Il padre: un racconto toccante e reale che smuove le corde dell’animo umano

Ieri sera il pubblico del De Filippo di Agropoli soddisfatto e commosso per l’interpretazione di Alessandro Haber e del suo cast

Di Barbara Maurano

È sempre difficile trattare temi che sono vicini alle paure dell’animo umano. Eppure, ieri sera, al “De Filippo” di Agropoli, è andato in scena uno spettacolo che guarda in faccia alla malattia e al limite della natura umana, descrivendone delicatamente le sfumature più recondite e più vere. “Il padre”, scritto dalla sapiente penna di Florian Zeller e diretto da Piero Maccarinelli, ha commosso il pubblico di Agropoli che ha molto apprezzato lo spettacolo. Tanti sono gli elementi del successo di questo racconto teatrale che, da tre anni, è in giro per l’Italia. Primo fra tutti un  cast di veri attori.

Alessandro Haber domina la scena e diventa Andrea, un uomo affetto dal morbo di Alzheimer, che non si arrende alla sua malattia e che, a volte, insinua nello spettatore il dubbio che la sua condizione sia solo una messinscena per non guardare in faccia alla bruttezze della vita. Andrea è un personaggio burbero ma simpatico che subito crea empatia con il pubblico. Un modo per sorridere pirandellianamente sulle incertezze in cui ti catapulta la perdita della memoria. Ad assistere Andrea in questo cammino c’è Anna, sua figlia, interpretata da una superba Lucrezia Lante della Rovere che entra nella storia con la delicatezza che il tema impone, mettendo in scena il dolore, il patimento dell’animo umano, la battaglia morale che ogni giorno vive con se stesso chi è costretto a vedere un proprio familiare perdere le propria forza. Anna è una figlia  alle prese con l’accettazione che suo padre stia ritornando a uno stato infantile, non riconosce in lui quel timore, quel senso di genitorialità che ha sempre avuto. Ci si accorge di essere davvero figli quando i padri non sono più come li ricordavamo, quando arriva quel momento in cui loro hanno bisogno di noi. È quello che Anna cerca di spiegare  a Piero, suo marito, interpretato da un elegante Paolo Giovannucci.

A completare il quadro del racconto, sottile e mai invadente, della malattia ci sono due personaggi ( Daniela Scarlatti e Riccardo Floris) che, all’inizio, appaiono come se fossero delle proiezioni mentali del protagonista, inducendo lo spettatore a chiedersi  che ruolo avranno poi nella storia. Alla fine si riveleranno i personaggi più reali, coloro davvero assistono il povero Andrea. E così il gioco di luci (Umile Vainieri) e di scene (Gianluca Amodio), che aveva condotto lo spettatore in questo viaggio  anche scenografico all’interno della mente di Antonio,  ha compimento in una stanza di ospedale, in cui Andrea continua ad essere se stesso a discapito di un mondo circostante diverso.

A riportarci alla realtà è anche  la figura di Laura( Ilaria Gianatiempo), una sorta di badante che fa da collante, da pretesto per percepire il vero dolore che aleggia intorno alla famiglia, un lutto che tutti vorrebbero dimenticare, ma che solo Andrea può fare perché affetto dal morbo di Alzheimer. E dunque, forse, a volte, non tutti i mali vengono per nuocere e quella malattia che, all’inizio, sembrava un anatema, alla fine sembra quasi una benedizione. E così il pubblico esce commosso e soddisfatto per aver assistito ad uno spettacolo toccante, a tratti umoristico, un vero racconto teatrale che mette in scena la vita e ridona allo spettatore la memoria di ciò che può essere ancora il teatro.

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