clan retto dai Rossi figlio e padre, noto come Umberto «’o napulitano» ed ex reggente locale della Nco, aveva assunto il monopolio dello spaccio nella città dei Templi avvalendosi di una radicata rete di pusher e connivenze. In alcuni casi, svelati episodi in cui gli affiliati ricorrevano all’uso di armi per intimidire piccoli spacciatori che agivano in proprio, e organizzare estorsioni ai danni di aziende locali. La fitta rete di spaccio si estendeva attraverso i corrieri fino al basso Cilento.

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