Invocata per la protezione dalle malattie contagiose, dalle infermità degli occhi, della gola, del seno e soprattutto dalle violenze domestiche, Santa Rosalia è venerata come santa vergine in moltissime comunità, in maniera particolare nell’Italia Meridionale e soprattutto in Sicilia, sua terra natale.
La storia
Santa Rosalia nasce in Sicilia intorno al 1130 ed appartiene alla nobile famiglia dei Sinibaldi. Suo padre, il conte Sinibaldo Sinibaldi, signore della Quisquinia e del Monte delle Rose (oggi territori in provincia di Agrigento), fa discende la sua famiglia da Carlo Magno e dai Conti dei Marsi. Sua madre, a sua volta, è di nobili origini ed è imparentata con la corte normanna (forse cugina di Ruggero II).
La tradizione narra che nel 1128 il re normanno di Sicilia, Ruggero II d’Altavilla (fondatore del Regno di Sicilia), mentre osserva con la moglie, la contessa Elvira, il tramonto dal Palazzo Reale, vede apparirgli una figura che gli dice: «Ruggero, io ti annuncio che, per volere di Dio, nascerà nella casa di Sinibaldo, tuo congiunto, una rosa senza spine». Qualche anno dopo, infatti, a Sinibaldo e Maria nasce una bambina che verrà chiamata Rosalia (il nome è infatti composto da “rosa” e “lilium”, ovvero rosa e giglio).
Rosalia vive in ricchezza presso la villa paterna e presso la corte di Ruggero II. Educata a corte, la sua bellezza e gentilezza la promuovono, nel 1149, a damigella di onore della regina Sibilla, seconda moglie di Ruggero. La sua avvenenza attira l’ammirazione dei nobili cavalieri, in particolare del principe Baldovino, futuro re di Gerusalemme.
Un giorno il re Ruggero viene salvato dall’attacco di un animale selvaggio, forse un leone, dall’intervento del principe Baldovino ed il sovrano promette all’eroe un dono, come ricompensa. Baldovino chiede di avere come sposa Rosalia. Il giorno prima delle nozze, mentre Rosalia si trova davanti allo specchio, vede riflessa l’immagine di Gesù in croce con la corona di spine ed il volto sporco di sangue. Ella interpreta tale visione come una chiamata di Cristo alla vita consacrata.
Il giorno seguente la ragazza si presenta a corte con le trecce tagliate, segno di rifiuto della proposta di matrimonio e di desiderio di dedicarsi alla fede, abbandonando il lusso della vita di corte.
Rosalia vive in quel periodo di rinnovamento cristiano che i Normanni avevano promosso in Sicilia (dopo la cacciata degli Arabi che avevano occupato l’isola per quasi due secoli e mezzo), col favorire il diffondersi di monasteri Basiliani nella Sicilia Orientale e di monasteri Benedettini nella zona Occidentale.
A quindici anni la giovane nobile abbandona il Palazzo Reale, il ruolo di damigella, la casa paterna e si rifugia presso il monastero delle basiliane del SS. Salvatore a Palermo. Ma quel luogo è meta di continue visite dei genitori e soprattutto del promesso sposo che cercavano di dissuaderla dalla sua scelta.
Così, dopo aver lasciato nelle mani delle monache una lettera in greco ed una croce di legno, seguendo l’esempio degli anacoreti che, lasciati gli agi e la vita attiva, si rifugiavano in una grotta o in una cella, Rosalia si ritira in una grotta nei possedimenti del padre che aveva visitato da bambina, a circa 90 km da Palermo, sui Monti Sicani, in provincia di Agrigento, vicino ad un convento di monaci basiliani. Lì, secondo la tradizione, avrebbe vissuto per dodici anni, dedicandosi interamente alla pietà ed alla preghiera, nella più totale solitudine e dormendo per terra. La Santa incide sulle pareti della grotta anche un’iscrizione: «Io Rosalia, figlia di Sinibaldo, signore della Qiuisquinia e delle Rose, per amore del Signore mio Gesù Cristo, stabilii di abitare in questa grotta».
Col passare del tempo quel rifugio diventa meta di pellegrinaggio di cristiani che cercano nella giovane parole di sollievo e di conforto. Decide così di abbandonare quel posto e trova silenzio e tranquillità in una grotta sul Monte Pellegrino, un luogo impervio ed inospitale, ideale per una vita di solitudine e per un esilio duro.
Ma l’obiettivo della solitudine non viene conseguito perché anche questo luogo è raggiunto dai pellegrini e sarà proprio un gruppo di pellegrini a trovare il corpo senza vita di Santa Rosalia, stremato dalle sofferenze della dura penitenza, il 4 settembre del 1165. Viene dichiarata santa in pochi anni, infatti il nome di “Santa Rosalia” compare in alcuni documenti pontifici già alla fine del XII secolo.
