SAPRI. Il preside di una scuola è responsabile della sicurezza degli allievi – la cui incolumità non può essere garantita da «misure artigianali» come i lucchetti – come se si trattasse di suoi dipendenti, e le scuole vanno considerate come luoghi di lavoro, non importa se il preside non è il proprietario e non ha poteri di spesa per tamponare i rischi. Il dirigente deve attivarsi innanzitutto con un piano antirischio che non sottovaluti alcun dettaglio, nemmeno le magagne che risalgono alla notte dei tempi, e poi deve sollecitare l’intervento delle Province senza ricorrere a soluzioni ‘fai da te’.
Lo sottolinea la Cassazione nella sentenza riportata da “giustizianews24”. I supremi giudici, infatti, hanno condannato a un mese di carcere, pena sospesa, per lesioni colpose gravi la preside Franco Principe e il responsabile del piano di sicurezza del liceo ‘Pisacane’ di Sapri, Nicola I., per la caduta di uno studente precipitato a seguito dell’apertura di un lucchetto che teneva chiusa la porta di un solaio con fragili lucernai. Per la Suprema Corte, il lucchetto è un escamotage «artigianale» non adeguato poiché, accidentalmente, anche solo per rinfrescare l’aria come avvenuto in questo caso che risale al sette luglio 2011, il lucchetto può essere rimosso.
A nulla sarebbero valsi dei cartelli di allerta, obietta la Cassazione dato che il ragazzo precipitò dopo essere inciampato nella battuta a terra della porta privata del lucchetto dalla bidella. La quale non ha alcuna colpa perché non aveva ricevuto formazione sui rischi. Le situazioni che presentano fattori di insicurezza vanno risolte senza ‘mezze misure’, se serve con richieste alle Province anche se l’immobile è del Comune, e anche quando le insidie sono presenti fin dall’epoca di progettazione della scuola, prosegue il verdetto 37766 degli ermellini replicando alla preside Franca P. che si eè difesa, tra l’altro, dicendo che quel lucernaio c’era da sempre.
Correttamente, sottolinea la Cassazione, è stata condannata per «il mancato inquadramento ‘ab origine’ del rischio rappresentato dalla presenza di aperture coperte da fragili cupolini di plexiglass e sia per la insufficiente gestione successiva del rischio». La circostanza che lo studente, Niccolò D.L. – che si è laureato in legge dopo aver subito tanti interventi alla testa, ed essere stato in coma – quella mattina si trovasse a scuola solo per assistere all’esame orale di un suo amico, avendo già sostenuto la sua prova giorni prima, non esonera da responsabilità perché le prove orali della maturità hanno «svolgimento pubblico» e chiunque può assistervi, conclude la sentenza. Una causa civile stabilirà l’entità del risarcimento che i due responsabili dovranno versare alla vittima, oltre ai 15mila euro di provvisionale immediatamente esecutiva.