“Ci si commuove, ci si indigna, si sorride e si piange perfino. È una storia che emoziona, ed è una storia che non si dimentica”
Cilento – “Ci si commuove, ci si indigna, si sorride e si piange perfino. È una storia che emoziona, ed è una storia che non si dimentica”, così scrive la giornalista e scrittrice Elena Emanuela FERRARO nella Prefazione del romanzo: “Vivrò della tua Vita” di Massimo Sica, edito da EuropaEdizioni.Ci si commuove, ci si indigna, si sorride e si piange perfino.
L’autore cilentano, noto per le sue pubblicazioni dedicate al Cilento e per i testi teatrali satirici in lingua ed in dialetto, in “Vivrò della tua Vita”, ripropone, in una versione riveduta, una suo scritto giovanile.È una storia che emoziona, ed è una storia che non si dimentica.
La storia è scritta in prima persona. La “voce narrante” del protagonista, dai giorni nostri, accompagna il lettore, disvelandogli accadimenti e luoghi. Non è autobiografica, eccezion fatta per alcuni aspetti: le località in cui si svolge, i disagi per frequentare il Liceo, le peculiarità del paese (murales e rassegna contemporanea di arti figurative), l’aspra bellezza del territorio.
Il nome del borgo in cui vivono i due protagonisti, non viene mai citato, sebbene dalla descrizione è chiaro che si tratti di Piano Vetrale, il paese dei Murales nel Parco del Cilento.
La bellezza, le tradizioni, le contraddizioni stridenti, alcuni personaggi e le peculiarità della terra cilentana, pur tratteggiati sullo sfondo, diventano protagonisti, insieme ai protagonisti. Il Cilento, in tal modo, diviene la “scenografia” ideale in cui vivono la loro magia d’amore i due adolescenti.
La vicenda, ambientata nel 1985, narra la storia di Debora. Ragazza bella e solare, appassionata di pittura.
Due adolescenti innamorati, felici e spensierati che di colpo si scontrano con la gretta mentalità paesana, passando dalla dimensione del sogno a quella dell’incubo, nello spazio di pochi giorni.
I due protagonisti, loro malgrado, si trovano a dover affrontare una situazione che pensavano confinata nel passato o nel regno della fantasia.
Massimo Sica, in “Vivrò della tua Vita”, ha scritto una classica storia d’amore, ma che “nulla contiene di banale e scontato”.
Un Amore appassionante, contrastato da un padre che non accetta la scelta della figlia. Un genitore, arroccato sui suoi pregiudizi, arrogante in forza di una presunta appartenenza ad una insulsa classe sociale superiore, convinto di decidere il futuro della figlia: professione e marito compreso.
“Gli chiesi se aveva un minuto a disposizione e dopo la sua positiva risposta, gli chiesi perché io non andassi bene se neppure si era sforzato di conoscermi.
«Guagliò, tu vedi troppi telefilm, ti dovevi misurare prima di avvicinarti a mia figlia» rispose senza giri di parole.
«Se è per l’altezza, a lei passo qualche centimetro o sbaglio?». Replicai con la stessa mancanza di rispetto.
«Non ti allargare, cosa puoi offrire a mia figlia? Che possiedi?» continuò ancora più sgarbato.
«Ad una simile domanda, visto il suo tono, anche se avessi miliardi risponderei niente. Posso offrirle me e basta» continuai deciso.
«Sta’ a sentire, la mia famiglia aveva il “Don” quando gli altri cercavano l’elemosina. Per mia figlia, se permetti ho altri programmi, e guarda caso tu non rientri. Fra poco Debora andrà all’Università e non voglio distrazioni; per lo più se la distrazione sei tu, è una storia d’amore adolescenziale senza alcuna importanza», continuò sicuro di sé.
La commedia si era tramutata in realtà.”
Una tensione che porterà i due protagonisti a vivere un amore clandestino in un susseguirsi di accadimenti.
L’epilogo non sarà quello classico del romanzo d’appendice.
La struggente conclusione, penetrante, dopo l’inevitabile commozione si trasforma in un inno alla vita.
“L’amore, la passione e i ricordi. C’è tutto questo in queste pagine. E sono le medesime cose per cui vale la pena vivere.” (E. E. Ferraro)