Condivisione, accoglienza, solidarietà, amicizia. Questa quattro parole, il cui acronimo, ossia l’unione delle lettere iniziali di ciascuna è “CASA”, sono stati gli ingredienti del “Pranzo dell’amicizia”, organizzato dal “Gruppo carità” delle parrocchie di Sant’Anna e Sant’Antonio e che ha visto domenica scorsa a pranzo, sedersi a tavola circa 300 persone nella sala da pranzo allestita nel salone dell’oratorio San Giovanni Bosco della chiesa di Sant’Anna. “Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch’essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti”. Questo passo del Vangelo di Luca ha ispirato l’iniziativa che ha come scopo quello di condividere una intera domenica pomeriggio intero, partendo dal momento più bello, quello del pranzo, non solo con chi ha la fortuna di avere una famiglia ma soprattutto con chi vive nella solitudine non solo fisica ma anche interiore, con chi non ha un tetto, con chi spesso a causa delle difficoltà economiche non ha la possibilità di poter consumare un pasto tutti i giorni. “Ringrazio tutti i volontari – ha sottolineato il giovane parroco don Luciano La Peruta – per l’impegno che ogni anno infondono in questa iniziativa e ogni anno siamo sempre di più e questo è un bellissimo segnale perché significa che nella gente sta maturando la voglia di condividere il proprio tempo anche con chi è meno fortunato di noi. Ci sono tanti tipi di solitudine, non bisogna pensare soltanto a quella di chi non ha nessuno, ma c’è anche quella di chi magari vive da solo a causa del lavoro, o chi vive da solo pur avendo qualcuno vicino con cui però i rapporti si sono interrotti, o la solitudine delle famiglie spaccate dai litigi e l’elenco potrebbe continuare all’infinito. Il pranzo dell’amicizia ha come scopo quello di abbattere queste solitudini e regalare un poco di serenità e fiducia nel prossimo a chi questa fiducia non ce l’ha. Il mio sogno è quello di fare in modo che questo pranzo in futuro possa essere fatto non a gennaio, dopo le festività natalizie, ma nel giorno di Natale così come fa la Comunità di Sant’Egidio. Le nostre comunità stanno maturando sempre di più in questi anni e credo che presto potrà arrivare questo momento in cui si realizzerà questo mio sogno: centinaia di persone, senza distinzione di razza, religione, lingua, posizione sociale, tutte a tavola insieme nel giorno di Natale”.