I giochi di una volta: più salutari rispetto allo smartphone

Sempre di più lo smartphone prende il posto dei giochi in strada

Di Letizia Baeumlin

La campanella di inizio per il nuovo anno scolastico è suonata e da oggi i bambini saranno impegnati per le ore di lezione sui banchi. Per fortuna il nostro Cilento offre ancora un clima mite da poter permettere di giocare all’aperto prima dell’inizio delle stagioni piovose e con temperature più rigide, quando sarà per loro l’occasione per l’utilizzo di smartphone e videogiochi, per il cui uso i pediatri stessi hanno lanciato l’allarme. Soprattutto nei primi tre anni, quando nel bambino inizia lo sviluppo dei processi cognitivi, l’utilizzo di tali strumenti potrebbe mettere a grave rischio le percezioni sensoriali, creare disturbi frequenti del sonno e di conseguenza la fatica durante il giorno a mantenere l’attenzione anche nel gioco.

I bambini hanno bisogno di vivere rapporti interpersonali e relazionarsi con il mondo esterno, giocare all’aperto dove possono toccare ed ascoltare la natura, il nostro territorio si presta bene a questo tipo di “educazione”, siamo privilegiati e talvolta non ne cogliamo il senso.

Sarebbe bello far rivivere ai bambini “di oggi” i giochi tipici dell’antico Cilento, quando ci si riuniva nei vicoletti. Bambini di ogni età si divertivano sereni tra risate e schiamazzi, quando tutti erano più tolleranti anche a sentire i bimbi urlare.

Diversi i giochi praticati.

“A settimana”: con dei gessetti si disegnava per terra un rettangolo con all’interno dei rettangoli più piccoli numerati e bisognava saltare con un solo piede da un rettangolo all’altro fin dove era arrivato il sasso.

“U strummolo”: era una sorta di trottola in legno con la punta in ferro ed uno spago attorcigliato intorno, chi riusciva a farla girare su se stessa per più tempo aveva vinto.

“U juoco ru fazzoletto”: si formavano due squadre in cui ogni singola persona corrispondeva ad un numero, una persona al centro manteneva un fazzoletto in stoffa e chiamava un numero, i rispettivi di ogni squadra si sfidavano dunque a chi lo avesse preso per prima e portare così un punto alla propria squadra.

“Nascondino”: era più amato dai maschietti come anche “moscacieca”.

Ma anche semplicemente una palla, una corda per saltare o una passeggiata armati di album da disegno e pastelli alla ricerca di fantasia.

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