“Franco Mastrogiovanni è stato accompagnato alla morte dallo Stato Italiano, i medici e gli infermieri dell’ospedale San Luca, istituzione pubblica, dovevano curarlo invece lo hanno portato alla morte”.
Unanime il grido di dolore dei familiari, degli amici e dei legali che hanno seguito per la famiglia la lunga e tormentata vicenda giudiziaria. Dopo nove anni per i medici e gli infermieri che ebbero in cura il maestro di Castel Nuovo Cilento è arrivata la sentenza di condanna di terzo grado emessa nei giorni scorsi dalla Corte di Cassazione. La giustizia ha fatto il suo corso ma nessuno andrà il carcere. Tutte pene, inferiori ai due anni, quindi sospese. È andato in prescrizione il reato di morte. Non si arrendono i familiari e gli avvocati. Ora chiedono un’indagine ispettiva interna dell’Asl considerato questo caso ed altre morti sospette. Chiedono provvedimenti nei confronti degli operatori sanitari responsabili della morte di Mastrogiovanni che continuano a lavorare nelle strutture sanitarie dell’Asl di Salerno.
Nella conferenza stampa di eri mattina l’avvocato Loreto D’Aiuto avvocato della famiglia Mastrogiovanni per il processo in Cassazione ha ribadito ancora una volta le responsabilità dell’Asl nella morte di Franco, istituzione pubblica dello Stato Italiano per cui i fatti temerari posti in essere dai sanitari sono anche dello Stato Italiano. “Gli organi dirigenti dell’Asl – ribadisce l’avvocato D’Aiuto – anziché essere tratti a giudizio e varcare la porta del carcere sono stati escussi come testimoni a discarico di chi ? Chi doveva controllare e dirigere i servizi di cura ?” Per l’avvocato l’Asl quindi l’ospedale San Luca di Vallo della Lucania pur essendo l’unica vera responsabile della morte procurata a Franco Mastrogiovanni senza alcun pudore si è costituita parte civile contro i suoi dipendenti senza adottare nei loro confronti alcun provvedimento. “Dove è stato lo Stato ? Senza la famiglia gli amici e gli avvocati il processo sarebbe stato cestinato”.
Al fianco dell’avvocato D’Aiuto, Caterina Mastrogiovanni, avvocato, ma soprattutto cugina di Franco che ha seguito il processo di primo e secondo grado. Il legale ha ricordato il lavoro svolto dal sostituto procuratore Rotondo, la sentenza di condanna per i medici emessa dal tribunale di Vallo. In appello è arrivata la condanna anche per gli infermieri. “All’ospedale San Luca – ribadisce l’avvocato Mastrogiovanni – il 31 luglio 2009 il “maestro buono”, non un pazzo è stato accompagnato alla morte. Senza la delittuosa opera dell’Asl e del suo personale, Mastrogiovanni sarebbe ancora vivo e con noi. Con la crudele tortura, chiamata per abbellire con il termine contenzione, eseguita dal primo all’ultimo minuto di ricovero per circa 80 ore cioè con la privazione di ogni movimento, del cibo, dei bisogni naturali , dei vestiti di ogni beve necessario per sopravvivere e in generale della libertà, l’Asl ha procurato la “morte del maestro. L’Asl è una istituzione dello Stato Italiano non è un centro di tortura dell’Isis”.
La sorella di Franco, Caterina Mastrogiovanni ha rivelato un dettaglio inedito: le fasce di contenzione durante il ricovero furono applicate ai polsi e il maestro aveva un braccialetto. La nipote Grazia Serra quando riuscì a vederlo lo trovò infisso nella carne. Giuseppe Galzerano, del comitato, ha riferito di essere stato contattato su Facebook da un amico di Mastrogiovanni che solo ora ha parlato di quello che accadde in quella vacanza ad Acciaroli. Ha riferito di un anonimo che perseguitava il maestro.