Pisciotta, scrigno impreziosito da architetture ed echi storici di incredibile risonanza, omaggia questo Natale 2020 con l’elemento che più ne richiama i percorsi, le luci, la struttura … le atmosfere: il Presepe che in tale borgo respira un’evidenza perenne, sospesa tra magia e bellezza. Giunti nell’area del parcheggio, deposti i mezzi moderni della corsa veloce, appare un primo invito a contemplare il miracolo della Cristologia fantasia vita. È un dimesso benvenuto a chi entra, passa o ritorna. A chi ritrova nel borghetto medievale la sua ideale capanna accogliente.
Pochi elementi sussurrano al cuore ciò che, in questo evo di incertezze e immobilismo, ha il confortante suono delle rassicurazioni: il calore della famiglia, lo stupore per le piccole e semplici cose e, ancora più, l’intensità di un silenzio che non è vuoto, ma intriso di riflessione.
Laddove le evidenze della modernità sfumano a favore di un viaggio a ritroso nel tempo, cioè nel Centro Storico, altri due Presepi accarezzano lo sguardo del passante, attraverso la porta a vetro della settecentesca Cappella di San Michele. Offrono un abbraccio sensoriale e psichico, proprio quando la fisicità diretta appare preclusa.Adagiati su due vecchie sedie, quasi a voler rammentare artigiani assorti nel loro minuzioso lavoro, queste Natività condensano tutta la nostra viscerale cilentanità, declinandola in sughero, percorsi tortuosi tra stoffe e chiodi, vita rurale, compostezza e preghiera.
A ben guardare, ci ritroviamo il potente – ma essenziale – linguaggio dei sentimenti che da sempre ci appartiene e rappresenta. Nella Natività, ripresa a sinistra, un tenero appello all’amore. Amore come accudimento senza pretesa. Amore come missione quotidiana che si alimenta da sè, senza eccessi di sforzo e sfarzo.
L’iter presepiale si completa nella Madonna della Mercede, altra tappa squisita di storia e devozione. Qui, dove l’arte raffinata di alte maestranze si fonde con l’orgoglio popolare di un altare mariano Pi tutt’a gendi, ci parla una natività dai tratti inediti. Mentre Maria, spossata dal parto e dal lungo peregrinare, dorme, lo sposo Giuseppe veglia sul piccolo. Ci racconta un appello alla collaborazione domestica. Narra l’importanza di una società paritaria, in cui ruoli e responsabilità prevaricano rovinose differenze di genere. Evidenzia il valore della genitorialità, capace di offrire forza e protezione, oltre il peso dell’individualismo. Urla un solenne no ai mali della superficialità! Parla, tra dialetto e segni del corpo, di un c’era un Natale pisciottano che ancora stupisce.