La sua penna satirica, arguta, pungente ma al tempo stesso romantica e struggente si rivelò presto, allorquando a soli 15 anni, il 2 maggio 1936, ricevette una “onorevole menzione” dal preside del Regio Liceo-Ginnasio “Principe di Piemonte“, che lui frequentava a Sala Consilina dove il padre svolgeva le funzioni di segretario generale del Comune.
L’attestato che ricorda l’evento è li, in bella cornice nella sua casa di via Tenente Gino Landolfi ad Agropoli, insieme ad innumerevoli altri riconoscimenti tributati negli anni alla sua poesia da tante istituzioni culturali, e custoditi amorevolmente dalla moglie Maria Grazia e dalla figlia Carmen.
Vincenzo Landolfi, agropolese purosangue come lui amava definirsi, nacque il 19 marzo 1921 nella casa paterna del borgo antico, primo figlio maschio di Luigi Landolfi e Carmela Pecora, ma eventi anche dolorosi lo portarono presto ad allontanarsi e ad Agropoli rientrò stabilmente solo quarant’anni dopo, trascorrendovi poi le stagioni della maturità e della vecchiaia, fino alla morte avvenuta il 21 novembre 2014 all’età di 93 anni.
Era uno straordinario osservatore di tutto ciò che lo circondava, e qualsiasi cosa – una banale notizia di cronaca, un piccolo evento familiare, una reminiscenza del passato o un grande accadimento epocale – accendeva in lui la scintilla che lo portava a scrivere, fissando le sue argutissime impressioni in una metrica infallibile e con uno stile irriverente che ricordano molto quelli del grande poeta Trilussa.
Anche in famiglia la sua penna era amata e temuta, croce e delizia, ed ogni evento ne veniva immancabilmente immortalato, rendendo la lettura dei suoi versi il momento più atteso e divertente di ogni riunione familiare.
Nella bella stagione trascorreva interminabili giornate sulla sua piccola barca tra il Vallone e Punta Tresino; amava incredibilmente il Cilento al quale ha dedicato liriche memorabili soprattutto nell’ultima stagione della sua lunga vita, allorquando il tratto tradizionalmente satirico aveva pian piano lasciato campo a quello più struggente e malinconico.
La cultura classica, profonda e costantemente coltivata, rende i versi delle sue composizioni fluidi e fascinosi, e la lettura della sua bellissima antologia “La Risacca“, pubblicata nel 2008, consente di intraprende un viaggio piacevolissimo nel tempo e nello spazio che porta a scoprire – dal singolarissimo angolo visuale del Poeta – posti ed eventi ignoti e lontani, ma anche i luoghi del cuore, le meraviglie del Cilento e dei suoi borghi, ed a rivivere i giorni più significativi della nostra storia recente locale e nazionale; in tutto 175 liriche suddivise in cinque ben distinte sezioni.
“La Risacca” è un’opera dove c’è tutta la straordinaria capacità di questo Figlio di Agropoli di osservare ciò che ha vissuto e provato, con sguardo disincantato, ironico, spesso irriverente, ma sempre schietto; specchio fedele della sua personalità mai banale che non conosceva ipocrisia e conformismo, e che faceva di lui anche un formidabile e piacevolissimo conversatore, capace di rapire l’attenzione e di stupire i suoi interlocutori.
Non apprezzava ciò che oggi si definisce il “politically correct“, lontano anni luce dalla sua disarmante franchezza di modi e di pensiero; e questo suo essere vero fino al midollo, oggi così raro, a 100 anni dalla nascita ce lo fa ricordare, rimpiangere ed amare ancora di più. Attilio Pecora