Il culto
La Santa diventa subito di grande venerazione con l’edificazione di chiese a lei dedicate in diverse zone della Sicilia. Oltre alla cappella sul Monte Pellegrino, alla riproduzione di immagini nella cattedrale di Palermo e di Monreale, sorgono delle chiese anche fuori regione, come quella di Rivello (Potenza) nella diocesi di Policastro.
Tuttavia all’inizio del 1600 il culto della Santa è alquanto decaduto, al punto che non viene più invocata nelle litanie dei santi patroni di Palermo.
Il 26 maggio 1624 una donna, Girolama Gatto, in fin di vita, vede in sogno una fanciulla vestita di bianco che le promette la guarigione se fosse salita al Monte Pellegrino per ringraziarla. La donna sale sul Monte con due amiche, ed è di nuovo in preda alla febbre, ma appena beve l’acqua che gocciola dalla grotta, si sente guarita e si addormenta; in quel torpore le riappare in sogno la giovane vestita di bianco che le indica il posto dove si trovava il suo corpo. La cosa viene riferita ai frati eremiti francescani del vicino convento che, aiutati da alcuni fedeli, il 15 luglio 1624, a quattro metri di profondità, trovano un masso su cui aderivano delle ossa. Il masso viene trasferito in città e collocato nella cappella privata del cardinale arcivescovo di Palermo per essere esaminato.
Intanto la città viene colpita dalla peste ed il cardinale raduna tutto il popolo nella cattedrale per chiedere aiuto alla Vergine Maria e dichiarare Santa Rosalia patrona principale di Palermo.
Nel mese di giugno dell’anno successivo l’urna contenente le reliquie della Santa vengono portate in processione, con grande solennità, per le vie della città: dove passano i resti della Santa eremita i malati guariscono e si uniscono alla processione.
Il 15 luglio 1625 viene fatto un pellegrinaggio sul Monte Pellegrino, nel primo anniversario del ritrovamento delle reliquie. Da allora a Palermo la festa di Santa Rosalia è celebrata in due date: il 15 luglio (U Fistinu), ossia nell’anniversario del ritrovamento delle reliquie ed il 4 settembre, giorno della sua morte.
L’immagine
Nell’arte popolare Santa Rosalia è rappresentata come giovane e bella, con una corona sul capo di gigli e di rose (un chiaro riferimento al suo nome), vestita dell’abito eremitico, ossia “a sacco”, con cordone; altre volte indossa abiti regali (essendo ella nobile). Immancabili sono nelle immagini la presenza del teschio (simbolo della fragilità umana), il libro (che può essere il Vangelo o un libro di preghiere) e la Croce di legno.
Alcune volte sono presenti, nelle raffigurazioni, un bastone da pellegrino (poiché il luogo della sua ultima dimora è stato il Monte Pellegrino: il bastone affidato al pellegrino rappresentava il sostegno di Dio lungo il cammino oltre ad un uso pratico di appoggio op per scacciare eventuali animali), alla cui estremità diventa giglio (emblema di purezza ed un richiamo al suo nome); una conchiglia (anch’essa simbolo dei pellegrini legata in particolare al pellegrinaggio a Santiago de Compostela quale segno dell’avvenuto cammino e come lasciapassare che esentava dal pagamento di dazi); infine è presente una ciotola (poiché insieme alle ossa era presente anche una ciotola).
La festa
“O rosa fulgida
Che dolce olia,
o Giglio candido
spruzzato d’or:
Fiore freschissimo
O Rosalia
Accogli il palpito
Del nostro amor!
Quella del 4 settembre è una data significativa per alcune comunità cilentane, in particolare per San Mango Cilento (frazione di Sessa Cilento) e per Lentiscosa (frazione di Camerota).
Singolare è la processione in onore di Santa Rosalia che si svolge a Lentiscosa dove, per devozione e tradizione, giovani ed anziani seguono l’immagine della Santa a piedi nudi, mentre dai balconi vengono lanciati petali di rose.
L’attaccamento di queste comunità verso la Santa è davvero notevole. La festa del quattro settembre costituisce un appuntamento fortemente atteso che suscita nei fedeli sinceri sentimenti di commozione.
Dei morbi contagiosi
Iddio ti fe’ regina
Perciò di tal rovina
Salvaci per pietà
Così i fedeli cantano durante la preghiera della novena che precede la celebrazione della festa del 4 settembre. Tali parole sono veramente appropriate per il singolare momento che l’umanità sta vivendo, ossia la diffusione del Covid-19.
I fedeli elevano alla Santa suppliche e ferventi preghiere affinché, come avvenuto in epoche passate, possa la sua potente intercessione ottenere la fine di questa pandemia ed il ritorno alla tanto desiderata normalità.
«Rischiara con la tua sublime virtù il nostro cammino e ravviva la nostra debole fede», è l’orazione rivolta a Santa Rosalia affinché sia guida nel sentiero della vita, luce nelle tenebre del mondo e sorgente di fede e di amore verso il Signore.