Con questa nota il Direttore Generale Michele Albanese ha voluto richiamare, nuovamente, l’attenzione su un tema di grande attualità ed interesse: l’accesso al credito.
Le nuove regole, di influenza europea, stanno cambiano completamente il mercato del credito italiano con risvolti particolarmente negativi sull’economia italiana e le sue aziende, in particolare quelle del Sud Italia.
Questa nota è sia una riflessione sia un appello verso le forze politiche a farsi carico di un problema che potrebbe diventare emergenza.
L’obiettivo di coinvolgere la politica deriva dalla consapevolezza che, senza l’interesse parlamentare, questa tematica verrà comodamente trascurata e nel giro di poco tempo si parlerà dell’ennesimo cedimento dell’economia italiana e, soprattutto, delle PMI che sono l’ossatura del sistema produttivo italiano.
Questa nota verrà trasmessa al Presidente del Consiglio, ai Vice-Presidenti del Consiglio, al Ministro dell’Economia, ai Componenti Commissioni Finanze della Camera e del Senato della Repubblica, al Governatore della Regione Campania ed agli organi di stampa.
“Rallenta la crescita dei prestiti bancari a famiglie e imprese. La dinamica del credito continua a essere influenzata dall’andamento degli investimenti e del ciclo economico la cui dinamica rimane modesta”. È questo il commento dell’Associazione Bancaria Italiana a margine dei dati sul comparto del credito in Italia.
Difficoltà di accesso al credito: la politica faccia qualcosa, prima che sia troppo tardi
Sono parole che stuzzicano il mio interesse e l’attenzione di chi vive di questo mondo e quotidianamente si confronta praticamente con il contesto economico.
Nell’ultimo periodo, però, questa attenzione ed interesse sono trasformati in preoccupazione.
Le parole espresse dall’ABI concretizzano al meglio il particolare momento economico dell’Italia, ma facendo qualche riflessione su quello che sta accadendo si può osservare anche una dinamica che deve far discutere e sviluppare un confronto importante su come le banche potranno supportare l’economia reale.
L’utilizzo del condizionale non è certamente un caso, ma nasce dalla mia apprensione verso un modello che si sta snaturando e che nel passato ha avuto un ruolo imprescindibile per l’economia italiana. Chi, ogni giorno, parla con le aziende conosce esigenze, problemi e necessità e vede nei loro occhi un senso di smarrimento che è influenzato sicuramente dal momento economico generale, ma anche dal rischio di perdere il supporto che fino ad oggi hanno avuto dalle banche, in particolare quelle di prossimità, come le BCC.
C’è un macigno che si è abbattuto sul mondo bancario italiano e faccio riferimento proprio al mio mondo, quello del credito cooperativo che, oltretutto, ha appena varcato la porta di uno dei momenti storici più rilevanti ed innovativi della sua storia, l’avvento dei gruppi bancari.
Come giustamente ha evidenziato un attento collega, le BCC saranno presto chiamate ad un gravoso adempimento che inciderà sulla loro efficienza e competitività, in conseguenza degli influssi normativi dell’Europa, la quale sta sconvolgendo le strategie ed i comportamenti di quelle banche che, nell’ultimo decennio, hanno dato forte impulso alla piccola e media impresa italiana.
L’assenza di applicazione di un corretto principio di proporzionalità, vecchia lacuna insita nella regolamentazione europea, fa il resto penalizzando prima le banche e poi, di conseguenza, il contesto produttivo ed economico che si rivolge a loro.
Ed è qui che faccio una prima riflessione collegata all’applicazione della normativa europea.
Diversi economisti hanno affermato come la crisi bancaria italiana sia il risultato, la sintesi proprio dell’impatto regolamentare europeo, che ha dato vita a numerose asimmetrie e condizioni inique, in particolar modo, in Italia. Giusto come esempio, senza volerci troppo allontanare fisicamente, la Germania ha “sistemato”, tempo per tempo, con interventi pubblici le sue banche proprio prima di ogni azione europea e poi, e qui arriva il passaggio a mio avviso fondamentale di tutta questa storia, ha ottenuto la possibilità di esentare dalla supervisione bancaria europea le proprie “Sparkasse”, le piccole banche tedesche prossime al mondo del credito cooperativo.
E qui si apre un scenario che si collega, a mio avviso, alla frase di apertura di questo scritto.
Le BCC, con l’ingresso per legge in un gruppo bancario, sono rientrate a pieno titolo all’interno dell’egida della normativa europea. Tutto ciò cosa sta determinando nel rapporto banca/cliente? Ci sono dei riflessi negativi?
È iniziato un vero e proprio stravolgimento nel rapporto tra l’istituto di credito e la clientela che poggia su principi completamente diversi rispetto al passato. Regole che hanno visto un nuovo approccio al credito che va ad incidere, come si vede anche dai dati, sull’offerta di credito da parte degli istituti bancari.
