“Tutto il mare o due bicchieri?”, una riflessione esistenziale in chiave comica

Ieri sera, al De Filippo di Agropoli, Eduardo Tartaglia e Veronica Mazza hanno divertito e fatto riflettere il pubblico

Di Barbara Maurano

Ieri sera, al De Filippo di Agropoli, Eduardo Tartaglia e Veronica Mazza hanno divertito e fatto riflettere il pubblico

Esiste un mare che si chiama speranza ed esiste la scienza, l’acqua che può essere contenuta in due bicchieri. C’è chi nella vita sceglie il mare, come il sagrestano Angiolino Spertoso ( Eduardo Tartaglia) e sua moglie Lucia ( Veronica Mazza), e chi la scienza, come il Vice Commissario Ercole Portone (Stefano Sarcinelli). Non è dato sapere a chi appartiene la verità, ma “Tutto il mare o due bicchieri?”, andato in scena ieri sera al Teatro Eduardo De Filippo di Agropoli, cerca di dar forma e concretezza a queste due filosofie di vita attraverso la rappresentazione, in chiave comica, di una possibile realtà. Il pretesto è il furto dell’ ampolla contenente il sangue di San Gennaro.

Siamo nel Duomo di Napoli, al Vice Commissario  sono affidate le indagini sul caso. Stefano Sarcinelli domina la  scena ed entra nel personaggio con il piglio di chi sa che sul palco non c’è soltanto una vicenda, ma uno stato d’ animo da raccontare. Questo Vice Commissario, scettico ma comprensivo, ben si presta alla verve comica dei suoi interlocutori: il sagrestano che ha assistito alla scena del furto e un suo vicino di casa, Gerardo Stanco ( Franco Pinelli), accorso al Duomo perché informato del fatto dalla moglie. I due sono persone semplici, dalla battuta che crea ilarità nel pubblico. Tartaglia e Pinelli sono bravi a portare sulla scena la spontaneità della vita quotidiana. I dialoghi tra i tre personaggi, a volte, sembrano nascere  lì sul palco. Al culmine di una situazione paradossale in cui il Vice Commissario non riesce a venire a capo di cosa sia avvenuto nel Duomo pochi istanti prima, fa il suo ingresso Lucia, la moglie del sagrestano. Il personaggio di Veronica Mazza incarna la fragilità dell’ animo umano, l’ eterno confine tra dramma e commedia. Lucia è affetta da una rara malattia, ma è anche, a detta del marito, discendente di San Gennaro. In Lucia c’è la speranza, ma anche la disperazione. C’ è il mare e ci sono i due bicchieri. Così nel secondo atto si cambia registro. Siamo a Salerno, presso il Centro di Ricerche Scientifiche. In scena c’ è la scienza, un giovane ricercatore universitario (Pino L’ Abbate), e c’è il mare, il sagrestano che finge di essere un terrorista per convincere il medico a clonare il sangue del Santo. Ad evitare che ciò avvenga c’è di nuovo il Vice Commissario, che ha seguito il colpevole del furto fino a Salerno per smascherarlo. E qui viene messo in scena un nuovo dilemma: è etico clonare un Santo? Ma soprattutto  il Santo clonato restituirà il mare a tutti coloro che hanno perso la speranza? La risposta è affidata a Lucia che, chiamata dal Vice Commissario per far desistere suo marito dall’ idea folle della clonazione, rivela,  invece, la verità. È  lei ad aver perso la speranza, è  lei ad aver rubato l’ ampolla nel tentativo di trovare i soldi per curarsi.  È lei ad aver capito, però, che la fede non si può rubare e che l’umanità, più che dei miracoli, ha bisogno della speranza.

Tutto il mare o due bicchieri? Non ha importanza, la salvezza è vivere il dramma attraverso una commedia.

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