Riceviamo e pubblichiamo, integralmente, la lettera che Giovanni Petrizzo, cittadino di Agropoli affetto da coronavirus, ha voluto scrivere alla cittadinanza per chiarire quanto accaduto e smentire alcune notizie che si erano diffuse sui social e nelle chat WhatsApp relativamente al suo contagio.
Cari concittadini
Io credo che nessuno di noi avrebbe mai immaginato di vivere i tempi che stiamo vivendo.
Gli ultimi eventi che vedono coinvolta la mia famiglia sono talmente fuori dal normale che non appaiono reali
neppure a noi che li stiamo sperimentando.
Ritengo doveroso informarvi correttamente riguardo a ciò che è accaduto.
Lo devo in primo luogo alle persone che mi hanno aiutato nelle vicende di mio padre e per le quali avverto il
maggior peso ed il peggior disagio.
Lo devo alla mia famiglia ed ai miei genitori, duramente provati nel corpo, nella mente e nello spirito;
alla splendida famiglia Petrizzo che, nel momento del bisogno, ha fatto quadrato intorno a noi e ci sta
accompagnando istante per istante;
alla famiglia di mia moglie ed ai miei collaboratori fatti oggetto di dileggio e di emarginazione sociale;
alla mia comunità parrocchiale che mi ha accolto e dato l’opportunità di realizzare la mia aspirazione di Fede.
Consentimi però di dire che lo devo anche alla Città che amo e che mi ha dato i natali e per la quale non mi
sono mai tirato indietro. Nessuno dei miei concittadini si dovrà trovare in futuro nelle condizioni in cui noi
siamo oggi.
Vengo al dunque.
Smentisco categoricamente le ricostruzioni che stanno circolando in Città, nei post sui social e negli audio di
whatsapp. Gli accadimenti sono altri e sono amareggiato che siano stati tirati in ballo due carissimi amici come
Alfonso e don Bruno.
Da tre anni non ho febbre.
Io e mia moglie non collaboriamo direttamente con la Caritas.
Non ho mai portato cibo a domicilio, tanto meno continuato a lavorare a porte chiuse.
Quando sono uscito, la maggior parte delle volte in farmacia, ho osservato le indicazioni previste indossando la
mascherina, mantenendo la distanza di sicurezza e sanificando le mani.
Tutte le scelte e le decisioni che ho dovuto assumere sono state conformi a quanto previsto dalle norme
comportamentali e comunque mai, dico mai, ho ricevuto da chicchessia, fino al 3 aprile nel tardo pomeriggio,
indicazioni cautelari, consigli precauzionali, obbligo o quant’altro di rimanere in isolamento, quarantena o di
evitare di uscire per qualsiasi motivo.
Ma nonostante ciò, per quale sadico motivo avrei dovuto mettere a rischio la già precaria salute dei miei
genitori, della mia famiglia e delle persone che mi hanno aiutato?
Io comprendo ansie e paure verso ciò che è una malattia sconosciuta, comprendo le perplessità ed i dubbi nei
miei confronti.
Mi resta più difficile accettare e capire il senso di ricostruzioni fantasiose, cattiverie e menzogne gratuite.
Sono un credente e, nonostante le mie miserie, mi sono incamminato da tempo sulla via indicata da Cristo
fiducioso che il buon Dio non mi lascerà da solo e non mi farà mancare il suo sostegno.
Non valuto questa vicenda fossilizzandola al momento attuale ma attendo fiducioso che il tempo dia un perché,
un significato a tutto ciò che mi sta accadendo.
Non provo astio o rancore nei confronti di coloro che stanno facendo del male ai miei cari e che è la realtà che
più lacera il mio cuore; prego per loro affinché possano ripensare i loro atteggiamenti.
Ciò non toglie l’esigenza di tutelare, in tutte le sedi opportune, la mia famiglia e la mia azienda che contribuisce
al sostegno di altre 9 famiglie.
Ringrazio le centinaia e centinaia di persone che in Città, da tutta Italia e dall’estero non ci stanno facendo
mancare la loro solidarietà.
Ho preparato una ricostruzione cronologica di tutto quanto accaduto dal 12 marzo fino alla comunicazione della
positività di mia moglie e l’ho inviata alla polizia municipale.
Chi volesse la può consultare oppure me la può richiedere.
Vi ringrazio dell’attenzione e mi auguro di aver rasserenato un poco gli animi.
Ora lasciateci affrontare in pace e serenità questa durissima esperienza.
Vi voglio bene ad uno ad uno, non all’ingrosso (cit. don Tonino Bello)