Ecco le principali usanze sul territorio
Natale è la principale festa dell’anno in cui si celebra la nascita di Gesù Cristo. E’ una festa molto antica e ricchissima di simboli.
Anche il Cilento ha le sue tradizioni, alcune esclusive, altre richiamano quelle nazionali.
La Stella di Natale
La famosa “Stella di Natale” che da secoli si lega agli allestimenti tipici del Natale, sarebbe nata dal regalo ad un bimbo. Narra la leggenda, che il 25 dicembre di un anno dimenticato dalla storia, un bimbo povero entrò in una chiesa per offrire un dono a Gesù nel giorno della sua nascita. Triste e vergognoso per il suo poco degno mazzo di frasche, il bambino perse una lacrima fra quei ramoscelli che un miracolo trasformarono nel fiore più rosso e bello che i suoi occhi avessero mai visto.
Il vischio
Questa è una tradizione scandinava, ricca di racconti e leggende, ben radicata anche nel Cilento. Già nell’antichità i druidi usavano il vischio per ottenere infusi e pozioni medicamentose, al fine di combattere malattie ed epidemie che flagellavano e decimavano le popolazioni del tempo; presso i druidi, infatti, il vischio era conosciuto come la pianta in grado di guarire da qualunque malattia. La mitologia norvegese associa invece il vischio alla figura del dio Balder, che morì dopo essere stato colpito da rami di vischio. In memoria del dio, i norvegesi sono soliti bruciare rami di vischio in prossimità del solstizio d’estate, con lo scopo di allontanare la sventura e invocare la prosperità ed il benessere. Probabilmente anche il significato oggi attribuito alla pianta deriva da queste antichissime credenze popolari; siamo soliti, infatti, donare o tenere in casa rami di vischio tra la fine del vecchio e l’inizio del nuovo anno nella speranza di proteggere in tal modo noi stessi, le persone a noi care e la nostra casa dai guai e dalle disgrazie. La valenza del vischio è dunque quella di portafortuna. Nel Cilento un ruolo simile lo ha il pungitopo che con le sue grandi bacche rosse arricchisce l’atmosfera natalizia. Esse, inoltre, esprimono gioia ed esultanza. Perciò si accompagna bene alla letizia che circonda la nascita di Gesù, alle campane festose, alle risa dei bambini, alle melodie.
Le focare
Nel Cilento c’è un’altra tradizione legata al Natale: quella delle focare. Soprattutto nei piccoli paesi questa è una tradizione che resta ancora molto radicata. Si tratta di grandi falò che raggiungono talvolta anche grandi dimensioni. Essi si accendono nei giorni immediatamente precedenti la vigilia. La tradizione cristiana delle focare è legata alla nascita di Cristo e alla necessità di accoglierlo in un luogo caldo. In molti paesi per giorni si raccoglie la legna nei boschi e la si accumula nella piazza centrale per poi accenderla.
Le focare non sono un’esclusiva del periodo natalizio: si accendono anche in occasioni di particolari festività come ad esempio per San Nicola, la vigilia dell’Assunta o, a Capizzo, nei giorni precedenti la festa di San Mauro.
Il cibo
La gastronomia è un elemento tipico delle festività, seppure in alcuni Comuni esistono specifiche usanze: a Laurino, ad esempio, la notte del 24 molte famiglie osservano il digiuno rituale, ovvero evitano di mangiare carni ma assaggiano dodici cibi ed una bevanda, il decotto di foglie di alloro. Il rito è detto Stella di Natale e i cibi sono: tagliulìni (linguine di farina di grano fatte in casa), zeppole, castagne, noci, pinoli, mandorle, fichi secchi, fagioli, ceci, lenticchie, lupini, struffoli (dolci a forma di confetti, fatti con farina e uova, fritti e poi ricoperti di miele).
Tra le pietanze che nel Cilento si preparano in questo periodo dell’anno ricordiamo gli scauratieddi e le mbuttitelle. A Pollica, invece, l’usanza è quella di preparare le “pasticcelle” a forma di stella: esse hanno una doppia sfoglia con crema di mandorle, pere, pinoli e pane tostate. In altre località sono tipiche le nocchetelle.
Nel periodo del Natale, infine, c’è l’usanza dell’uccisione del maiale. Per i proprietari un momento di festa da condividere anche con il vicino: in alcune comunità vi è ancora l’usanza de “Lu spitu” che consiste nel mettere da parte alcune parti del maiale per donarle ai vicini.