La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della Procura Generale della Corte di Appello di Potenza ed annullato la sentenza di assoluzione pronunciata in secondo grado nei confronti di una donna finita sotto processo con l’accusa di aver provocato otto anni fa, insieme ad altre persone, l’incendio di un esercizio commerciale ubicato a Sala Consilina, nonché di un’autovettura e di uno scooter, al fine di chiedere il risarcimento dei danni ad una compagnia di assicurazioni. I giudici di secondo grado avevano assolto la donna dal reato di incendio e dichiarata colpevole del delitto di favoreggiamento condannandola, con la concessione delle attenuanti generiche alla pena di due anni di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale della pena. La Corte di Appello ha invece condannato a due anni e 4 mesi di reclusione un uomo di per i reati di incendio e danneggiamento fraudolento di beni coperti da assicurazione.
I fatti risalgono al 2013 quando una terza persona, giudicata separatamente con un’autovettura e con essa aveva sfondato la vetrina dell’esercizio commerciale, introducendosi all’interno con il veicolo al quale aveva poi dato fuoco. Stando a quanto emerso durante le indagini l’uomo si era recato sul posto con il compito di prelevare la persona che era alla guida dell’auto, la donna invece “aveva rafforzato ed agevolato l’esecuzione del proposito criminoso dei correi – si legge nella sentenza della Cassazione – fornendo, nelle varie occasioni in cui era stata escussa dalla polizia giudiziaria, una mendace ricostruzione delle cause e delle dinamiche dei fatti, sostenendo di avere perso il controllo dell’auto che, in conseguenza di un guasto al motore, aveva preso fuoco, di essere uscita dalla sede stradale e di avere sfondato la vetrina dell’esercizio commerciale, cagionando l’incendio del negozio e di uno scooter parcheggiato”.
La donna è stata imputata anche per il reato di danneggiamento di beni coperti da assicurazione, commesso in concorso con altre persone, in seguito alle richieste di risarcimento danni avanzate nei confronti della Compagnia Assicuratrice dell’auto utilizzata per sfondare la vetrina dell’attività commerciale e per tutti era arrivata in primo grado la condanna a quattro anni di reclusione. La Corte di Appello aveva escluso la responsabilità della donna per il delitto di incendio, non risultando in quale modo l’imputata avesse rafforzato o agevolato l’esecuzione del reato. Il Procuratore generale presso la Corte di Appello di Potenza ha presentato ricorso in Cassazione deducendo l’illogicità della motivazione della sentenza impugnata perché “non era logico – si legge nel ricorso – ritenere che la donna fosse presente sul posto casualmente e, ciò nonostante, avesse subito accreditato la falsa versione dell’evento accidentale, perché il suo ruolo era già preordinato; ella aveva assistito alla condotta della persona che era alla guida dell’auto che aveva sfondato la vetrina e l’aveva incendiata. I giudici di terzo grado hanno ritenuto fondato il ricorso del Procuratore Generale e lo hanno accolto annullando la sentenza di assoluzione con il rinvio degli atti alla Corte di Appello di Salerno per nuovo giudizio.