SAPRI. «Milito non è un mostro», così come era stato dipinto all’indomani dell’arresto per l’omicidio della moglie, Antonietta Ciancio. E’ quanto sostiene la sua difesa, soddisfatta per aver vinto una prima battaglia legale. Ieri, infatti, il Tribunale del Riesame di Potenza ha accolto l’istanza degli avvocati Lentini e Brandi, concedendo gli arresti domiciliari all’uomo accusato di aver ucciso la moglie il 28 aprile scorso con un colpo di pistola alla nuca nella propria camera da letto.
Gabriele Milito aveva da subito confessato il delitto sostenendo che fosse partito accidentalmente un proiettile. Proprio che non vi sia dolo è quanto stanno tentando di dimostrare i penalisti Felice Lentini e Damiano Brandi secondo cui l’indagato non doveva rimanere in carcere essendo insussistenti le motivazioni con cui la procura aveva chiesto ed ottenuto la misura coercitiva in carcere.
E’ stata accolta, quindi, una richiesta basata su una serie di considerazioni: l’indagato è ultrasettantacinquenne e la legge prevede la galera per chi abbia più di settanta anni soltanto in casi, rigorosamente disciplinati, definiti “eccezionali”. Ma l’iter logico-giuridico seguito dai due penalisti, dopo aver smontato l’impalcatura che aveva condotto l’indagato dietro le sbarre punta a dimostrare l’assenza di volontarietà anche nel processo penale.
Diverse le motivazioni a sostegno di questa tesi: Milito per tre giorni consecutivi era rimasto fermo in auto sulla strada provinciale 104, sempre nello stesso posto e in evidente stato confusionale: un testimone lo ha confermato in quanto aveva notato l’auto parcheggiata più volte tra il 30 aprile e il 2 maggio, oltre al fatto che lo stesso teste si era avvicinato al Milito per chiedere se avesse avuto bisogno d’aiuto. Tutte circostanze confermate anche dall’intervento dei carabinieri chiamati proprio dal testimone una volta resosi conto delle condizioni mentali “allucinate” dell’uomo. Non solo: Milito in tasca aveva circa 750 euro che avrebbe potuto utilizzare per dileguarsi, saltando ad esempio sul primo treno utile dalla vicina stazione di Sapri, oppure allontanarsi con la stessa auto. Non l’ha fatto. Del resto, l’uomo non risulta con precedenti, inoltre era titolare di porto d’armi e, quindi, considerato meritevole della facoltà in quanto considerato “persona perbene”.
Per la procura e il primo Gip, invece, Milito aveva una personalità “negativa”, potenzialmente recidivante e questo lo ha portato anche a risultare meritevole della misura coercitiva in carcere.