La vita di San Pio da Pietrelcina fu costellata da sofferenze fisiche e spirituali, che non gli impedirono di aiutare il prossimo, elevando le sue preghiere al Signore e alla Vergine Maria. Malattie e infermità sparite, senza alcuna spiegazione medica, a uomini e donne, che prima di rivolgersi a Padre Pio, erano stati sottoposti a operazioni chirurgiche e a terapie di vari tipi, che non avevano recato beneficio. Un miracolo famoso fu quello di una donna polacca, per la quale, l’allora Arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyla, poi diventato Papa Giovanni Paolo II, chiese a Padre Pio d’intercedere per guarirla da un terribile male.
In questo articolo vi racconterò la storia del ferroviere Raffaele Bencardino e del Miracolo ricevuto da San Padre Pio nel Natale del 1954, nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni Rotondo. Miracolo che fu inserito, grazie alla testimonianza della figlia Rosaria, negli atti del Processo di Beatificazione di Padre Pio presso la Congregazione delle Cause dei Santi. Il Miracolo è stato pubblicato nel libro di Renzo Allegri “Padre Pio, un Santo tra noi“, nonché da numerosi siti (mondoitaliano.net – blog di Padre Pio – Coluichesono Blog – Miracoli di San Pio da Pietrelcina). Grazie alle testimonianze dei nipoti, sono riuscito a ricostruire la vita di Raffaele Bencardino e dei fatti che lo condussero a ricevere la miracolosa guarigione. Egli nacque il 10 settembre 1904 a Belvedere Marittimo. Nel 1936, come riservista, militò nelle file dell’esercito italiano impegnato nella Guerra Civile di Spagna. Nel 1940 fu assunto dall’Azienda Autonoma delle Ferrovie dello Stato e trasferito prima ad Albanella e poi a Paestum, con la qualifica di Capo Cantoniere sulla tratta Ferroviaria Agropoli – San Nicola Varco. Sposò Maria Vittoria Impieri ed ebbero nove figli, di cui sei nati in Calabria e tre ad Albanella. A Paestum, la famiglia Bencardino abitava nella casa cantoniera ferroviaria, adiacente al passaggio a livello.
Raffaele Bencardino era un uomo pieno di vitalità e di energia, non si fermava dinanzi a nessuno ostacolo. Combatteva giornalmente contro le insidie della terribile Malaria, che affliggeva all’epoca la Piana di Paestum, e lavorava duramente per sostenere la sua numerosa famiglia. Durante la Seconda Guerra Mondiale, quando i combattimenti si spostarono sul fronte italiano, egli continuò a svolgere il suo lavoro di capocantiere sulla linea ferroviaria. Più volte rischiò la vita per i continui raid aerei americani condotti contro le tradotte militari tedesche, che si intensificarono in occasione dello sbarco alleato sulla costa di Paestum. Nel 1954, fu colpito da un’improvvisa paralisi, che lo scosse e turbò profondamente. Le numerose visite specialistiche effettuate dai medici della Ferrovia, non avevano dato una diagnosi chiara e precisa sulla causa della paralisi e su come curarla.
Vengo alla testimonianza della figlia Rosaria, sposata ad Agropoli con Giovanni Giubileo, devotissima di San Padre Pio e della Madonna. Si recava spesso a San Giovanni Rotondo e a Lourdes, con i Pellegrinaggi organizzati da Padre Giacomo Selvi. La signora Rosaria ci ha lasciato nel 1999. La sua testimonianza fu raccolta negli anni ottanta del Novecento, da Padre Gerardo Di Flumeri, vice postulatore della causa di Beatificazione di Padre Pio. “Nel 1954 – raccontò la signora Rosaria presente al Miracolo – mio padre, ferroviere, si ammalò di una strana malattia che gli immobilizzò gli arti inferiori. Vana risultò ogni cura ed il posto di lavoro stava per essere compromesso. Poiché la situazione peggiorava, uno zio consigliò a mio padre di andare a San Giovanni Rotondo, dove viveva un Frate cappuccino al quale il Signore aveva donato speciali carismi. Con tanta difficoltà mio padre giunse nel piccolo centro sul Gargano, accompagnato e sorretto da questo zio. In chiesa incontrò Padre Pio il quale, vedendo in che modo si trascinava tra la folla, disse a voce alta: < Fate spazio a Raffaele, il ferroviere! >. Eppure non conosceva mio padre, né sapeva che egli era ferroviere. Per qualche minuto Padre Pio si intrattenne in fraterno colloquio con papà. Gli appoggiò una mano sulla spalla, lo confortò con un sorriso e gli rivolse parole d’incoraggiamento. Quando mio padre si allontanò da lui, non si accorse di essere stato improvvisamente guarito. Camminava normalmente e mio zio lo seguiva sorpreso, stringendo tra le mani i due bastoni che non servivano più”. Raffaele Bencardino, nei giorni successivi, si recò a Reggio Calabria per una visita di controllo e i medici della Ferrovia, sbalorditi, non riuscivano a spiegarsi quell’improvvisa guarigione. Seguirono anni felici per la famiglia Bencardino, ma per una tragica fatalità il 21 gennaio 1956, investito da un treno a poche centinaia di metri da casa, Raffaele morì mentre svolgeva, con la solita abnegazione e precisione, il suo servizio di Capo Cantoniere delle Ferrovie dello Stato sulla tratta Agropoli – San Nicola Varco.