Personaggi famosi ad Agropoli…Giuseppe Ungaretti

Ecco come il sommo poeta dell’Ermetismo descriveva la Città

Di Ernesto Apicella

Giuseppe Ungaretti dal 1931 realizzò, in qualità di corrispondente della Gazzetta del Popolo, numerosi reportage sull’Italia Meridionale.
Il 12 Aprile 1932 partì da Salerno per visitare Elea. Passò per Agropoli provando: “…quella maestà religiosa che hanno per sempre i luoghi dove è passata la guerra.”. Nella sua immensa bravura descrisse in poche righe il paesaggio e la storia di Agropoli.

I suoi reportage furono pubblicati nel 1961 da Mondadori nel libro: “Il deserto e dopo”
12 Aprile 1932, “Elea e la primavera.”

(…) Ed ecco che i monti non sono più visti, ma ci premono il fianco mentre usciamo a costeggiare il mare.
Il silenzio ora è quasi pauroso, e la solitudine e la grandezza nella quale mi vedo segregato.
E che cos’è quell’alta rupe che ci appare lastricata fino in cima da campicelli come da un’elegante geometria? E perchè l’erba, quasi azzurra su quella rupe, trascolorisce irrequieta, come da un sottopelle di tatuaggio a una scorticatura smaltata? Ne vedrò più tardi l’altra anca, nuda e scabra: è la Punta d’Agropoli, e, come un canguro, sulla sua pancia, nascondendola al mare, porta la sua città: un’unica strada che le case fanno stretta, che bruscamente diventa quasi verticale, e ci offre una prospettiva di gente sparsa in moto. Alcune donne sono vestite di rosso. Le figure si fanno sempre più piccine, su su, verso una testa di serpente che perde i contorni nel cielo. Dove ho già visto queste cose?
Quella corrodente calligrafia che allaccia con tanto gusto i tasselli dell’erba; quel rosso; quella strada che cammina come dentro un burnus…; consultate la guida: questa costa fu assalita dagli Arabi nell’ottavo secolo; questo luogo fu una loro sede; e fu sempre meta della rabbia dei corsari, i quali, meno d’un secolo fa – conviene ricordarlo – sbucavano ancora sui nostri mari. Questa piana di Pesto che i monti serpeggiando limitano sul golfo come un immenso triangolo – ne è apice il promontorio d’Agropoli – servì a campi di battaglia: Bizantini, Longobardi, Saraceni, qui si scontrarono; e provo solitudine (un desolato, interno colpo di tamburo accentua il silenzio) e grandezza per la presenza del mare e anche, ora lo sento per quella maestà religiosa che hanno per sempre i luoghi dove è passata la guerra. Oh! è primavera. Inoltrati nella conca del Testene dalla cima dei monti è corsa a darci il benvenuto. Ha tardato a farsi viva quest’anno; ma tappezzare così tutto a speranza, non l’avevo mai vista. E’ leggerissima, e ancora lascia trapelare il nudo della zolla, è un soffio; e un sole patito, che dal cielo velato la macchia qua e là, le mette un brivido di trasparenze d’oro nelle foglioline. Presto sembra una culla di pallido damasco verde. E tutta sole di primavera, la terra, dolce letto puerile, ed ha con sè solo, su, il cielo (…).

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