La riflessione acquista un valore ancora più pregnante se si va ad osservare anche il costo del denaro in questo particolare momento storico. Un tasso di interesse così basso dovrebbe dar vita ad una dinamica ben diversa del credito, principalmente dal lato della domanda, soprattutto, in una fase dove sul mercato vi è eccesso di liquidità.
Queste analisi, però, si scontrano con un cambio di rotta che banche come la nostra stanno subendo.
L’applicazione del principio contabile IFRS9, che prevede accantonamenti anche sui finanziamenti in regolare ammortamento, impone un cambio di rotta epocale sul mondo del credito. Ci mancherebbe, sono azioni di natura prudenziale che non fanno altro che consolidare il sistema e le banche verso una politica di sicurezza complessivo del settore, ma vanno ad incidere, concretamente, sul comportamento delle banche. In aggiunta, l’ormai famoso Asset Quality Review, più propriamente AQR, impone processi e valutazioni sugli attivi di bilancio che vanno a ricadere immediatamente sulle analisi che le banche fanno dei loro clienti e sulla loro capacità di essere affidati o meno.
Aver calato tutte queste novità sul mondo delle BCC darà luogo ad effetti distorsivi sul mercato del credito e, quindi, sulle aziende. Gli effetti si vedranno con il passare del tempo e già dai primi dati del 2019 è evidente un andamento non certo roseo di tutto il circuito economico.
Queste forti restrizioni, quindi, generano effetti sull’offerta di credito delle banche che, materialmente, stanno tirando i remi in barca perché troppo costoso finanziare le imprese a queste condizioni.
È un cane che si morde la coda, è quello che sta accadendo in tutte le banche di piccola/media dimensione d’Italia che si trovano a dover rispondere alla normativa comunitaria.
Fare credito oggi è come dire “il gioco non vale la candela” perché con gli attuali tassi di interesse e con questi principi di gestione del credito non vi è la redditività giusta per andare incontro ad un’esposizione.
Attraverso ciò si va ad intaccare l’accesso al credito delle aziende, creando alterazioni sull’intero complesso economico.
Viene a perdere di rilevanza il ruolo delle Banche e cioè quello di intermediazione del denaro, in quanto, la parte credito viene inevitabilmente contratta a vantaggio di altre forme di reddito capaci di creare effetti positivi a conto economico (anche se questo è tutto da vedere).
Il tema dell’accesso al credito, pertanto, necessita di un’attenzione maggiore da parte degli organi politici, i quali dovranno cominciare a porsi con più frequenza questa domanda, prima che sia troppo tardi per l’economia italiana.
“Disintermediare” completamente le banche di piccola/media dimensione genera effetti sull’economia italiana che man mano diventeranno più pericolosi.
Il mio pensiero, in questo momento, visto ciò che quotidianamente osservo, è di grande preoccupazione verso quello che potrà accadere quando questi principi comunitari andranno sempre più ad incidere sui circuiti decisionali degli istituti di credito.
Credo, in conclusione, che sia necessaria un’attenzione forte da parte degli organi politici al fine di effettuare alcune considerazione su ciò che sta accadendo, immaginando degli interventi immediati che vadano a tutelare l’accesso al credito delle imprese. La spirale oggi è solo agli inizi, ma nel giro di poco tempo il tutto potrebbe inevitabilmente peggiorare ed il mercato del credito italiano essere influenzato negativamente da normative che non risentono della peculiarità della nostra economia e del nostro mercato bancario.
L’equiparazione tra territori, non tanto nazionali, ma principalmente europei, mette di fronte le aziende italiane del Sud Italia ad un ulteriore fattore di svantaggio, viste le carenze strutturali ed infrastrutturali in cui operano. L’applicazione, quindi, di regole uniformi che vadano ad incidere sulle aziende tedesche, olandesi ed italiane impone una valutazione politica profonda, in quanto, questa strategia di allineamento, proprio in conseguenza dei problemi connessi all’accesso al credito, genererà effetti ancora più distorsivi sul contesto economico italiano, di cui oggi, ancora, non si riescono, con completezza, a valutare le conseguenze, ma sono ben chiari i sintomi.
Come umile Direttore Generale di una delle più grandi BCC del Sud Italia ho il dovere di ritornare sull’argomento, non senza aver trasmesso questo breve scritto agli organi politici al fine di poter avviare immediatamente un dialogo ed una riflessione concreta su quello che sta accadendo e su ciò che non vorrei accada, nel giro di poco tempo, alle piccole e medie imprese italiane, motori della nostra economia. Nel contempo, ringrazio per l’attenzione, in ogni caso riservata, e resto a completa disposizione, nonché in attesa di vostre sicure determinazioni in merito.