“Gimino Chirichella non è un assassino. Abbiamo tantissimi elementi che ci fanno propendere in modo convinto verso la tesi che la morte di Violeta Senchiu sia stata provocata da un incidente e non che si sia trattato di un omicidio”.
Ad avanzare questa ipotesi è Bruno La Rosa, avvocato del Foro di Napoli e docente di Diritto Penale all’università Tor Vergata di Roma, che si sta occupando della vicenda per conto della famiglia Chirichella. Violeta Senchiu aveva 32 anni, è deceduta il 4 novembre dello scorso anno in seguito alle ustioni riportate dopo che, stando a quanto sostenuto dall’accusa, il compagno avrebbe cosparso il suo corpo con della benzina per poi darle fuoco. Il cuore della giovane mamma ha cessato di battere dopo diverse ore di agonia nel reparto grandi ustionati dell’ospedale Cardarelli di Napoli.
Anche il compagno aveva riportato delle ustioni in diverse parti del corpo e dopo un periodo di degenza in ospedale era stato trasferito nel carcere di Foggia dove a febbraio è deceduto in seguito ad un arresto cardiaco. Gimino era accusato di omicidio pluriaggravato, per futili motivi, crudeltà e premeditazione e per incendio doloso. Oltre all’avvocato Larosa, la famiglia ha nominato anche tre consulenti per fare chiarezza sulle cause della morte: l’ex generale dei Carabinieri comandante dei RIS di Parma, Luciano Garofano, al medico legale Maurizio Saliva ed all’ingegnere Luca Scarselli.
“Ci sono molti aspetti poco chiari in tutta questa vicenda – spiega l’avvocato Larosa – ed il nostro timore è che possa essere finita in carcere una persona che non ha commesso alcun reato e che poi in carcere è morta. Innanzitutto non ci spieghiamo come mai, dopo 7 mesi, non siano ancora state depositate le relazioni da parte del medico legale che ha effettuato l’autopsia e quelle del Vigili del Fuoco di Caserta che hanno fatto le perizie all’interno della casa dove è avvenuta la tragedia”. Il legale della famiglia Chirichella analizza poi una serie di circostanze che, secondo lui, avvalorerebbero la tesi dell’incidente. “Nel 2018 Gimino Chirichella aveva presentato istanza al Tribunale di Lagonegro per l’attribuzione del suo cognome al bambino nato dalla loro relazione sentimentale, istanza che poi è stata accolta a gennaio di quest’anno, qualche giorno prima della tragedia era tutto pronto per avviare le pratiche di divorzio dal marito dal quale di fatto era già separata da tempo, per poi poter sposare il suo compagno. Un uomo che fa di tutto per dare il suo cognome al figlio e che vuole sposare la compagna come può arrivare a premeditare un omicidio del genere ?
A ciò si aggiunge il fatto che quel sabato pomeriggio di inizio novembre Gimino Chirichella era andato a prendere la benzina per delle minimoto e poi subito dopo era andato ad acquistare le sigarette della marca che fumava la compagna ed inoltre a confermare che sia stato un incidente c’è un aspetto emerso dalla nostra perizia secondo cui il ferimento e le ustioni della compagna sono state provocate da una esplosione come provato dalle schegge e da parti di intonaco che si sono staccate all’interno della stanza . Noi andremo avanti fino a quando non verrà fuori la verità e non vogliamo che la morte di Gimino venga dimenticata perché siamo convinti che in carcere sia finito un innocente e non escludiamo sviluppi clamorosi”.