Pensione e previdenza, gli italiani non conoscono il team

Di Redazione Infocilento

Il quadro previdenziale in Italia è tra i più preoccupanti al mondo: le aspettative di vita sono aumentate e di conseguenza è aumentata l’età pensionabile, con un effetto a cascata soprattutto sulle nuove generazioni. Secondo le stime del Censis, infatti, a parità di avanzamenti di carriera nei confronti delle generazioni attuali, le nuove generazioni – nella fascia tra i 24 e i 35 anni – che hanno avuto l’opportunità di trovare un lavoro avranno un’aspettativa di pensione al di sotto dei 1000 euro. Una prospettiva preoccupante, ma quel che allarma maggiormente gli esperti di economia è la totale mancanza di consapevolezza: i dubbi sulla mancanza di occupazione spostano l’attenzione su altri punti e per questi i giovani non raccolgono le informazioni necessarie sulla pensione, vedendola come un traguardo troppo lontano nel tempo e difficile da raggiungere.

Secondo lo studio intitolato “La Ri-evoluzione delle Pensione: Rapporto sullo Stato dell’Arte delle Pensioni Italiane”, pubblicato da State Street Global Advisors in collaborazione con Prometeia, gran parte dei giovani sotto i 35 anni hanno poche nozioni sulle pensioni o non ne hanno mai avute. L’orizzonte temporale eccessivamente lontano abbassa la sensibilità nei confronti delle pensioni e anche se a distanza di tanto tempo i lavoratori potrebbero non avere possibilità di ottenere un assegno soddisfacente in vista della vecchiaia, non si preoccupano neppure delle pensioni complementari o integrative.

Pur essendo convinti che la propria pensione non sarà soddisfacente per avere una vecchiaia priva di preoccupazioni economiche, il 70% delle famiglie non conosce le caratteristiche delle pensioni integrative o complementari. La riduzione del welfare e l’aumento progressivo dell’età pensionabile non ha spinto i lavoratori ad investire in fondi pensione o in altri strumenti finanziari che consentano di accumulare un piccolo tesoretto in vista dell’età pensionabile. Basti pensare che solo il 9,6% del Prodotto Interno Lordo è investito in Italia in strumenti per la pensione complementare, una percentuale tra le più esigue tra tutte le nazioni dell’Ocse. Eppure, gli italiani avrebbero la possibilità di sottoscrivere diverse opzioni alternativi alle classiche forme previdenziali: i fondi pensione chiusi, ad esempio, che sono rivolti ad un numero limitato di lavoratori che appartengono ad associazioni, enti o categorie lavorative, ma sono poco flessibili; i fondi pensioni aperti, rivolti a tutti i lavoratori, sia dipendenti che autonomi, che consentono una maggiore flessibilità nella quota da versare per alimentare il fondo sia mensilmente che attraverso il TFR.

L’alternativa più interessante è senza dubbio la pensione integrativa: il Piano Individuale Pensionistico (PIP) consente la massima flessibilità, modificando gli importi e i versamenti senza alcuna penale, secondo una strategia d’investimento diversificata anche a seconda delle esigenze del cliente, riducendo il più possibile i costi di gestione. Secondo gli esperti è proprio la voce legata alle commissioni e ai costi a far desistere gran parte dei risparmiatori dalla scelta dei fondi di pensione integrativi o complementari, ma è proprio questa risposta a testimoniare la mancanza delle informazioni necessarie alla sottoscrizione da parte degli italiani, che non hanno compreso le potenzialità dello strumento.

 

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