Montesano sulla Marcellana – il TAR di Salerno ha considerato illegittima l’ordinanza con cui il Sindaco aveva ingiunto la scorsa estate l’abbattimento senza indennizzo, entro le successive 72 ore, di 2 suini presenti nell’allevamento ubicato nel comune termale valdianese. Abbattimento ordinato per una presunta malattia della cui esistenza non è stata però data alcuna prova. I giudici amministrativi hanno accolto il ricorso presentato dal proprietario dell’allevamento, difeso dagli avvocati Federico Maggio ed Umberto Casale, ed ha condannato il Comune e l’ASL Salerno al pagamento delle spese processuali per un importo complessivo pari a 1500 euro. In seguito ad un controllo, gli ispettori dell’ASL avevano rinvenuto presso l’azienda due suini privi di identificazione e documentazione sanitaria e disposto l’abbattimento degli animali entro 72 ore con l’intervento coattivo da parte dei veterinari dell’ASL. Abbattimento disposto nell’ambito delle misure previste dalla legge per l’eradicamento della malattia vescicolare dei suini. L’ordinanza è stata ritenuta illegittima perché il TAR ha appurato che non risulta che i suini fossero affetti dalla malattia vescicolare, circostanza rinvenibile solo a seguito di apposite analisi, ma l’unica violazione riscontrata è stata l’irregolarità della documentazione. Per questo non c’era alcuna motivazione in grado di giustificare l’abbattimento dei capi di bestiame. Il TAR ha ritenuto che, essendo stato verificato che nessuno dei suini presenti nell’allevamento era affetto dalla malattia vescicolare, non poteva trovare applicazione il decreto del Commissario ad acta per la prosecuzione del piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario nella Regione Campania che sancisce l’obbligo di abbattimento e distruzione dei suini privi di identificativi o certificazione che ne attesti la provenienza. “La macellazione di tutti i capi indistintamente, comminata dalla disposizione regionale applicata dal Sindaco di Montesano sulla Marcellana non trova alcun aggancio specifico nelle norme europee e nazionali” in quanto “la più grave misura della soppressione di tutti gli animali – scrivono i giudici – presenti nelle aziende in ipotesi non già di accertate infezioni, ma di violazioni formali in materia di identificazione o certificazione dei capi di bestiame, si presenta, dunque, incoerente rispetto alla cornice normativa di riferimento ed ai canoni di proporzionalità volti ad assicurare il necessario equilibrio tra gli obiettivi generali di tutela della salute e del mercato e gli interessi patrimoniali degli allevatori, sacrificabili in nome dei primi”.
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