Covid e calcio: “mi fermo per tutelare la mia famiglia”

Il racconto della cilentana Petronilla Di Luccia

Di Arturo Calabrese

L’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 ha cambiato le vite degli italiani. Sono tante le storie che si rincorrono ed ognuna di esse ha una propria importanza, anche quelle che al cospetto di altre paiono semplici aneddoti di piccoli fatti della quotidianità. Al netto dei casi estremi, il Coronavirus e questo particolarissimo 2020 saranno ricordati per sempre e rimarranno nella mente di ognuno come pietre miliari dell’esistenza. Nel mare magnum di fatti e accadimenti, si diceva, ci sono anche piccole storie grazie alle quali la pandemia, la più grande anormalità dal dopoguerra ad oggi, diventa semplice normalità con i volti di persone comuni.

È il caso di una promettente calciatrice cilentana 24enne che da qualche mese aveva realizzato uno dei suoi sogni: quello di giocare in un campionato nazionale di Calcio a 5, sua grande passione. La scorsa estate, quando il Covid sembrava già un vecchio ricordo e la seconda ondata soltanto una catastrofica previsione, da parte della Salernitana Femminile, compagine che milita in serie A2, arriva per la giovane Petronilla Di Luccia l’offerta di indossare la maglia granata.

La ragazza è titubante per vari fattori come la distanza da percorrere per gli allenamenti e le partite, il tempo sottratto allo studio o la paura di non essere all’altezza, ma la voglia di giocare, il fuoco che arde e che infiamma gli animi, la passione per quello sport tanto amato, la spingono ad accettare e a lanciarsi nella nuova avventura. Il Covid, però, è dietro l’angolo e, dopo l’esordio in campionato, colpisce delle giocatrici e dei rappresentanti della dirigenza. Un duro colpo per la squadra che decide di non scendere in campo sospendendo immediatamente le sedute di allenamento e chiedendo alla Lega il rinvio delle partite. Per Di Luccia, come anche per le altre persone vicine al sodalizio salernitano, iniziano giorni di preoccupazione per la paura di aver contratto il virus. La calciatrice cilentana non ha timore per sé, ma per la famiglia, di essersi fatta vettore dell’infida infezione. Timori, fortunatamente, infondati però la paura resta e da qui la sofferta decisione: Petronilla Di Luccia sceglie di fermarsi e di non giocare più proprio per tutelare i genitori e i nonni, persone a lei care che non godono esattamente di ottima salute.

«È una decisione che mi è costata parecchio – spiega l’atleta – perché è la mia grande passione fin da piccola e a cui ho dedicato ampi spazi della mia vita, tanto tempo e dedizione. Sempre col pallino di un sogno, di arrivare “lontano”. Quest’anno mi è stata offerta l’ottima opportunità di andare in A2 e il mio sogno – racconta – si stava avverando ma poi il maledetto Covid è tornato con tutta la sua incredibile forza e, oltre a complicare praticamente tutto, ha instillato la paura in tutti noi. Ci sono stati casi pericolosamente vicini a me e, sebbene io sia stata risparmiata, sono rimasta ugualmente turbata. Ho dovuto ammettere a me stessa – aggiunge – che era ora di mettere da parte quella mia grande passione e cercare di salvaguardare la salute dei miei cari, i miei affetti, ciò che c’è di più importante. È un sacrificio per me rimanere a casa, lontano dal campo, mentre le mie compagne hanno ripreso a giocare, ma nella lista delle priorità prima del calcio c’è la salute. Salute non solo mia, ma di tutti quelli che mi sono vicini, e per loro ho fatto questa scelta». Una decisione particolare quella di Di Luccia anche perché la militanza in A2 sarebbe stata il perfetto coronamento di una sfavillante carriera nonostante la giovane età. Numerose presenze in C1 e C2 con compagini cilentane, la vittoria della Coppa Campania con la Fénix Santa Maria da cui sono derivate le partite in Coppa Italia, i tornei nazionali giocati con la Rappresentativa Campania hanno riempito il suo curriculum. «Questo è il momento della responsabilità – conclude – e spero di tornare presto, ma lo farò solo quando ci sarà maggior sicurezza».

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