L’appuntamento è previsto venerdì 19 gennaio ed è un’ opportunità per fare il punto sulle associazioni e cooperative presenti sul territorio.
CORLETO MONFORTE. “La biodiversità locale ortiva, recuperata e caratterizzata nell’areale Calore/Alburni-Progetto RGV-FAO”. Seminario divulgativo con il fine di creare una rete sulle produzioni locali.
Si terrà domani, venerdì 19 gennaio, ore 16, presso l’agriturismo Terra Nostra, l’incontro/seminario divulgativo “La biodiversità locale ortiva, recuperata e caratterizzata nell’areale Calore/Alburni-Progetto RGV-FAO”, organizzato dal CREA – Centro ricerca orticoltura e florovivaismo. L’appuntamento è una opportunità, tra l’altro, per fare il punto sulle associazioni e cooperative presenti sul territorio. « Una “rete” che va riallacciata con le diverse attività. Un lavoro possibile grazie anche all’attività del Comitato dei Distretti Rurali che sta accompagnando in questi ultimi anni la crescita graduale ed organizzativa dei produttori direttamente dai rispettivi territori. Perché il comprensorio della Valle del Calore e degli Alburni è ricco sotto l’aspetto ambientale, paesaggistico, di biodiversità, e di relazioni umane che vanno sempre più rinsaldate»- dichiara l’agronoma, Rosa Pepe. Il CREA di Pontecagnano lavora da anni nel e per il territorio Alburni Calore, per portare alla luce, identificare, caratterizzare le eccellenze locali. « Presso l’elenco delle biodiversità locali della Regione Campania, sono già state inserite molte varietà locali, a loro volta studiate attraverso il progetto Risorse genetiche della FAO. Grazie a Remo D’Urso di Aquara, negli anni 2005/2008, ad esempio è stato caratterizzato: l’Asparago di Aquara, il pomodoro Gallo di Aquara e molti vitigni locali- continua Rosa Pepe- Grazie a Franco Auricchio e sua moglie Filomena, a Roccadaspide è stato rimesso in coltivazione il piennolo rosso e giallo di Roccadaspide. A Castel San Lorenzo, Elena Pepe ha aiutato a recuperare il pomodoro giallo a cuore; grazie ad Angela Buono, la romana di Castel San Lorenzo, San Marzano e piennolo rosso. Franco Capo ha fornito l’accessione del carciofo di Castel San Lorenzo. A Felitto grazie a Stefanina, è “rinato” il pomodoro a grappolo, ottimo per preparare il sugo per i fusilli. A Castelcivita, ci sono ad esempio il Biancone, cece e lenticchia di Castelcivita. Sono questi solo piccoli esempi di rinascita di produzioni agricole che possono creare anche nuove attività. I semi sono disponibili e pertanto si potranno mettere in coltivazione. Molto ancora c’è da recuperare e caratterizzare per poi far tornare queste risorse sulle tavole. I semi custodi sono tesori che conservano l’impronta e l’identità del nostro territorio e possono, grazie al lavoro di tutti, tornare a nuova vita. Molto c’è ancora da fare sul recupero dei vecchi vitigni, in conservazione presso il CREA di Viticoltura ed Enologia di Turi (BA). E molto c’è da recuperare e caratterizzare, nel settore frutticolo e dei piccoli frutti, per far ritornare a vivere le antiche produzioni del territorio e utilizzare così materie che ben si sono adattate negli anni in questi ambienti.Si deve così cercare di invertire questo modus operanti. Si spera che si possa avviare anche una attività vivaistica locale, e ampliare l’offerta della materia prima. Purtroppo le piante vengono qui allevate, non generate e selezionate.» L’obiettivo, per gli organizzatori, è creare sinergia e mettere in rete le competenze e professionalità che da sempre si occupano del mondo agricolo. Valorizzare i settori Agricoltura, turismo e ambiente. « Fare rete significa anche far sì che i nostri negozi di alimentari diventino di nuovo le ”puteie”, le vecchie botteghe di alimentari, dove si “ritrovano” i prodotti del territorio. Così come la ristorazione dovrà interagire con i prodotti locali e presentarli sul territorio. Sulla tavola occorre trovare prodotti tracciati. Serve così attivare incontri con i produttori, e organizzare visite esperienziali nelle aziende. Devono così essere attivati percorsi formativi funzionali, creati sul fabbisogno e non perché ci sono soldi pubblici da spendere– conclude Pepe – La Dieta Mediterranea dovrebbe essere il baluardo su cui basare l’intera economia rurale. Un “biglietto da visita” indispensabile per ogni operatore locale. Un’identità territoriale che collega biodiversità, bellezze storiche e paesaggistiche che vanno necessariamente fatte conoscere e valorizzare. »