Quella di Salerno sul podio delle Province più contraffatte d’Italia

La denuncia di Coldiretti

Di Katiuscia Stio

La denuncia di Coldiretti

Parmesan Cheese salernitano prodotto in Canada, mozzarella di bufala campana thailandese, pomodorini di collina cinesi, San Marzano made in USA, scamorze e asiago Salerno canadesi, “Queso” mozzarella argentina.

Al Villaggio Coldiretti di Napoli va in mostra il “peggio” del tarocco Made in Italy e Salerno la fa – purtroppo – da padrona confermandosi tra le province più contraffatte d’Italia. C’è il kit per fare in casa la mozzarella, sul web si vendono confezioni di tomatoes San Marzano, addirittura i semi per il pomodorino corbarino o per lo sfusato amalfitano. “Tutte con la dicitura Salerno richiamata nell’etichetta – conferma il presidente di Coldiretti Salerno, Vittorio Sangiorgio – l’italian sounding a livello internazionale costa alla nostra provincia migliaia di posti di lavoro che si potrebbero creare con un’azione di contrasto efficace a livello nazionale ed internazionale. Il vero nemico del nostro agroalimentare è l’imitazione low cost dei cibi che non hanno alcun legame con il sistema produttivo della nostra provincia che spesso vengono “clonati” e venduti in tutto il mondo”.

Al Villaggio Coldiretti di Napoli, la provincia di Salerno – per far fronte ai tentativi di contraffazione – ha messo in mostra il meglio delle produzioni di qualità – nocciola di Giffoni, pomodoro San Marzano, sfusato amalfitano, fichi bianchi del Cilento, fragolino degli Alburni, salumi e formaggi, aromatiche, olio extravergine di oliva e vini – per raccontare ai visitatori una nuova visione dell’economia nel segno della sostenibilità, della tutela dell’ambiente e del rinnovato rapporto tra consumatori e mondo rurale. “Ai tentativi di imitazione – spiega Sangiorgio – rispondiamo con la straordinaria biodiversità delle nostre campagne e con un sistema agricolo di eccellenza trasparente, a contrasto del fenomeno dell’italian sounding all’estero che colpisce i prodotti più rappresentativi della nostra identità agroalimentare”.

Condividi questo articolo
Exit mobile version