Era il 27 agosto 1941, quando sul fronte di guerra greco (Monte Citerone), durante una competizione sportiva tra selezionati per la nazionale di calcio militare, nel corso di un improvviso attacco nemico, una granata spezzò i sogni di un giovane ufficiale italiano di 21 anni; la sua gamba sinistra, gravemente ferita, dovette subire tre progressive amputazioni davanti l’inesorabile progredire della gancrena.
Quel giovane era Ignazio Pecora, nato il 12 aprile 1920, straordinario atleta agropolese che al momento della chiamata alle armi, nel 1940, a soli vent’anni aveva già raggiunto traguardi incredibili nei vari sport da lui praticati.
La sua passione più grande era la scherma – iniziata appena adolescente in collegio a Nocera – disciplina nella quale vinse i Campionati Italiani Giovanili nel fioretto.
Il giovane Ignazio, a cui la natura aveva fatto dono di un fisico straordinario, era stato anche campione regionale di pentathlon, e più volte campione provinciale di lancio del disco e di lancio del giavellotto.
Nel calcio non fu da meno, e come centrattacco dell’Agropoli si rese protagonista assoluto di una impresa calcistica allora epica, segnando tutte e quattro le reti con cui la squadra cilentana superò in trasferta per 4-1 la Cavese, compagine di categoria superiore, allenata dall’ex mitico attaccante della nazionale italiana Virgilio Levratto, che alla fine dell’incontro volle congratularsi con il giovane protagonista avversario.
Nel 1939, iscrittosi a giurisprudenza, come centrattacco della squadra della Facoltà nel Torneo Universitario vinse il titolo di capocannoniere, richiamando l’attenzione della Roma che lo ingaggiò in vista del Campionato di serie A del 1940-1941.
L’entrata in guerra dell’Italia il 10 giugno 1940, e la sua immediata partenza per il fronte come volontario – sottotenente nel Reggimento Granatieri di Sardegna – impedirono ad Ignazio di scrivere quella che sarebbe probabilmente stata la pagina più luminosa della sua carriera sportiva.
Dopo l’amputazione, che il padre Cav. Attilio tentò disperatamente di evitare, cercando inutilmente di far giungere dagli U.S.A. la penicillina, Ignazio non si diede per vinto e a guerra finita, insieme al fratello più giovane Michele, si dedicò tra i primi alla pesca, alla fotografia ed alla archeologia subacquea che praticò a lungo con passione e di cui ancora si conservano preziosi reperti filmati.
Avvocato di professione e appassionato cultore delle materia umanistiche, si dedicò negli ultimi anni a scrivere un dizionario della mitologia greca e romana di cui era studioso.
Dalla sua unione con Annamaria Cannarsa nacquero sette figli, tra cui il noto cantautore Michele Pecora, vanto dell’Agropoli di oggi.
Per la sua straordinaria capacità di cimentarsi ad alti livelli, in così tante discipline sportive e per i suoi numerosi successi, può senz’altro essere considerato l’atleta più completo e vincente della storia dello sport agropolese.
La sua vicenda umana si concluse il 4 febbraio 1998 ad Ancona, dove da circa trent’anni si era trasferito, ed il suo ultimo desiderio fu di tornare ad Agropoli, dove riposa nella cappella di famiglia.