Castellabate, morte Carlo Velardi: arrivano le condanne

Il 15enne morì a Punta Licosa dopo il cedimento di una staccionata

Di Carmela Santi

Angelo Granito principe di Belmonte é stato condannato ad un anno e sei mesi di reclusione per la morte di morte di Carlo Fulvio Velardi, il ragazzo di 15 anni originario di Napoli morto a seguito di una caduta causata dal cedimento di una staccionata a Punta Licosa. La tragedia nel 2011.

Medesima  condanna per Francesco Lo Schiavo, Anita Cataldo , Adelio Nicoletta responsabili in diversi periodi dell’Ufficio Manutenzione del comune di Castellabate e Gerardo Comunale responsabile della polizia municipale di Castellabate.  

La sentenza è stata emessa ieri sera dal giudice Benedetta Rossella Setta a chiusura del processo di primo grado celebrato presso il tribunale di Vallo della Lucania. Cinque imputati condannati poiché ritenuti colpevoli della morte del 15enne. Per tutti pena sospesa.

Assolti perché il fatto non sussiste Roberto Avella, responsabile del servizio tecnico della comunità montana “Alento Monte Stella, Nicola Romito, Domenico Manente e Costabile Franciulli i tre dipendenti della comunità montana che istallarono la staccionata. Per Belmonte è stata esclusa l’aggravante, per  gli altri imputanti condannati sono state riconosciute le attenuanti generiche. In aula ieri ad attendere la sentenza cerano i familiari dello sfortunato ragazzo.

“È una sentenza importante che ci auguriamo – le parole del papà Roberto  – possa servire per evitare che in futuro possano ripetersi episodi terribili come quello che è capitato a nostro figlio. È importante, inoltre, che la giustizia finalmente abbia individuato precisi colpevoli”.

La famiglia Velardi originaria di Napoli ha atteso giustizia per otto anni. Carlo Fulvio con i genitori era in vacanza nel Cilento. La sera del 26 luglio del 2011 perse la vita a causa del cedimento di una staccionata in legno mentre passeggiava a Punta Licosa. Precipitò sugli scoglio. Per lui non ci fu nulla da fare. Morì sul colpo.

Una tragedia immane che sconvolse la comunità locale e distrusse la vita di un’intera famiglia. Belmonte,  il principe proprietario della strada privata ma ad uso pubblico dove era ubicata la staccionata, e finito alla sbarra, e per lui è arrivata la  condanna,  per non averne controllato l’idoneità ad opporre la necessaria resistenza né provveduto alla manutenzione della stessa non più rispondente alle norme di sicurezza. I nove imputati, sono stati processati  in concorso di cause, per omicidio colposo. La staccionata era  posta sul ciglio della sovrastante strada di proprietà privata e aperta all’uso pubblico. La struttura in legno, ch’era in pessimo stato di manutenzione, cedette subito all’appoggio del minore. Una settima fa, dopo un lungo processo, sono arrivate le richieste del pm accolte dal giudice con la condanna a un anno e mezzo per  Belmonte, proprietario della tenuta di Punta Licosa. Stessa pena era stata chiesta per Lo Schiavo, Cataldi, Nicoletta e Comunale. Il pm aveva chiesto l’assoluzione per i dipendenti della Comunità Montana.

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