Il nostro sistema di prevenzione è eccezionale, accade cioè che solo eccezionalmente si agisce sui fenomeni ambientali che concorrono alla messa in scena di una catastrofe.
Un tempo, neppure tanto lontano, i bacini idrici, le montagne, i boschi, gli alvei di laghi e fiumi erano monitorati, e la loro gestione e manutenzione ordinaria un problema serio che impegnava Enti e comunità. E’ noto che una alluvione trasporta grandi quantità di suolo e che i detriti strappati dalla forza dell’acqua provocano danni seri; non è raro che, in collina e in montagna, una alluvione sia accompagnata da frane o smottamenti, se poi questi luoghi sono stati anche devastati da un incendio, siamo quasi alla precisione algebrica.
Il mondo connesso ventiquattro ore su ventiquattro, si stupisce dei disastri annunciati, piange lacrime di coccodrillo su devastazioni largamente prevedibili, sopporta un sistema che non ha più il benché minimo rispetto per l’ambiente e le sue regole. Viviamo in un mondo farcito di buoni propositi, di proclami, di lettere d’intento, sprofondiamo sotto il peso di dotti trattati sul clima.
Tutto questo serve alle comunità? No, non serve. É inutile, se ogni anno dobbiamo fare il pari e dispari tra danni subiti e percoli scampati. Ogni volta speriamo che la bufera passi senza troppi intoppi, confidiamo presuntuosamente in una sopportabile razione di disgrazie, e mentre lo facciamo, valutiamo tutte le nuances che dall’arancione al rosso, pronosticano i ritmi dei nostri colpevoli disastri. Non abbiamo paura di tirare troppo la corda, la nostra incuria viaggia insieme alla sfacciata certezza che la fortuna, in fondo ed almeno finora, ci ha sempre assistito. In questi giorni, anche nel Cilento e nella piana pestana piove, piove tanto e lo sapevamo da settimane. Connessi, informati e curiosi ci accingiamo a guardare dalle nostre finestre il martoriato territorio che abbiamo apparecchiato alle tanto sospirate piogge di stagione.