Il 2 febbraio, precisamente 40 giorni dopo il Natale, si celebra la festa liturgica della Presentazione al Tempio di Gesù, raccontata dal vangelo di Luca, e popolarmente detta “candelora” perché in questo giorno si benedicono le candele, simbolo di Cristo luce del mondo come viene chiamato il Bambino Gesù dal vecchio profeta Simeone.
Questa festa chiude le celebrazioni natalizie e con la profezia di Simeone alla Vergine apre il cammino verso la Pasqua. La Candelora e San Biagio erano e, forse, restano una tappa importante nei ritmi di vita della società contadina del Cilento, perché poneva fine ai rigori ed alla forzata pausa dell’inverno e, con i primi tepori della primavera annunziata, consentiva la ripresa dei lavori nei campi. E quella candela accesa simboleggiava anche il fuoco della vita che ricominciava a pulsare intensamente nella natura e nell’uomo; ma senza facili entusiasmi e con le dovute precauzioni: l’inverno poteva riservare, all’improvviso, pericolosi colpi di coda e scaricare ancora freddo, gelo e neve. Ma, a proteggere l’incauto contadino, ci pensava san Biagio, celebrato e venerato il giorno dopo la candelora.
Si tratta di un Santo conosciuto e venerato tanto in Occidente quanto in Oriente. Vissuto nel IV secolo, era un medico di origine armena. È ritenuto dalla tradizione vescovo della città di Sebaste in Armenia, dove operò numerosi miracoli. Le reliquie di San Biagio, morto martire intorno all’anno 316, sono custodite nella Basilica di Maratea (Potenza), città di cui è protettore. Il suo nome è frequente nella toponomastica italiana e di molte nazioni, a conferma della diffusione del culto. Venerato in moltissime città e località italiane, sono diffusi ancor oggi i riti in onore di questo Santo (è celebrato a Casal Velino, Altavilla Silentina, Matonti, Ottati), protettore della gola, sulla cui origine ci sono differenti versioni.
In Cilento i fedeli accorrevano in massa a farsi ungere d’olio benedetto, ancora oggi il gesto ispirato del sacerdote che scandisce formule propiziatorie cariche di mistero viene ripetuto e fortemente sentito. Resta nelle chiese del Cilento, così belle nella loro semplicità, questa ritualità carica di fascino e di mistero. Ci sono ancora tanti fedeli che hanno l’abitudine di ripetere i gesti e la tradizione di pietà in occasione delle feste della Candelora e di san Biagio. Questi rituali rispecchiano un modo tutto proprio di intendere e vivere la religiosità legata allo scandirsi della vita ed ancora oggi è possibile trovarne delle tracce, un modo misto di mistero, supertizione e fede.
Come ricorda un proverbio cilentano: “Quanno vene la Cannelora/ra l’inverno simo fore/Ma si chiove o mena viento/ quaranta iuorni re maletiempo”.