Intervista a Maria Di Santi
Il calcio a 5 femminile cilentano ha principalmente due squadre alla luce della ribalta.
La Folgore Acquavella, società presieduta da Marco Cammarota, milita nel campionato CSI (Centro Sportivo Italiano), in questa stagione si è piazzata al secondo posto.
La Fenix Santa Maria invece giocherà in Serie C-2, dopo un anno di inattività dai tornei di riferimento.
In entrambe le formazioni ha militato Maria Di Santi, laterale con il vizio del gol, che abbiamo raggiunto per una breve intervista.
Il movimento del calcio comprende anche quello femminile, spesso meno sponsorizzato rispetto a quello maschile. Come ti sei avvicinata al mondo del pallone?
Già da piccola nutrivo una forte passione per questo sport. Ho sempre giocato con i ragazzini, dato che per me il calcio femminile era sconosciuto.
A 15 anni ho avuto il mio primo vero contatto con questa realtà: posso dire di aver iniziato la mia carriera, di calciatrice dilettantistica, con il S. Maria a mare, ovvero l’attuale Fénix.
Dopo il primo anno ho deciso di continuare, ho capito l’importanza che aveva per me questo sport.
Grazie a persone come Antonio Spinelli, che fondano delle realtà durature e di un certo livello, ho potuto continuare a seguire questa passione.
La gran parte delle squadre importanti, tra A e B del calcio femminile, gioca nella parte settentrionale dell’Italia. Come mai?
Purtroppo c’è questo notevole divario che subito spunta all’occhio: c’è un problema di fondo a livello culturale, il calcio femminile viene visto maggiormente al sud sotto una luce negativa, come un tabù.
Sono sempre di meno le famiglie, o comunque i genitori, disposti a far seguire alla propria figlia questa passione.
Quando parliamo di calcio automaticamente pensiamo alle grandi squadre maschili di Serie A: il movimento femminile, soprattutto in Italia, non è incentivato e sponsorizzato come quello maschile.
Anche la Nazionale di calcio femminile, sia a 11 che a 5, è seguita pochissimo.
Questo problema è meno sentito al nord, viste le molte le persone che spendono tempo e denaro per portare avanti una squadra di calcio a tinta rosa.
Il campionato di Serie A femminile è composto appunto da squadre prevalentemente del nord.
In questa stagione hai militato per il primo anno nella Folgore Acquavella. Come è andata? Quali sono state le partite più difficili?
Con la Folgore Acquavella abbiamo concluso questo campionato seconde in classifica, accedendo alle semifinali regionali di CSI.
Io insieme ad altre ragazze siamo state chiamate per dare una mano a questa realtà, nata da poco.
Gli incontri più difficili, che abbiamo dovuto affrontare, sono stati quelli con una squadra di Nocera, ben più organizzata rispetto a noi.
Nel prossimo campionato giocherai in serie C con la Fenix: cosa ti aspetti dal prossimo torneo? Ci sono le premesse per fare bene?
Le premesse per fare bene ci sono tutte, l’importante è innanzitutto creare un bel gruppo, non solo all’interno del campo, ma anche al di fuori.
Se ci impegneremo a fondo, giocando con la giusta grinta, riusciremo a portare a casa i risultati sicuramente.
Hai giocato sia in serie C che nel CSI, il livello generale, tra le due categorie, è diverso? Quali sono le principali differenze? Quali sono i campi più difficili, a livello campano, dove hai giocato?
Le differenze sono sostanzialmente nella competitività e nella struttura dei due tornei: facendo la serie C puoi sperare in una promozione alle categorie maggiori, fino ad arrivare a quelle di livello nazionale, nel CSI invece non vi sono promozioni in campionati maggiori.
Le squadre che partecipano in serie C sono più numerose rispetto a quelle inserite nel CSI.
I campi più difficili sono sicuramente quelli delle zone del napoletano, avellinese e casertano.
Nel Cilento, purtroppo, l’unica realtà capace di tenere testa a queste squadre è quella creata dal nostro presidente.
Vanti discreta esperienza nel calcio a 5 femminile. In cosa si differenzia, a tuo avviso, rispetto a quello a 11?
Nel futsal serve sicuramente molta fiducia reciproca all’interno del campo. Il calcio a 5, a mio avviso, è molto più dispendioso di quello a 11: questo perché si hanno solo 40 minuti per fare risultato.
Le occasioni di andare in gol sono molte sia da un lato che dall’altro, molto spesso le partite si giocano all’ultimo minuto, con uno stacco di 1-2 gol di differenza. Inoltre non esiste la regola dei soli tre cambi e quindi le ragazze vengono fatte girare per permettere di avere in campo forze sempre fresche, per questo il calcio a 5 è molto più piacevole del calcio a 11.
Quanto contano i movimenti tattici e il lavoro svolto in settimana?
Il lavoro svolto in settimana è importantissimo, ti permette di preparare quella che è la partita della domenica, i movimenti con e senza palla, da questo punto di vista, sono fondamentali.
Nel calcio a 5 la fase difensiva è importante, quindi lo studio delle diverse tattiche di gioco permette di creare schemi sempre diversi.
Quali sono i ricordi più belli e quelli più brutti che leghi a questo sport?
Di ricordi belli ne ho molti: quello che conservo particolarmente è la partita, giocata con la Fenix, di finale dei playoff di 3 anni fa, gara che è valsa la promozione in Serie C1.
Segnai il primo gol di quella sfida da dentro o fuori.
Non ho un momento brutto da legare al calcio in particolare: le sconfitte spesso ti lasciano l’amaro in bocca, però bisogna sempre pensare a ripartire più forte di prima.