Il sindaco di Rofrano Nicola Cammarano ha già presentato appello contro la sentenza di primo grado che lo condanna ad un anno di reclusione per detenzione di materiale pedopornografico (leggi qui). Nelle pagine del ricorso, redatto dal legale del primo cittadino, l’avvocato Vincenzo Speranza, vengono ribattuti punto per punto gli addebiti mossi al sindaco dal Tribunale di Vallo della Lucania che contestava la consapevolezza dell’azione del primo cittadino nello scaricare e detenere il materiale peodpornografico.
Le motivazioni della difesa
La difesa di Cammarano, però, nella richiesta di appello si oppone a questa lettura, sottolineando che il download è avvenuto accidentalmente e che il sindaco non era a conoscenza del contenuto del file zippato avendo preso visione di due sole foto tra le oltre 900 presenti, due foto che non avevano alcun carattere pedopornografico. La difesa ricostruisce la vicenda. Tutto sarebbe partito , come detto più volte, da un accertamento fiscale effettuato dalla Guardia di Finanza presso lo studio da commercialista del sindaco il 13 febbraio 2015. Quel giorno la verifica venne sospesa e riprese il 19 febbraio quando venne poi trovato il file incriminato, denominato “Video6”, sul desktop del pc di Cammarano. In quei 6 giorni di intervallo tra le due verifiche il computer rimase nella piena disponibilità dell’imputato ma, dice la difesa, questi non cancellò i file, segno che non era consapevole del loro contenuto. Del resto, sentito dopo il rinvio a giudizio, Cammarano raccontò di aver scaricato dei file mentre navigava su siti leciti e di non essersi avveduto del contenuto degli stessi, essendo zippati, né del numero delle immagini. Due sarebbero state le foto da lui visionate, dice ora la difesa. Ritraevano una donna e una bambina vestite e dunque senza alcun richiamo pornografico. Le dichiarazioni del sindaco, secondo la difesa, trovano riscontro nella perizia del Tribunale da cui sarebbe emerso che furono solo 12 le foto aperte, 10 delle quali il giorno dell’ispezione della Guardia di Finanza, (il 19 febbraio), e due nel 2014 come aveva riferito il sindaco prima che venisse disposta la perizia. Ques’ultima, inoltre , aggiunge come motivazione la difesa , afferma di non poter stabilire se i siti al centro dell’inchiesta fossero di natura pedopornografica né se la navigazione su di essi fosse stata diretta o frutto di finestre apertesi autonomamente come pop-up.
Sulla base di tutti questi elementi , tenuto conto che nessun altro materiale pedopornografico è stato rinvenuto nel corso delle altre ispezioni, la difesa si è opposta al concetto di “consapevolezza” al centro del giudizio di primo grado e ha chiesto alla Corte di Appello di Salerno la revisione della sentenza.