CENTOLA. Lottizzazione abusiva, la Cassazione conferma. La Corte, con sentenza lo scorso 15 ottobre, ha respinto il ricorso presentato dal rappresentante della Marlin s.r.l. relativo ad un’ordinanza di sequestro del Gip del Tribunale di Vallo della Lucania e confermata nel gennaio scorso dal Tribunale di Salerno.
In particolare si prevedeva la misura del sequestro preventivo di un complesso di opere edilizie, ritenute comportanti il cambio di destinazione d’uso di un complesso edilizio da struttura turistico ricettiva extra alberghiera a rotazione d’uso, in complesso residenziale, e realizzate in difformità dal provvedimento autorizzativo, peraltro scaduto.
Secondo il ricorrente, però, il Tribunale avrebbe erroneamente escluso la piena validità del titolo abilitativo rilasciato nel 2010. Per la difesa, il titolo in esame avrebbe richiesto solo, ai fini della proroga, una tempestiva comunicazione all’amministrazione, così come fatto dalla società costruttrice Marlin s.r.l., senza necessità di espresso accoglimento. Inoltre, il giudice del riesame non avrebbe tenuto conto del fatto che la piena validità del titolo sarebbe stata dichiarata poi dal Tar Campania, dinnanzi al quale la Marlin S.r.l. aveva impugnato il provvedimento comunale del 28 dicembre 2017, di diniego del rilascio della proroga con la sospensiva dell’efficacia del provvedimento stesso. L’ordinanza impugnata avrebbe rilevato un intervenuto cambio d’uso senza tenere conto delle risultanze istruttorie, che invece lo escludono, laddove il complesso in questione integrerebbe una struttura turistica di case vacanze e non un complesso residenziale. Posto che le opere insistono in zone G5 e G3, rispettivamente di “insediamento extra alberghiero” e di “insediamento extra alberghiero esistente”, che il titolo autorizzativo riguardava la ristrutturazione e riqualificazione di un villaggio per attività turistico ricettiva extra alberghiera, che la legge regionale della Campania n. 17 del 2001 contiene un elenco delle strutture turistiche extra alberghiere, tra le quali si contemplano anche le case e appartamenti per vacanze, ne consegue – per la difesa – che il complesso immobiliare in questione integrerebbe una struttura con destinazione turistico ricettiva di natura alberghiera, siccome composta da diverse unità con utilizzo quali case vacanze. Pertanto, non sussisterebbe un mutamento della destinazione d’uso rilevante, in quanto non vi sarebbe alcun passaggio tra categorie funzionali diverse. Con conseguente conformità dell’intervento alle disposizioni di legge, di piano e del titolo abilitativo del 2010.
In base al ricorso, inoltre, emerge che le caratteristiche edilizie di un alloggio del villaggio sono identiche a quelle prescritte per una casa e abitazione per vacanze per la quale è contemplata la presenza di cucine ed inoltre sussiste comunque la prevista forma gestionale a rotazione d’uso. Inoltre si contestano tecniche di attuazione dello strumento urbanistico, oltre la carenza di motivazione dell’ordinanza e si contesta l’accusa di realizzazione di pere in difformità del progetto.
“Il ricorso è manifestamente infondato”, precisano però i giudici della Corte di Cassazione ricordando, tra l’altro “che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. Poi, in merito al ricorso, si precisa che “la motivazione del Tribunale deve essere ritenuta ragionevole e corente con le emergenze processuali perché ricostruisce il sostanziale confermimento di un diverso assetto ad una porzione di territorio comunale”.
La vicenda ha inizio nel dicembre 2018 quando i carabinieri della compagnia di Sapri scoprirono i presunti abusi presso un villaggio turistico in cui erano presenti diverse unità abitative. In quel caso furono denunciate dieci persone tra cui otto che avevano acquistato le villette sottoposte a sequestro. Stando agli atti giudiziari dell’epoca il proprietario della struttura avrebbe utilizzato una concessione edilizia finalizzata alla realizzazione un villaggio turistico extralberghiero per realizzare delle civili abitazioni poi vendute a terzi. Inoltre, sempre secondo la ricostruzione dei carabinieri, vi erano difformità al progetto, con aumenti di volumetria modificando la destinazione d’uso degli immobili. Poi, come se non bastasse, al momento del controllo i militari accertarono anche il permesso a costruire scaduto.